CORPUS DOMINI. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima

Dal 27 ottobre 2021 al 30 gennaio 2022 Palazzo Reale di Milano presenta la mostra “Corpus Domini. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima”, a cura di Francesca Alfano Miglietti. Esposte 111 opere – installazioni, sculture, disegni, dipinti, videoinstallazioni e fotografie – di 34 artisti riconosciuti a livello internazionale, alcune delle quali vere icone del contemporaneo, per raccontare la molteplicità della rappresentazione dell’essere umano.

L’ambizioso progetto espositivo, che si dipana lungo mille metri quadrati di superficie, analizza l’insorgere nella contemporaneità di nuove forme di rappresentazione insistendo – come anticipato nel titolo – sulla scomparsa del corpo vero in favore del corpo dello spettacolo. Il Corpo Glorioso – quello della consapevolezza, della ribellione, dell’alterità – cede il passo al Corpo del Contemporaneo, in tutte le sue frastagliate declinazioni: corpo dello spettacolo, corpo dell’esodo, corpo del lavoro, corpo della moltitudine silenziosa. Invitando così lo spettatore a una riflessione non solo di carattere artistico sul tema, ma anche di carattere filosofico, sociologico e antropologico. “Perché in questa epoca incerta” – scrive Alfano Miglietti in un estratto dal testo in catalogo – “come incerto è il ruolo degli umani sul pianeta, in questo mondo simulato, che ha destabilizzato principi e modelli della realtà, si è inevitabilmente compromesso il concetto di umanità.” 

Concetto che viene indagato lungo le due direttrici della mostra: la prima, il passaggio dell’orizzonte teorico della Body Art all’Iperrealismo; la seconda, l’evidenza di due tipi di corpi: quello perfetto, sempre giovane, snello e sano prodotto dallo spettacolo e quello invisibile degli esuli, dei malati, dei lavoratori, dei disoccupati che esistono solo in quanto categoria. Sulla scorta di questa premessa concettuale, la varietà degli autori proposti:  AES+F, Janine Antoni, Yael Bartana, Zharko Basheski, Joseph Beuys, Christian Boltanski, Vlassis Caniaris, Chen Zhen, John DeAndrea, Gino de Dominicis, Carole A. Feuerman, Franko B, Robert Gober, Antony Gormley, Duane Hanson, Alfredo Jaar, Kimsooja, Joseph Kosuth, Charles LeDray, Robert Longo, Urs Lüthi, Ibrahim Mahama, Fabio Mauri, Oscar Muñoz, Gina Pane, Marc Quinn, Carol Rama, Michal Rovner, Andres Serrano, Chiharu Shiota, Marc Sijan, Dayanita Singh, Sun Yuan & Peng Yu, Gavin Turk.

La mostra, promossa e prodotta da Palazzo Reale, Comune di Milano-Cultura in collaborazione con Marsilio Arte – di Marsilio editori anche il catalogo illustrato, bilingue italiano/inglese, che contiene importanti contributi scritti – e con Tenderstories, ha avuto un lungo periodo di gestazione, come racconta Domenico Piraina, Direttore del Palazzo Reale. Nata da una serie di interlocuzioni con la critica e curatrice Lea Vergine – la quale, in itinere, consapevole che le forze diminuivano non ebbe esitazione a indicare nell’Alfano Miglietti il motore del progetto – dedica proprio a questa figura di spicco dell’arte degli ultimi cinquant’anni, una sezione fondamentale, una sorta di stanza privata, progettata in collaborazione con l’Archivio Lea Vergine, in cui sono esposte opere, alcune delle quali hanno caratterizzato il suo percorso critico, e poi libri, documenti e fotografie che testimoniano la sua preziosa e singolare ricerca nel campo della Body Art, che rimane un riferimento imprescindibile nella narrazione relativa al corpo.

“Io vorrei che voi sapeste che questa mostra è un appello” chiosa la curatrice Alfano Miglietti al termine della visita dedicata alla stampa. “Gli artisti non vogliono rassicurare, non vogliono agitare, vogliono far vedere. Questa è l’idea di cultura, non un’idea rassicurante, che ci consola e conferma quello che pensiamo. Io faccio solo un appello: che nessuno di voi si senta un visitatore in questa mostra. Vorrei piuttosto che ognuno di voi si sentisse opera. Questa mostra parla di noi, parla della nostra vita, e prima ancora di capire dobbiamo sentire. Io vorrei che ognuno di noi si sentisse quel pezzo di stoffa di Boltanski o quella scarpa di Shiota. Perché noi è questo che siamo. E la pandemia, che purtroppo è entrata nella nostre vite cambiandone anche un po’ il senso, ci deve aver insegnato questo: che se uno di noi si ammala ci ammaliamo tutti e che quindi tutti dobbiamo fare in modo di proteggerci. E soprattutto, è proteggendo l’altro che proteggiamo noi stessi, perché nessuno può andare da nessuna parte da solo. Ecco, io mi auguro che ognuno di voi senta sé stesso in questa mostra, piuttosto che concentrarsi su che cosa vuole dire la mostra.”

Un tragitto che porta la precarietà al cuore del sistema delle rappresentazioni e con essa ci invita a un faticoso, a volte doloroso confronto. Che siano le valige vuote e inerti di Fabio Mauri (Il Muro Occidentale o del Pianto, 1993) o con le vecchie scarpe che trovano poetico ancoraggio a fili rossi di lana, i fili dell’esistenza, di Chiharu Shiota (Over the Continents, 2011); che siano le bagnanti belle, giovani, sane, eppure senza vita dell’unica esponente donna del Iperrealismo americano Carole A. Feuerman (Next Summer, 2013) o i corpi fuori misura di Zharko Basheski (Out of…, 2018); che sia questo o quello l’arte ci dimostra qui, in uno spazio brulicante di pensiero ed emozione, la sua abilità a significare con l’ausilio non solo di un segno, ma della realtà stessa.

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CORPUS DOMINI. Dal corpo glorioso alle rovine dell’anima 

mostra a cura di Francesca Alfano Miglietti

27 ottobre 2021 – 30 gennaio 2022

Milano, Palazzo Reale