Roberto Gramiccia
Oscar Turco, senza titolo, matita su carta, 50x70, Courtesy of Stefano Compagnucci

Un Atelier nel cuore di Roma. A colloquio con Roberto Gramiccia

Con la mostra dal titolo LameLapis, personale doppia di Oscar Turco e Paolo Di Nozzi, dal 15 al 29 giugno, si è inaugurato a Roma il progetto Atelier Quattro Fontane di Roberto Gramiccia, sostenuto e reso possibile da Stefano Compagnucci, il quale trasformerà periodicamente il suo atelier, situato davanti alla Galleria Nazionale di Arte Antica a Palazzo Barberini, in un luogo di ricerca, accoglienza e promozione di eventi espositivi e di confronto che, sotto la direzione di Roberto Gramiccia, saranno tesi ad aprire una discussione critica sugli attuali assetti dell’arte post-contemporanea. Ne abbiamo discusso col curatore, interprete acuto, come i nostri lettori sanno bene, della crisi che attanaglia oggi non solo l’arte ma la cultura nel suo complesso: una crisi che ritrova nelle deformazioni prodotte dall’industria culturale, di cui il sistema dell’arte è un’articolazione, le sue ragioni di fondo.

Un Atelier nel cuore di Roma. Come è nato questo progetto?

Non si tratta di una galleria nel senso tradizionale del termine. Si tratta piuttosto di uno spazio espositivo e, insieme, di proposta, discussione e critica rispetto agli assetti consolidati dell’attuale sistema dell’arte. Il progetto nasce dal mio incontro con Stefano Compagnucci, titolare dell’atelier che dà il nome al progetto. Con lui ho una totale identità di vedute. Va detto, inoltre, che a sostenere il progetto c’è anche un nutrito numero di artisti di area romana che seguono, apprezzano e sostengono il mio lavoro.

Quali sono i suoi principi ispiratori?

I principi sono quelli che ho sviluppato in un mio recente breve saggio, Se tutto è arte… (Mimesis). Questi principi sono riassunti in un doppio decalogo che spiega che cosa non è che cosa è “Atelier Quattro Fontane”, che sarà pubblicato nel catalogo della mostra di apertura. Rinviamo a questa sorta di manifesto chi volesse capire nel dettaglio di che cosa si tratta. In questa sede basterà dire che il nostro obiettivo principale è quello di dimostrare che non tutto può essere arte alla sola condizione che sia riconosciuto, certificato e “artistizzato” (Perniola) dal sistema dell’arte. Le ragioni dell’arte sono plurali. Esse hanno a che vedere con il mercato ma non si esauriscono nel mercato. Affondano, casomai, le proprie radici nell’inquietudine esistenziale, nel thauma di cui parlavano Platone e Aristotele. L’arte nasce, come la filosofia, come risposta all’angoscia dell’esistere e la qualità che ne caratterizza l’espressione, dalle sue origini fino ai giorni nostri, è il sigillo della sua autenticità. L’attività espositiva che condurremo avanti è alla ricerca di una qualità che prescinde dai linguaggi e dalle mode. Una qualità caratterizzante e connotante senza la quale l’arte, semplicemente, non è. 

La prima mostra accosta un pittore e uno scultore: anche le prossime tratteranno artisti, se così si può dire, tradizionali?

Oscar Turco è un’artista romano di lunghissima esperienza, che ritrova nel disegno e nella pittura le sue forme di espressione principali con un’attenzione particolare alla lezione dell’arte concettuale e del minimalismo. Paolo Di Nozzi è uno scultore-scultore che, con successo, tenta la strada di una possibile conciliazione fra l’estetica dell’arte povera e quella di un Barocco che, a Roma, non muore mai: men che meno in un atelier situato davanti alla Galleria nazionale di arte antica. Pur avendo il massimo rispetto per la tradizione (l’arte del resto è sempre contemporanea anche quando è antica), la nostra bussola, come accennavo, sarà la ricerca di una qualità riconoscibile. Tutti i linguaggi e le sperimentazioni, quindi, saranno ammessi a condizione che siano portatori di qualità. 

LameLapis, il titolo dell’esposizione inaugurale, sottintende duplicità: anche le prossime mostre saranno bi personali?

La formula della personale doppia mi piace molto perché rievoca produttivamente la dimensione del dialogo classico, della maieutica socratica. Sarà quindi una soluzione preferenziale ma non obbligata. In Atelier quattro fontane non ci sono obblighi.

Che cosa pensi dell’arte contemporanea lo sappiamo già. Qualche considerazione sulla politica culturale di oggi, romana e nazionale?

La politica culturale praticamente non esiste, tranne quella che percorre i soliti circuiti museali consolidati. Gli assessori alla cultura di città come Roma non dispongono di fondi. Il mondo dell’editoria non sta meglio, anzi. C’è più attenzione nei confronti del cinema ma certo non basta. Malgrado tutto ogni tanto, a Roma, si possono vedere ancora delle belle mostre come quella in ricordo di Claudio Abate al Maxxi e la grande antologica di Enzo Cucchi nello stesso Museo. Fanno sperare alcune iniziative autogestite periferiche che stentano, però, a superare la marginalità ma (almeno) ci provano. Resiste l’Attico di Fabio Sargentini.

Roberto Gramiccia
Paolo Di Nozzi, Grand Prix, acciaio verniciato e cemento, 80x52x35, Courtesy of Stefano Compagnucci