Paolo Gioli

La pittura di Paolo Gioli a Venezia

In occasione dell’apertura della Galleria In Corte a Venezia, il nuovo spazio espositivo della Bugno Art Gallery*, è stata presentata una retrospettiva sugli anni giovanili di Paolo Gioli trascorsi in questa stessa città che, a distanza di qualche mese dalla sua scomparsa, ha portato all’attenzione di tutti la sua Pittura: origine e chiave dei concetti indagati durante il suo instancabile lavoro di sperimentazione, e che tutt’oggi costituisce uno dei risultati più contemporanei, coerenti e interdisciplinari delle avanguardie italiane.

La mostra curata da Nico Stringa, nasce dalla collaborazione di amici e collezionisti, che hanno messo a disposizione i disegni e i dipinti realizzati negli anni in Laguna, e dalla volontà di creare un’antologica delle opere pittoriche e grafiche della sua prima maturità.

Entrando nella sala della Corte ci si trova davanti ad un atlante di immagini, otto dipinti a olio e sette disegni a carboncino di medio e grande formato che sembrano tanti singoli prototipi di meccanismi a noi già noti. In ogni dettaglio, ma anche nella complessità, troviamo la prova della coerenza e la matrice delle opere più famose a livello internazionale di Paolo Gioli (Sarzano, 1942 – Lendinara, 2022). Interprete di una lunga e travagliata transizione dalla pittura alla fotografia al cinema, riuscì a costruire un ponte tra le arti tradizionali e quelle tecnologiche, interagendo, in egual modo, con i soggetti ma anche con gli oggetti del suo lavoro. Scompose, riducendo all’essenziale, la sua macchina da presa, esattamente come fece con i corpi nei suoi disegni, intraprendendo così una strada personale, che lo portò ad utilizzare degli utensili autoprogettati, che permisero a lui e ai suoi postumi di operare in purezza, e di sperimentare privi dei limiti dati da una tecnologia sovraccarica di parti inutili per il suo fine. 

Affascinato dall’abilità, che si stava sviluppando in quegl’anni, di “trattenere” un’immagine, Paolo Gioli studiò rigorosamente l’immagine in tutti i suoi supporti, senza vedere confini o differenze di linguaggio, piuttosto ne ricercava le somiglianze e le continuità. Ecco perché le sue tele, per quanto possiamo provare a definirle pittura, oggi meritano il coraggio di esser considerate come“schermi”. Del resto fu proprio Gioli nel 1967 a utilizzare la parola “video schermo” nel testo che accompagnò la sua opera Oggetti probabili 1 – “nella visione di queste immagini litografiche d’interferenza plastica si potrebbe intravvedere quello che si presenta come un mosaico a più strati, filtri e dimensioni interrati in un videoschermo.”

Lo stesso curatore, in un testo sulla pittura di Gioli, nel descriverne i corpi ci riporta al medesimo concetto: “Ciò che conferisce ai torsi di Gioli la loro peculiare dignitas è quel senso di radiografico che li fa apparire nel contempo pieni e vuoti, diritti e rovesci, positivi e negativi; come se il torso non fosse che lo spunto per torcere l’immagine, arricchendone e sottraendone le potenzialità investigative e comunicative. In fondo, a ben vedere, i disegni giovanili, soprattutto quelli monocromi, sono grandi proiezioni su uno schermo che fa da sfondo (lo schermo si percepisce).2” Senza contare che guardando Verticale fisso orizzontale, Scomponibile, Omaggio a Jonesco, Omaggio a Joyce/Il bordello, tutti dipinti presenti in mostra compresi tra il ‘65 e il ’66, è impossibile non percepire la forte disposizione ritmica prossima all’automatismo che è insita nelle figure e nelle (s)composizioni.

Pensare alle tele come se fossero degli schermi e agli schermi come se fossero delle tele è un’insegnamento che nella nostra contemporaneità non dovremo sottovalutare, anzi. I “nuovi media” dell’epoca furono per lui altri strumenti da integrare al suo processo di ricerca, e non linguaggi diversi da intraprendere in modo selettivo. Così, sfruttando il suo stesso metodo in modo commutativo, dovremo provare oggi l’effetto contrario passando dallo schermo alla pittura ricercandone le similitudini. La mostra Paolo Gioli. Gli anni di Venezia (1960-1969), visitabile fino al 17 settembre, sembra esser davvero un’ottimo luogo dove compiere questo esercizio, e dove meditare su l’incedere dei linguaggi artistici oggi.

 * La Galleria In Corte è situata nella corte interna della Bugno Art Gallery.

1. Oggetti probabili alla Galleria l’Elefante di Cesare Misserotti, 1967.

2. Nicola Stringa. Paolo Gioli pittore: la poetica in nuce, 2009