Allestimento mostra - Omar Galliani. L'eco della Sibilla

L’eco della Sibilla: il ritorno di Omar Galliani ad Ascoli Piceno           

Dopo vent’anni, Omar Galliani fa ritorno nella città di Ascoli Piceno con la mostra “L’eco della Sibilla”, ricca monografica che, oltre ad illustrare la poetica dell’artista, si configura come tributo del maestro emiliano al territorio marchigiano e alla sua storia.

Va specificato, difatti, che la prima esposizione di Galliani ad Ascoli – “Sotto la pelle del disegno”, a cura di Marisa Vescovo – risale al 2003, precisamente tra le sale della Galleria d’Arte Contemporanea Osvaldo Licini, a cui seguì l’anno successivo la realizzazione del palio per la Quintana in occasione delle feste in onore di Sant’Emidio – opera ancora esposta alla mostra omaggio a Cecco d’Ascoli presso il Forte Malatesta di Ascoli Piceno –.

La rassegna, costituita da oltre quaranta opere, si apre con una sala interamente dedicata alla Sibilla Picena, conosciuta anche come Sibilla Appenninica: la leggenda medievale, diffusa nell’area del Piceno e di Norcia, narra di questa donna dalla bellezza straordinaria, incantevole intermediaria tra il cielo e la terra che, dalle vette dei Monti Sibillini, si pone come anello di congiunzione tra il divino e l’umano. Le quattro opere inedite, appartenenti al ciclo “L’eco della Sibilla”, mostrano i volti di queste enigmatiche figure colte nel momento della meditazione, in attesa di una risposta da parte delle stelle. Donne di grafite tatuate di pigmento rosso: sulla loro pelle di pioppo la lettera a, l’origine del tutto. 
«Nelle opere di Omar Galliani si evoca la magia del sogno, sensazioni che ci fanno andare oltre» racconta l’Onorevole Giorgia Latini, Vice Presidente Commissione Cultura della Camera dei Deputati, «La Sibilla Picena ci riporta alle lodi femminili presenti nelle donne: una maggiore capacità di parlare con il cuore, di portare all’unione e non alla separazione. Infatti, la Sibilla era colei che guardava oltre i limiti razionali».       

Il legame con la regione Marche è palpabile anche nella seconda sala della mostra, con l’esposizione di una serie di opere realizzate tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, periodo in cui Galliani iniziò a insegnare all’Accademia di Belle Arti di Urbino. L’artista, nel ciclo “Da e per Raffaello”, focalizza la sua attenzione sul «divin pittore», dando alla luce opere caratterizzate da una forte componente concettuale. È importante tener presente che nel 1983 aderì all’Anacronismo, corrente teorizzata da Maurizio Calvesi e Italo Tomassoni, che pone come fulcro il recupero della citazione e la rielaborazione di temi e tecniche riprese dalla storia dell’arte del passato. Difatti, come spiega Stefano Papetti, curatore della mostra, «non c’è nostalgia per il passato nelle opere di Galliani, ma la consapevolezza che siamo eredi di una tradizione illustre che può ancora ispirarci e guidarci nell’affrontare le sfide del futuro». 
Al centro della sala spicca una lunga teca che custodisce dieci taccuini, testimoni di lunghi viaggi, matite che spaziano dall’Occidente all’Oriente, dall’Emilia Romagna alle Marche. Questi preziosi quaderni – precedentemente esposti nel 2015 nell’Aula Magna dell’Accademia di Belle Arti di Bologna in occasione della mostra “Croquis de voyage. I libri dei ritorni” – si rivelano appunti visivi capaci di rivelare lo sguardo più intimo dell’artista, sensazioni grafiche dettate da luoghi e culture lontane.            

L’esposizione prosegue con una serie di opere evocate dalle sponde del Po e agli alberi che le adornano: paesaggi interiori dell’artista, visioni criptiche in cui elementi terreni e celesti si fondono armoniosamente creando un dialogo suggestivo tra la dimensione naturale e quella astrale.        
Un’intera sala è dedicata al ciclo “De rerum natura”: a partire dalla prima tavola realizzata nel 2020 – immagine guida della mostra “Omar Galliani. Diacronica. Il tempo sospeso” tenutasi a Palazzo Reale di Milano la scorsa estate –, l’artista sviluppa una serie di varianti riflettendo sul tema della continuità della vita oltre la morte. Sono ritratti femminili permeati da una tristezza dolce, colibrì in caduta e alberi ricchi di piccoli frutti rossi: l’essenza di un viaggio emotivo attraverso il dolore e la speranza, che svela la complessità della vita, tra fugacità e rinascita. In questa sala, inoltre, è presente l’unico olio su tela dell’intera esposizione: una donna dai lunghi capelli rossi volge le spalle allo spettatore, perdendosi nell’abbraccio gelido del bianco accecante di una nostalgica Pianura Padana coperta di neve; un’opera che, tra solitudine e contemplazione, invita chi la guarda a perdersi nella vastità e nella purezza del paesaggio invernale.        

La mostra prosegue in una seconda ala del Palazzo dei Capitani, dove pareti e opere si immergono in una tonalità di blu avvolgente: infatti, con il ciclo “Blu oltremare” Galliani sfida l’oscurità della grafite adottando un colore che evoca acqua e aria, purificazione e leggerezza, fluidità dell’esistenza e dimensione eterea. Attraverso questa scelta cromatica, le figure angeliche che emergono assumono una carica spirituale intensa, diventando emblemi di purezza e trascendenza.  

Si passa ai “Baci rubati / Covid 19”, una «filmografia disegnata» che nasce dal desiderio di un bacio, un abbraccio, del semplice ed essenziale contatto umano che tanto è venuto a mancare durante il periodo di isolamento. Frame epici – tratti dai capolavori cinematografici di maestri del calibro di Roberto Rossellini, Wim Wenders, Michelangelo Antonioni, Lars von Trier e Giuseppe Tornatore – prendono vita in una lussuosa danza visiva che sottolinea il legame dell’artista con la settima arte.
Chiude l’esposizione “Traiettorie dell’essere”, una delle rare incursioni di Galliani nel campo della scultura: un inno alla nascita del pensiero, una testa dai tratti classici coronata da un arco scaglia le sue idee come fossero frecce, verso l’infinito, verso le stelle, oltre i confini della realtà. La scelta di concludere la mostra con quest’opera invita lo spettatore a riflettere sulla potenza della mente umana e sulla sua incessante ricerca di conoscenza e comprensione dell’universo.           

Inoltre, durante la conferenza stampa della mostra, è stato presentato il progetto “Omar Galliani Ambasciatore del Piceno” da Nazzareno Verdesi, presidente dell’Associazione culturale Zoomart: Omar Galliani si mette in viaggio alla scoperta di un territorio che, negli anni, è stato devastato dal terremoto, e lo fa insieme alle sue opere, in quanto la bellezza ha la capacità di “curare” il tutto – e lo conferma anche Monica Acciarri, Componente del Consiglio Regionale delle Marche: «ultimamente stanno sperimentando quanto la cultura sia benefica nelle varie patologie, fa bene al nostro corpo e alla nostra mente» –, talvolta anche la devastante forza della natura. Il progetto offre la possibilità ai visitatori della mostra di immergersi virtualmente tra le ricchezze culturali del Piceno, sotto la guida del maestro: sarà possibile visionare le varie tappe tramite QR-code collocati nelle diverse stanze dell’esposizione. 

La mostra Omar Galliani. L’eco della Sibilla – presentata dall’Associazione culturale Zoomart con il patrocinio di Regione Marche, Provincia di Ascoli Piceno e Comune di Ascoli Piceno –, a cura di Stefano Papetti, è aperta al pubblico dal 14 gennaio al 25 aprile 2024, presso Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno. In sede è disponibile il catalogo a cura di Stefano Papetti, con testi del curatore e di Omar Galliani, descrizioni esplicative delle sale di mostra e poesie del poeta Davide Rondoni e del critico d’arte Italo Tomassoni.       
Durante l’esposizione si terranno una serie di eventi collaterali dedicati all’arte, alla poesia e alla musica. 

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