Stefan Lukic As Far as My Feet Will Carry Me! Photo M.Jankovic

Where are we running (?)

È una generazione in corsa quella raccontata da Stefan Lukic, artista nato a Belgrado, classe 1985. Una generazione che attraversa – senza avere il lusso di potersi (sof)fermare – scuola, università, master e specializzazioni e che si ritrova catapultata, tanto grande quanto priva di esperienza, nel mondo del lavoro.

Rispondendo all’esigenza di una società che vuole dai nuovi adulti il tutto e subito, Stefan ha fatto della corsa non solo l’emblema di un periodo storico e un’esigenza intrinseca al fare arte nel contemporaneo, ma anche la materia stessa del proprio lavoro. 

Affascinato dal percorso, inteso come tragitto nel tempo e nello spazio, volto a connettere persone e ricordi, Stefan Lukic si è trovato a doversi interfacciare con le nuove urgenze dell’attualità: la paura, la privazione di libertà ed il bisogno di sicurezza e protezione inaspriti dopo l’apparizione del Covid 19.  È stata pensata proprio durante il soffocante periodo di quarantena l’ambiziosa serie As far away as my feet will carry me (2020/2021) che consiste in diverse maratone nella città di Belgrado, e non solo, tra ricordi, connessioni e aspirazioni dell’artista. 

Le opere che compongono questa serie non si limitano alla performance vera e propria dell’attraversamento fisico degli spazi: il lavoro inizia infatti già nei giorni precedenti all’azione, in cui l’artista dissemina nella città stampe raffiguranti slogan o citazioni inerenti al proprio lavoro, espressi da persone appartenenti al mondo dell’arte. La pianificazione e l’effettiva organizzazione del percorso sono poi compiute dal seguito dell’artista, il cui ruolo è anche quello di distribuire lungo il tragitto degli oggetti, suoni, odori e perfino persone che permettano a Lukic di creare collegamenti con il suo mondo personale. Tutto quello che egli incontra nella sua corsa, così come le opinioni sul suo lavoro affisse in città nei giorni prima della performance, approfondiscono le dimensioni temporali dell’opera: progetti futuri e suggestioni dal passato si raccolgono nella stessa temporalità del presente che sfugge insieme all’artista. 

La performance integra diversi media, oltre alla corsa vera e propria: il percorso, che simbolicamente costeggia ogni volta un cimitero prima di concludersi presso l’abitazione dell’artista, è infatti registrato da un dispositivo GPS che trasforma l’happening in “disegno” digitale. Parallelamente ai suoi strumenti, anche la figura dell’autore si opacizza; se ne allentano i contorni in quella che diventa un’opera collettiva, pur rimanendo frutto di uno sforzo e di un’intenzione personale. Stefan Lukic è infatti l’esecutore materiale di un gesto pianificato da altri, metafora di una libertà individuale circoscritta entro confini di necessità comuni.

Ed è a questa serie che appartiene uno degli ultimi e più significativi drawing-happening dell’artista: Size does (not) matter, realizzato il 27 febbraio 2021 nella città serba di Novi Sad. In questo caso la performance prevedeva un’azione marcatamente collettiva, in cui un gruppo di artisti, storici dell’arte e amici sono stati coordinati da Stefan Lukic nel disporre in Liberty Square – una fra le più importanti piazze della città – delle stampe di grandi dimensioni raffiguranti un brano del cantautore e filosofo serbo Vladimir Tabašević. Il brano, a sua volta realizzato in relazione alla già citata serie As far away as my feet will carry me, ha perso così la sua dimensione di testo critico al di fuori dell’opera, per diventarne materia stessa. Le frasi che ricoprivano tutta la piazza, poi, impedivano, con le loro dimensioni, agli spettatori di avere una veduta nella sua interezza del testo, con la conseguente privazione di un’assoluta e completa comprensione del suo significato. La parzialità e soggettività di qualunque commento critico su di un’opera artistica potevano essere infatti effettivamente percepite camminando intorno alle stampe che ricoprivano una superficie di 500 metri quadrati sul pavimento, nella continua frustrazione di non riuscire ad arrivare ad una totale unità di significato.
Anche in questo caso, come sempre succede al termine di ciascuna performance di Lukic, all’happening ha poi fatto seguito una mostra in cui le stesse stampe utilizzate nella piazza sono state esposte nello spazio Kvake 22 a Belgrado. Le strisce di carta però, anziché occupare il pavimento, in questo caso sono state appese lungo le pareti espositive della galleria, infusa di una luce blu – il colore associato dall’artista alla performance. L’impossibilità di giungere ad una completa appropriazione del testo è stata qui amplificata attraverso la riproduzione tramite altoparlanti di una versione della poesia, rallentata al punto da renderla incomprensibile.

Attraverso l’utilizzo di un contenuto dilatato e trasfigurato fino alla sua illeggibilità, Lukic è così riuscito a compiere un ulteriore salto metapoetico. Non si è infatti limitato a rendere soggetto del suo lavoro un’opera letteraria riguardante la sua stessa pratica, ma ha fatto in modo di renderla vera e propria espressione della ricerca di significato che contraddistingue non solo l’arte, ma la vita di ciascun essere umano. Il centro dell’esposizione, così esplicitato e nello stesso tempo nascosto, pare quindi proprio essere il bisogno di raggiungere un’assoluta verità che ci è costantemente preclusa, a favore di parziali risposte, incomplete e inconcludenti. È la spinta quella che rimane, il movimento, per l’appunto, verso quello che non si può ottenere, o almeno non pienamente; quel desiderio di conoscenza che ha portato l’Ulisse di Dante a far ali al folle volo.

Con la sua pratica, Lukic sembra volerci ricordare che, dopo un avvicendarsi artistico percepito come progresso, che ha condotto al cosiddetto postmoderno – il grande calderone del possibile in cui tutto è contenuto in potenza – non serve più rispondere a quesiti su ciò che seguirà. Quello che è intorno è già futuro, nella misura in cui sarà presto passato. Stefan Lukic con le sue performances vive il suo, il nostro tempo e ne dà espressione. Senza la presunzione di esprimere un qualsivoglia giudizio, Lukic si propone di far prendere coscienza del nostro attraversare l’oggi. Non è il risultato, la compiutezza della sua concretizzazione, l’obbiettivo: “La vittoria (non) è arte”, ci suggerisce Stefan. Per tornare al nostro quesito iniziale: dove stiamo correndo? È poi così importante rispondere?

Stefan Lukic (Belgrado, 1985)

Dopo un diploma alla Facoltà di Arti Applicate di Belgrado conseguito nel 2018, Stefan Lukic ha trovato riconoscimento nel mondo artistico come pittore, vincendo nel 2016 il titolo di Miglior Pittore dell’Anno della sua Facoltà. A questa fase appartiene la serie Interspace (2017/2018) composta da dipinti che raffigurano luoghi di passaggio, i cosiddetti “non-luoghi” per chi li attraversa: spazi che funzionano da punti di connessione tra una partenza e un arrivo. È una serie ampia e diversificata; le visioni di auto in corsa su autostrade che servono da soggetti per i primi lavori, infatti, cedono presto il posto a immagini sempre più rarefatte che raccontano non già più solo spazio, ma il tempo, la velocità del suo fluire. È la strada il centro di queste opere, una strada percorsa in velocità, senza attenzione, con gli occhi pieni della partenza e la testa proiettata sull’arrivo. “Per me muoversi è essere vivi, ed è questo il senso della mia arte”, sostiene Stefan. Non c’è da sorprendersi dunque che questa fase sia stata solo un punto di partenza – o forse sarebbe meglio chiamarla una tappa – da cui lanciarsi nelle realizzazioni future.

È stato poi attraverso le opportunità offerte dal riconoscimento ottenuto dai primi dipinti che l’artista ha potuto ampliare la propria ricerca, anche grazie al periodo trascorso all’Accademia di Belle Arti (ENSBA) di Parigi e ad Amsterdam, dove ha frequentato una Masterclass presso la Royal Accademy nel 2019. La sua pratica si è così internazionalizzata, aprendosi a diverse sperimentazioni, che lo vedono allontanarsi dalla pittura per volgere alla performance o, per meglio dire, drawing-event.
L’artista si trova attualmente Svezia in un programma di residenza artistica.