Ci lascia l’artista, architetto e docente all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, alla IUAV di Venezia e al Politecnico di Milano. Una vita spesa tra i progetti di arte pubblica; le gallerie – Magazzino d’Arte Moderna a Roma, Studio Guenzani, Galleria Marconi a Milano, Studio la Città a Verona, Buchmann Galerie a Lugano e Berlino – ; e tra i promotori di giovani talenti.
Ribadisco, ci lascia, come accade ai pochi eletti che riescono a imprimere un segno indelebile del loro passaggio, ad arrivare all’essenza di messaggi universali di cui tutti, in un modo o nell’altro, sentiremo la mancanza.
Nel 1990, una sala del Padiglione Italia della Biennale di Venezia, a cura di Laura Cherubini, Flaminio Gualdoni e Lea Vergine è dedicata alla serie Orizzonti di Garutti. Ogni piastra di vetro viene colorata per metà di bianco e l’altra metà di nero suggerendo la relazione tra artista e collezionista. Proprio sul concetto di relazione, di costruzione di un legame tra sé e il pubblico, tra la propria esistenza individuale e la compartecipazione alla vita degli altri che le opere di Garutti valicano i confini dell’arte urbana confluendo nello sguardo poetico.
Accade per le opere più note dell’artista: Quest’opera è dedicata a chi passando di qui penserà alle voci e ai suoni della città (2012), che lo consacra al grande pubblico insieme alla nuova Piazza Gae Aulenti di Milano; Ai Nati oggi, del 1998, in cui ogni nuova nascita dell’ospedale di Bergamo è annunciata pubblicamente con il pulsare dei lampioni di Piazza Dante. Lo stesso progetto installativo sarà poi replicato nelle città di Gent, Istanbul, Plovdiv, Mosca, ma anche in Puglia.
Tra le numerose partecipazioni alle rassegne artistiche, a progetti espositivi nei musei nazionali ed internazionali e alla luce della scomparsa di Garutti, alcune mostre più di altre, riaffiorano alla mente circa il senso profondo dell’uomo e dell’artista.
Nel 1974, Garutti inaugura l’opera Credo di ricordare, recentemente riproposta dal 15 ottobre al 5 febbraio 2022 al Chini Museo di Villa Pecori Giraldi a Borgo San Lorenzo, curata da Alessandro Cocchieri. Sul numero di Flash Art nel maggio del 1975, Garutti riflette su alcune delle motivazioni tra le più emblematiche del suo “fare arte”:
“Nel gennaio 1975, con l’eco ancora presente del cambiamento culturale legato al ‘68, inaugura la mia prima mostra personale presso la Galleria Diagramma di Luciano Inga Pin, luogo importante per i giovani artisti di quell’epoca. Per la mia carriera di artista rappresentava un passaggio fondamentale: fu l’occasione per poter prendere e dichiarare una posizione nei confronti delle concezioni ideologiche, politiche e concettuali – forse un po’ troppo dogmatiche – che caratterizzavano fortemente quel periodo storico. Decisi di prendere una posizione, forse di contrasto, volta a recuperare la dimensione di attenzione e sensibilità verso l’altro, e naturalmente anche verso le cose. In particolare ero convinto, e lo sono ancora oggi, dell’importanza e del valore – nell’arte come nella vita – di tutto ciò che fa da sfondo ad un soggetto; lo sfondo caratterizza la quotidianità, è tutto ciò che vive con me, si compone delle cose con le quali ho a che fare regolarmente. Piccoli oggetti comuni (scarpe, cuscino, gettoni telefonici, dischi, sigarette…) – che abitavano la stanza tanto quanto me – fotografati singolarmente, diventavano i soggetti di una storia intitolata Credo di ricordare. L’opera fotografica composta da 32 elementi – intervallati da citazioni tratte dagli Essais di Montaigne – è fulcro della mostra alla Galleria Diagramma, e pone l’attenzione sui protagonisti dello ‘sfondo’ della mia quotidianità. Il titolo dichiara già in partenza il tipo di posizione dubitativa, interrogativa ed esitante che decisi di prendere da allora in avanti: l’idea dell’attenzione e della cura verso la realtà che ci circonda, l’attitudine costante a confrontarsi con un limite, la predisposizione ad essere sempre aperti al dubbio come strumento conoscitivo, la consapevolezza della propria fallibilità. Seppure solo in apparenza lontana dalle istanze ideologico-politiche dei primi anni Settanta, Credo di ricordare è un piccolo manifesto dell’idea stessa di fragilità, e in quanto tale è per me un’opera fortemente politica.”
Nelle ultime ore prima di lasciarci, Garutti è stata depositata l’installazione Tutti i passi che ho fatto nella mia vita mi hanno portato, qui, ora all’ingresso dell’Università “G. d’Annunzio” di Pescara, a cura di Zerynthia. Sentiremo forte la nostalgia di quei tanti passi fatti su cui ognuno di noi continuerà a farsi accompagnare lungo il cammino tracciato.