Lo storico Premio Michetti giunge alla sua 75ma edizione con un nuovo curatore, Simone Ciglia, che si divide tra Italia e Stati Uniti. A suggellare l’interesse del curatore nei confronti dei due Paesi è il tema ispirato alle Lezioni Americane di Italo Calvino, un libro che raccoglie il ciclo di sei lezioni dello scrittore ligure concepite per l’Università di Harvard per l’anno accademico 1985-1986. Gli artisti invitati a partecipare al Premio sono Stefano Arienti, Elisabetta Benassi, il collettivo Claire Fontaine, Paolo Icaro ed Eugenio Tibaldi, a cui si aggiunge una sezione speciale per le opere di Giulio Paolini. Ci sarà spazio anche per una selezione di opere dalla collezione della Fondazione Michetti e, per la sezione giovani, il coinvolgimento di quattro curatori (Giacinto Di Pietrantonio, Francesca Guerisoli, Caterina Riva e Saverio Verini) che, a loro volta, hanno selezionato altrettanti artisti: Beatrice Celli, Gaia De Megni, Giulia Poppi, Danilo Sciorilli.
Abbiamo parlato con il curatore di origine pescarese con un passato da ricercatore al MAXXI di Roma e attualmente Career Instructor alla Oregon University per un Premio che compie tre quarti di secolo e intende celebrare adeguatamente. Sarà tanto legato al territorio quanto proiettato verso orizzonti futuri tutti da scoprire, dal 20 luglio al 6 ottobre al MuMi di Francavilla al Mare.
Miriam Di Francesco: L’edizione 75 del Premio Michetti, della quale Lei è curatore, avrà per titolo “6 memo per questo millennio”, traendo spunto dalle Lezioni Americane di Italo Calvino. Perché questa scelta?
Simone Ciglia: Ho in mente questo progetto da molti anni: per la precisione dal 2005, da quand’ero ancora studente di storia dell’arte all’università. L’occasione del Premio Michetti mi è sembrata quella giusta per realizzarlo. Sono sempre stato sedotto dal tentativo di Calvino di offrire una guida concettuale per il futuro, che nel frattempo è diventato il nostro presente. Risponde a una personale fascinazione – à la Boetti – per ogni sistema di classificazione della realtà e di orientamento nella complessità di un presente che sembra sfuggire a ogni possibilità di lettura. In questa occasione, i concetti che Calvino propone di conservare per il prossimo millennio – leggerezza, rapidità, esattezza, visibilità, molteplicità e coerenza – sono stati trasposti dall’ambito letterario a quello delle arti visive.
M. D. F.: In un’intervista del 17 novembre 2023 al Presidente della Fondazione Michetti, Andrea Lombardinilo, annunciava così la sua nomina a curatore del Premio Michetti 2024: “Sarà un’importante occasione per ampliare gli orizzonti operativi della Fondazione, nel segno di un rinnovato impegno sul versante della ricerca e della proposta museale, anche in considerazione del patrimonio di cui la Fondazione dispone”. Dalle dichiarazioni del Presidente sembrano profilarsi le prime parole chiave di questo incarico, nel segno di una ricerca che “amplia gli orizzonti”. Ci può spiegare come?
S. C.: Ogni edizione del Premio Michetti “amplia gli orizzonti” di ricerca sull’arte, presentandosi con una formula e una visione curatoriale sempre diversa. In questo caso, la mostra propone un sondaggio nell’arte contemporanea italiana di diverse generazioni, provenienze e pratiche, riunite dalle Lezioni americane. A opere recenti se ne affiancheranno altre create per l’occasione. La proposta sarà arricchita dal confronto con la storia del Premio Michetti: una serie di opere dalla collezione della Fondazione – vincitrici delle precedenti edizioni – saranno poste in dialogo con quelle degli artisti partecipanti quest’anno. L’esito finale si configura come una “mostra di mostre”, nella quale ciascuna galleria è affidata ad un artista che presenta una raccolta di opere.
M. D. F.: Quali artisti ha selezionato e perché?
S.C.: Gli artisti sono stati selezionati in primo luogo per la vicinanza del loro lavoro ai temi calviniani. Paolo Icaro è stato il primo nome suggerito dalla “leggerezza della pensosità”, che Calvino ricerca “come reazione al peso del vivere”. Riflessa nei materiali e processi della sua scultura, si tratta di una leggerezza essenziale, difficile da pesare con le parole perché riguarda tanto l’opera quanto il suo autore, capace di compiere un “agile salto improvviso” per sollevarsi “sulla pesantezza del mondo”, invitando lo spettatore a fare altrettanto.
La rapidità, accelerata nel tempo che ci separa da Calvino, è associata a Elisabetta Benassi, la cui opera si fonda sulla connessione fra differenze, su quell’“inseguire il fulmineo percorso dei circuiti mentali che catturano e collegano punti lontani dello spazio e del tempo”. Claire Fontaine è stata invitata a rappresentare l’esattezza, che da Calvino è definita in maniera triplice: “un disegno dell’opera ben definito e ben calcolato”; “l’evocazione d’immagini visuali nitide, incisive, memorabili”; “un linguaggio il più preciso possibile come lessico e come resa delle sfumature del pensiero e dell’immaginazione”. A queste qualità, Claire Fontaine aggiunge l’esattezza su cui si fonda la strategia del readymade.
La questione della visibilità – che segna apparentemente il momento di massima divaricazione fra il discorso letterario e quello artistico, intrinsecamente visivo – è affidata a Eugenio Tibaldi. Nel suo caso, essa significa soprattutto rendere visibile ciò che, per varie ragioni, rimane escluso: la nozione di margine e periferia che l’artista ha messo al centro del proprio lavoro.
Stefano Arienti mi è sembrato uno degli artisti più rappresentativi della nozione di molteplicità, che Calvino riferisce alle relazioni, “in atto e potenziali”, al centro della rappresentazione letteraria. Attraverso la molteplicità delle tecniche sperimentate, Arienti ha costruito la propria opera “come enciclopedia, come metodo di conoscenza, e soprattutto come rete di connessione tra i fatti, tra le persone, tra le cose del mondo” (Calvino).
Una sezione speciale della mostra, concepita come omaggio a Italo Calvino, vede infine protagonista Giulio Paolini, a rappresentare la nozione di coerenza, lasciata incompiuta dallo scrittore. Fra gli artisti più vicini a Calvino, Paolini gli ha dedicato diverse opere, alcune delle quali in esposizione.
M. D. F.: Il suo lavoro curatoriale in Abruzzo ha coinvolto in passato realtà importanti dell’artigianato artistico locale. Per questa edizione del Premio Michetti cosa ha ideato per rinsaldare il dialogo tra Premio e territorio?
S. C.: Nel corso della sua storia, il Premio Michetti è stato capace di guardare vicino e lontano. Il territorio è stato presente in diverse forme, soprattutto nei termini di presenze artistiche. In questa occasione, ho pensato di invitare curatori legati a questo luogo – come Giacinto Di Pietrantonio e Caterina Riva – a segnalare artisti per la sezione del Premio dedicata agli artisti giovani. Due fra i nomi selezionati, sono appunto di origine abruzzese – anche se entrambi vivono fuori regione: Beatrice Celli e Danilo Sciorilli. Insieme a Gaia De Megni e Giulia Poppi, compongono una selezione curata dell’ultima scena italiana.

Premio Michetti 2024 – Edizione 75
6 memo per questo millennio
a cura di Simone Ciglia
MuMi – Museo Michetti
Piazza San Domenico
dal 20 luglio al 6 ottobre 2024
Orari: da martedì a domenica 18-23
T. 085 4913719 | www.fondazionemichetti.it