Arco Madrid 2025
Ritratto del pittore Mattia Barbalaco

Mattia Barbalaco. Il vangelo dell’arcano

A chiusura del mese di gennaio, ci spostiamo in quella che, un tempo, fu la prima colonia greca per bellezza, l’Elegante Sibari, la Calabria. Ed è nella regione – avvolta da innumerevoli miti e leggende affascinanti – che risiede lo studio di Mattia Barbalaco.

Il tramonto della malinconia unisce, in un’unica stretta alchemica e simbolica, le ombre che si inseguono nel mare per rimembrare la dimensione della psiche umana, sita nella definizione di un proprio spazio esistenziale, in cui sorgono piccole finestrelle illuminate da una luce cosmica, colma dell’energia dello sguardo tra interno ed esterno e diffusa in quegli abitacoli tanto vissuti nei piani inferiori, quanto disertati, abbandonati e dismessi nei piani sovrastanti. Un’incurante trascuratezza pervade l’humana conditio in tutto l’operato dell’artista, fino a fare apparire cedevoli, e non certamente voluttuose, le vesti indossate dai soggetti. 
Un primo piano di lettura non riserva la chiusura a una sovrapposizione linguistica, in cui l’aspetto giornalistico rivela il valore della scoperta solo apparentemente, per serbare dipoi un ulteriore velo misterico nella pittura.
Il filo della tradizione rintraccia la storia con un piglio talvolta documentaristico e, senza eccezione, emozionale, in opere come Contatto, in cui la leggenda dei due opliti bronzei della Magna Grecia è pretesto per enfatizzare la riappropriazione della scoperta dei bambini, delusi dall’andamento della ricostruzione della cronaca coeva. Il gravoso peso del presente non è minimizzato ma cesellato nella verosimiglianza dell’immaginario misteriosofico e occulto del nostro.
Un’ironia drammatica talvolta subentra nello scenario ricercato per farsi icona dell’otium dell’intervento umano dinanzi allo scorrere incessante del tempo, arrestato unicamente dalla trama pittorica. Una distonia magica rivela il non detto secondo una tonalità pittorica sempre fedele a se stessa nella riproposizione narrativa.
La distinzione dell’incarnato si accompagna alla sua lividezza, quasi a voler suggerire l’interno spegnimento del fervore linfatico.


Il tempo non definito si scontra con l’istante transitorio e circoscritto vissuto dalle identità che risiedono entro lo spazio dell’opera. Sono figure notturne e appannaggio per la comprensione dell’io, del suo germogliare, fiorire, formarsi e maturare. L’Ombra dell’inconscio junghiano accende il sistema “luminoso” del complesso dell’Io, da cui scaturisce il processo di individuazione.
L’abbandono della maschera sociale rende le opere di Barbalaco come parentesi di un rinnovato realismo magico, in cui il rimosso, la componente rifiutata e il malessere personale originano l’ombra, a cui i soggetti accedono per mirare alla scoperta delle proprie parti oscure, ove avviene l’incontro con il Vecchio saggio che svela la verità, l’Anima che è archetipo della vita. Così, neonati ed eterei enti circolari luminosi affastellano, come stelle, il cielo dell’uomo nel suo peregrinare ad occhi chiusi.  


IN DIALOGO CON L’ARTISTA – (27 gennaio 2024, ore 21.00)

L.C. Le tue opere si muovono tra un dato realistico, documentario e misterico…
M.B.  Sono sempre stato attratto dai fenomeni “paranormali”, il momento esatto in cui accade qualcosa al limite della realtà, qualcosa che, se raccontata a un amico stenta, si stenta a credere.
La pittura, invece, non ammette incredulità, perché è vera: sta accadendo qualcosa sulla tela ed è innegabile. 
Tuttavia, le mie immagini non trascendono mai, stanno in un limbo tra il surreale e il reale, sono “verosimili”. Il mistero, invece, è qualcosa che mi riguarda in prima persona. Con le cose non dette ci vado a nozze da sempre. Dai dodici ai diciotto anni, ho fatto il burattinaio, e – a pensarci bene – il gusto non era per lo spettacolo che mostravo dalla finestrella ma proprio nel nascondermi dentro il teatrino e armeggiare. Forse, un po’ codardo come pensiero ma il mistero ha sempre ragione per me.

 L.C. La corporeità nelle sue più profonde declinazioni e la relazione con la sfera dell’interno-esterno muovono il tuo intero operato…
M.B. Mi pare che con il corpo ci si possa fare qualsiasi cosa da un punto di vista formale, caricandolo poi di un contenuto che è molto facile da afferrare, perché ci si proietta subito. Probabilmente, la scommessa è proprio quella di far rispecchiare le persone, cercando di riprodurre delle sensazioni che dimostrino quanto siamo simili. 
Sul concetto locativo interno-esterno, invece, penso che la cosa sia inconscia. Vivendo molto in casa, (occupato dalla pittura anche per interi mesi), scruto l’esterno dalla finestra, ma lo vivo appieno solo nei periodi di pausa. Questo mi fa vivere le due condizioni in compartimenti stagni. E, nei dipinti, anche quando c’è un contesto naturalistico, l’atmosfera è sempre claustrofobica.


L.C. Il valore del tono dell’incarnato…
M.B. E’ simbolico. Un corpo verde aiuta a rafforzare un concetto. Ma anche documentaristico se vogliamo. Alcuni corpi nella realtà sono acidi, altri solari, altri ancora lunari. Poi c’è anche il piacere di riservarmi delle varianti quando dipingo. Cerco di divertirmi su moduli che non ho ancora sperimentato. Ne vedo un’enormità davanti.

L.C. L’accezione del nudo… 
M.B. Sarò banale, ma “Il nudo” è un’oggetto estremamente pittorico; lo dice la storia dell’arte evidentemente. Trovo che, nella sua forma ancestrale, il corpo umano abbia il potere di raccontare in modo più diretto certe cose, e questo m’interessa, perché la mia è una pittura narrativa in qualche misura. Comunque, non trovo che sia imprescindibile ovviamente, almeno per la mia poetica.

BIOGRAFIA DELL’ARTISTA

Mattia Barbalaco nasce a Vibo Valentia (Calabria), nel 1999, dove vive e lavora.
Nel 2018 si trasferisce a Roma e frequenta l’Accademia di Belle Arti, ove consegue il diploma di Pittura con il massimo dei voti.
Tra le mostre personali si ricordano L’abito fa la monaca #2, presso la Blu Gallery, a Bologna (2022), a cui segue il BOOMing Contemporary Art Show stand con la galleria (2023); e la personale presso la Von Buren Contemporary, a Roma (2024). Tra le collettive: A60 Contemporary Art Milano (2021); Von Buren Contemporary Roma; Galleria Civica d’Arte Albani Urbino (2022); Biennale delle Marche; Von Buren Contemporary Roma (2023); Blu Gallery Bologna; Von Buren Contemporary Roma (2024) con il BOOMing Contemporary Art Show; Thinking space, a Los Angeles (2025).

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