Si è da pochissimi giorni conclusa PUNCTUS*, doppia personale di Gian Luca Proietti e Michele Alberto Sereni inaugurata a Cagli lo scorso ventotto settembre e ospitata all’interno dei meravigliosi saloni di Palazzo Berardi Mochi-Zamperoli. Le volte a padiglione interamente affrescate hanno accompagnato il passo dei dipinti e degli scatti di due artisti che da anni portano avanti la loro ricerca con modalità del tutto differenti, entrambi però accomunati da un’indiscutibile chiarezza della visione che li ha condotti a questo incontro.
Le opere hanno abitato gli spazi di uno dei più monumentali edifici gentilizi delle Marche, portando il presente in un passato che di certo godette di notevole prestigio e prosperità. Il titolo guarda ad uno dei due campi d’azione analizzati da Roland Barthes in un suo saggio: il punctum, ciò che ci coinvolge, la ferita che una fotografia suscita, il momento in cui l’immagine ci guarda, non realtà ma essenza. Questo presupposto teoretico, e naturalmente applicabile alla vista dei lavori in mostra, ha dato il via ad un percorso in cui pittura e fotografia, pur posizionate in diverse singole stanze, si incontrano, figlie di due diversi padri che hanno creato scene che ricercano la loro verità. La fantasia di Gian Luca Proietti ci conduce all’interno di universi fitomorfi, abitati da piccole creature, in cui il movimento si moltiplica come in una melodia che a tratti esplode per poi silenziarsi e nuovamente riavviarsi, come se la pausa fosse parte del suo andare, condizione necessaria. Uno specchio rotondo al centro del pavimento amplificava nell’allestimento questa musicalità che il passaggio del pubblico accompagnava, quasi fosse presente anche nel momento della sua creazione.
Di tutt’altra natura il lavoro di Michele Alberto Sereni che desidera catturare un momento, fermato nel suo esserci nel presente per poter esistere nel futuro. Il fotografo pesarese blocca, attraverso i suoi scatti, alcuni dei più grandi artisti del nostro tempo – tra i quali Kounellis, Mattiacci, Anselmo e Calzolari – attento al cuore di questi, alla freccia che trafigge di cui ci parla Barthes. L’operazione attuata nell’opera posizionata a pavimento, orizzontale nella sua pesantezza, è esempio tangibile di un legame che lo vede coinvolto costantemente con ognuno degli autori che fotografa: Nevio Mengacci irrompe con forza all’interno di uno degli scatti che lo vede protagonista, compartecipando con materiali a lui familiari che lo portano a costruire un’installazione ambientale che entra nell’immagine. Il punto è stato messo, un grafico ed un fotografo hanno lanciato il proprio dardo per proseguire il loro cammino artistico parallelamente alla loro professione, desiderando il fare che non si ferma mai dinnanzi al reale.