Di Antonello Tolve, in un angolo dello spazio espositivo, scorgiamo un’interessante e strutturale riflessione intitolata In una scacchiera disegnata dalla mente sull’agire dell’artista che, simultaneamente, aiuta tanto alla decifrazione della sua poetica, quanto ad orientarsi in un percorso che, per via della forte implicazione personale che permea le opere, appare frastornante.
In tale testo leggiamo: “lo spazio è per Lopez una superficie densa di significati, di possibilità e di eventualità, un suolo in cui abita il pensiero”, ed è proprio questo il punto, ovvero il fatto che l’oggetto dei dispositivi in mostra è proprio lo spazio. Uno spazio autobiografico che prende forma attraverso meccaniche mnemoniche di luoghi abitati nel passato dall’artista, uno spazio che diventa una concretizzazione della sua memoria e che prende di mira l’immobile, i teatri del suo vissuto. Queste personali riproduzioni spaziali intessono un forte legame con quello pubblico dell’esposizione stessa, risolto a volte in maniera concreta, come nel caso dell’opera Memento, in cui variopinte piastrelle riprodotte graficamente si espandono sul pavimento sottostante attraverso la loro controparte reale.
Opere accattivanti, che spingono a una certa interazione con il visitatore che si lascia affascinare e trasportare dalle rigorose operazioni di Lopez. Ne sono un esempio Prima Casa e Seconda Casa: maquette tridimensionali di abitazioni in cui l’artista ha vissuto dove, oltre alla bianca struttura muraria, sono presenti soltanto alcune eterogenee carte da parati, su singole pareti al suo interno. Queste opere vogliono essere ammirate da tutte le direzioni, diventando perno di un movimento circolare atto a scorgere le loro morfologiche rappresentazioni di un vissuto altrui. Le carte da parati, riprodotte in acrilico su tela, ricorrono, infatti, più volte nell’esposizione, con i loro motivi a volte geometrici, a volte floreali, ma sempre relazionate a geometrie spaziali che raffigurano piante abitative. Frequenti sono anche le riproduzioni di elementi naturali sempre connessi al concetto di “casa”, di cui ne sono un esempio le Tende. Inoltre, lo spazio del vissuto non è soltanto uno spazio fisico, ma anche culturale, fatto che ci viene ricordato infatti dai Numi Tutelari, opera in cui ritroviamo figure di santi e di eroi della tradizione partenopea, legate all’infanzia dell’artista.
Raccontare il proprio passato significa “mettersi a nudo”, in quanto proprio le esperienze vissute ci rendono quel che siamo. Lopez si mostra a noi attraverso degli “spazi nello spazio”, intimamente e in maniera molto riservata, non palesandoci le sue esperienze ma mostrandoci ciò che rammenta dei luoghi che ha vissuto, ponendo l’attenzione, cioè, su quello che notoriamente viene percepito come sfondo. Tolve ci ricorda, infine, la geofilosofia di Deleuze, la concezione dello spazio come componente attiva della storia che chiaramente Lopez intende e interpreta in tal senso, lasciandoci esplorare il suo passato, con la conseguenza di farci interrogare sul valore della memoria, ma soprattutto su cosa rappresentano i luoghi vissuti nella concezione di uno spazio che possa trasformarsi in tempo, nella “messa a fuoco” dello sfondo dei nostri ricordi.
Lello Lopez – “Home Sweet Home”
a cura di Giulia Perugini e Antonello Tolve
dal 10 novembre al 10 dicembre 2019
Fondazione Filiberto e Bianca Menna | Archivio Menna/Binga
Via dei Monti di Pietralata, 16 – Roma
ingresso gratuito
tel: 3495813002 – 3401608136