Lorenzo Quinn, Give, 2020, Cattedrale di Palermo

La cultura di prima mano

Il simbolo di Palermo, il cosiddetto Genio, è la statua di un Dio che offre se stesso al morso di un serpente. La scultura Give di Lorenzo Quinn offre invece in dono a chi la osserva, come tanta arte pubblica contemporanea, un’immagine che ricorda una rèclame pubblicitaria.

Che bella giornata, qui a Palermo. Mare calmo, cielo cristallino. Al Foro Italico il prato verde trabocca margherite. Sembra primavera ed è il primo giorno dell’inverno. L’unica nota stonata la offre la quiete innaturale. Le strade, solitamente affollate, sono vuote. I proprietari dei pochi negozi aperti mi accolgono con occhi imploranti. E a me non dispiace affatto andare in cerca di tesori. Che la città, notoriamente generosa, non lesina ai viandanti appassionati: Panormus Conca Aurea suos devorat alienos nutrit. Il suo dono, stavolta, è di quelli che non si dimenticano. Giunto in piazza Duomo, ai piedi della vezzosa cattedrale, tutta trine, merletti e gelsomino d’Arabia, il Genio di Palermo ha afferrato un alberello d’ulivo e, reggendolo con le mani a coppo, mi è venuto incontro.

Pensava forse che la serpe che gli divora le viscere fosse in letargo; quest’ultima però, risvegliata dal caldo, si è pappata in un boccone il suo ospite gentile. Ha risparmiato solo le mani che, come il piede gigante di Costantino dei musei capitolini, rimangono a testimoniare il fiero pasto. La consumazione, intendo, non dico del patrimonio culturale, che ha resistito nei secoli a ben altre vessazioni, ma dell’idea stessa di arte pubblica. Che dovrebbe educare, non limitarsi a incarnare “valori” condivisi. Altrimenti non ci sarebbe niente di più logico che ordinare, magari presso le fonderie che hanno sfornato i famigerati San Pio da Petralcina, un dream team con Proietti, Paolo Rossi, Maradona.

Ci sarebbe anche spazio, restando alla Sicilia, per una pala di ficodindia o una coppia di lattiginose mozzarelle alquanto simili a un seno prosperoso: i così belli s’ana taliari, le cose belle vanno guardate. Così recitava una réclame che ha anticipato la mia fine dell’infanzia. E vengo al dunque: quando il sindaco di Palermo, inaugurando Give, scultura di Lorenzo Quinn già presentata a Firenze col beneplacito del magnifico direttore degli Uffizi, dice che con opere del genere “Palermo si conferma capitale della cultura e delle culture” a cosa si riferisce se non alla coltura degli ortaggi di un altro slogan fenomenale, “Valfrutta, la natura di prima mano”? Sin quando i luoghi identitari saranno il pretesto per cotanti “doni”, non ci resta che sognare.