Giuseppe Stampone tocca con durezza il suo lato fragile mettendo in campo tutto quello che è. I ricordi e gli affetti sono compiuti all’interno della sua amata terra, l’Abruzzo il Gran Sasso e la Maiella, che vuole riportare tramite immagini fotografiche, video, disegni e con l’ausilio della sua penna Bic.
Una penna che è un simbolo, un riconoscimento che in questa occasione per questo progetto, ha il compito di riempire gli spazi vuoti dati dalla perdita degli affetti che lo ha portato ad accudire le ferite. Uno scandire il tempo con abitudinaria volontà giornaliera, un esercizio per fermare e dilatare il tempo, per farlo tornare ad un tempo in cui la tecnologia non era il sopravvento, ma l’avvento di qualcosa da ricondizionare.
È proprio il concetto di ricondizionare le cose ad essere la forza di un progetto vincitore di un premio così importante, perché il paesaggio in tutti i suoi linguaggi ha ricevuto un racconto da molti punti di vista e modi. La differenza è la visione dall’alto, la visione dal basso e quella da dentro tale da portare a ripensare che le cose debbano essere vissute con la consapevolezza di essere con i piedi per terra e destinati ad una stessa fine comune. Ma nel frattempo riempire gli spazi, cambiare le cose e non trattenerle portano all’obiettivo di vivere serenamente.
Bisogna soffermarsi sul paesaggio e rendersi conto che sono una possibilità, il Gran Sasso e la Maiella lo sono. È la montagna che guarda il mare dal quale ci si sente protetti, naviganti, portando lo sguardo all’orizzonte e non è solo pastorizia ma un luogo contemporaneo unico non riproducibile, un’opera che non assomiglia e non può essere riprodotta.
Massa e Cassa sono le parole presenti nel video Gran Sassa, di Maria Crispal (performance “Massa Cassa”) compagna di Stampone, dediti a raccontare la stagionalità del maestoso Gran Sasso. Queste stagioni sono complessate da un drammatico romanticismo, un esuberante desolazione, una vita libera e pericolosa. La montagna, il Gran Sasso, per Stampone qui è rappresentato da una cassa, una bara che traduce in una parola la perdita dei genitori, una massa che rappresenta l’archivio che porta in grembo la montagna piena di ricordi e di valico di passaggio da uno stato all’altro.
Decontestualizzare le cose è il concetto da cui parte una delle diverse lightbox presenti nel Museolaboratorio, un esempio è Campo Imperatore, simbolo di un periodo associato ad un periodo storico. Mussolini è se si va lì un punto di riferimento. Il concetto è riportare le cose a quelle che sono non per dimenticare ma per dare nuova vita a quello che la bellezza della natura ci ha donato e appunto togliere un contesto e non creare solo un pretesto.
Togliere per mettere, lo ha fatto in tutte le foto che rappresentano la Montagna, riempiendo ogni giorno con perseveranza gli spazi tra le i solchi e le vallate, stratificando un elemento che per lui è fonte di forza, tornato anche a vivere nella sua Teramo dove ha casa natìa e studio, e di resilienza. Farlo per se stessi come pratica di allontanamento dal panico, di una perdita e vincere a suo modo la debolezza che contraddistingue la sua sensibilità per tutto quello che fa.
La mostra di Giuseppe Stampone a Museolaboratorio – Ex manifattura Tabacchi, immersa tra la collezione di questo luogo, che nel tempo ha fatto parlare di lei come un lascito futuro ad un luogo come Città Sant’Angelo, è affettiva come il rapporto tra l’artista e Enzo de Leonibus. L’amicizia è come la natura in qualche occasione, e si ipotizza che la natura sia gestita da leggi e regole fisse: nulla nasce dal nulla e nulla si riduce al nulla, ma tutto si trasforma (Lucrezio, De rerum natura). La natura delle cose è un progetto condiviso, è un progetto giusto per essere qui ora, è politico perché Museolaboratorio – Ex manifattura Tabacchi è un posto collettivo dove un museo è storia e la storia è rappresentata.