Fontana e Paik. Photo courtesy Fondazione Ragghianti

“Pensiero video. Disegni e arti elettroniche”

Si è da poco conclusa presso la Fondazione Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti una mostra che indaga sul disegno e sul ruolo che esso ha nelle arti elettroniche.

Che ruolo ha, nei meandri dell’arte contemporanea, una tradizione artistica di conclamata e secolare importanza come il disegno? E, in particolare, nello specifico delle arti elettroniche che ormai da quasi mezzo secolo hanno azzerato l’esercizio della mano per elaborare una nuova relazione con macchine, dispositivi, algoritmi e programmi.

Se lo è chiesto Andreina Di Brino con la mostra e il catalogo Pensiero video. Disegni e arti elettroniche, chiusa da poco presso la Fondazione Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti di Lucca dal 21 ottobre al 7 gennaio 2024.

Di Brino ha preso in considerazione artisti diversi per tempi, aree geografiche e formazione: Lucio Fontana, Hans Namuth e Paul Falkenberg, Mario Schifano, Nam June Paik, Wolf Vostell, Gianni Toti, Fabrizio Plessi, Studio Azzurro, Bill Viola, William Kentridge, Grazia Toderi, Giacomo Verde, Michele Sambin, Nalini Malani e Quayola. Protagonisti tutti, secondo modalità le più varie, di incontri e sperimentazioni con le nuove tecnologie, dalla fine degli anni Quaranta fino alla rivoluzione digitale in cui siamo attualmente immersi.

Di ognuno di questi artisti Andreina Di Brino ha studiato i disegni: linee schizzi tracce immagini appunti definizioni ipotesi verifiche pensieri, realizzati in una molteplicità di modalità grafiche e di accezioni mentali. E ha analizzato via via il sottile confine tra il disegno come elemento preliminare di idee, progetti e documentazioni, spesso integrati a frasi e parole, e il disegno come lavoro provvisto di una propria autonomia e radice di un senso più ampio.

Nel percorso di questa indagine da ogni artista emergono intenzioni e componenti diverse. Il disegno come studio in Lucio Fontana, testimonianza di un approccio sensibile verso un’apertura radicale alle relazioni tra arte/scienza e tempo/spazio. Il disegno nella gestualità di Pollock, reso visibile dalle tecniche di ripresa cinematografica di Namuth. Le immagini degli schermi di Mario Schifano, inverati da un procedimento che fa interagire carta e collage, fotografia e pittura. Mentre nei grandi iniziatori della videoarte, Paik e Vostell, il disegno è un segno che racconta un universo di ricerca, un simbolo di sperimentazioni verso un sovversivo capovolgimento di senso delle tecnologie stesse. In Fabrizio Plessi è una rivelazione della materialità dell’atto artistico nella fluidità del video. Trasformazione e divenire nel continuum dei lavori di Kentridge. Per Bill Viola è un ulteriore strumento di meditazione sul filo di una memoria espansa. Per Sambin è la matrice concettuale di sonorità e spartiti visivi. Per Verde un’attività di coordinamento degli elementi del suo attivismo performativo.

E ancora, il disegno intrinseco al video e alla parola in Gianni Toti; elemento portante di allegorie cosmiche in Grazia Toderi. Narrativo e dominante nel grande murale/video di Malani. Immagine di infinita e inesauribile tensione nelle esperienze sensoriali proposte da Quayola.

Tutti gli artisti presi in considerazione nella mostra sono ormai famosi e in un certo modo sottoposti, chi più e chi meno, a quella particolare uniformità che caratterizza ormai le specifiche letture con cui la critica li celebra, quasi codificandoli. Il metodo utilizzato da Andreina Di Brino – guardare il disegno in quanto dispositivo per entrare in contatto con il modo di pensare e agire –  sottopone gli artisti a uno sguardo diverso che vuole scavare all’interno del loro fare, oltre al dato dell’opera finita.  Il disegno è il “luogo dell’indagine, della riflessione, spazio profondo”, scrive Di Brino, quasi a voler sondare quel che nell’arte rimane costante, al di là della fluidità immateriale del video, testimonianza e presenza di un rapporto con il mondo denso di infinite interrogazioni.   

Non a caso questa mostra e il suo catalogo (splendidamente illustrato e interamente pensato e redatto da Di Brino), partono da Malevic; il suo famoso Quadrato nero su fondo bianco del 1915 viene analizzato a partire da un disegno del 1913,considerato il precedente specifico di un discorso estetico che va oltre i confini convenzionali dell’arte. Per ribadire la dimensione di immediatezza manuale e nello stesso tempo di elaborazione mentale che caratterizza l’esercizio del disegno in quanto “interfaccia di appoggio del pensiero”. Pensiero video, appunto.

Pensiero video. Disegni e arti elettroniche

A cura di Andreina Di Brino

21 ottobre 2023 7 gennaio 2024

Fondazione Centro Studi Licia e Carlo Ludovico Ragghianti

Via San Micheletto, 3, Lucca – 55100 – LU

Tel: +39 0583 467205

email: info@fondazioneragghianti.it

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