Andrea Guastella, e fu mattina, 2020

Tra le nuvole

Una riflessione, con la testa tra le nuvole, sui criteri di selezione dei musei, spesso più attenti alla fama, anche extrartistica, degli ospiti che alla coerenza dell’offerta culturale.

“Non toccarmi Carlo, per nessuna ragione”. Così mia moglie, neanche fosse un suo parente, quando ha saputo che avrei chiamato in ballo lui, Verdone. Ma che c’entra, il mitico Furio, con una rassegna d’arte? È presto detto.

Da qualche tempo a questa parte, di prima mattina, indosso una doppia vestaglia e, dal balcone di casa, in città o a mare, scatto una foto dell’alba che, complici le polveri sottili, è particolarmente suggestiva. Alcune di queste immagini le posto pure sui social, con discreto successo. Non ho mai ritenuto meritassero uno sbocco differente.

Stamani, in camera caritatis, costretto dal lockdown a letture improvvisate, mi sono ricreduto. Ho infatti scoperto da una rivista di gossip che Verdone, tra luglio e novembre scorsi, ha esposto quaranta “opere” simili niente meno che al Madre (Nuvole e colori, a cura di Paolo Mereghetti ed Elisabetta Sgarbi). Si tratta di foto tirate in terrazza, nella sua casa di campagna in Sabina o nei dintorni. “Potrebbero essere scattate ovunque”, spiega, “Ma ogni volta che le guardo mi rassicurano. Perché sento che il cielo è vita, che nel cielo c’è sempre vita”. In realtà i lavori non erano nati per essere diffusi. Li conoscevano solo i suoi figli o qualche amico. Verdone è un uomo semplice: “Coltivo le mie passioni: la scrittura, il giardinaggio, la musica o, appunto, la fotografia. Quegli scatti ai cieli costituiscono una specie di compensazione spirituale al mio lavoro”. Perché, allora, presentarli in pompa magna in un museo? Il comico, da buon professionista, ha qualche esitazione: “Non volevo che la gente pensasse: ‘Adesso Verdone s’è messo pure a fa’ il fotografo”. A convincerlo è stata Elisabetta Sgarbi: “Qualcuno le aveva parlato di quelle immagini. Lei ha voluto vederle e le sono piaciute”. Capite? Una parola di Elisabetta e il Madre è assicurato.

Andrea Guastella, marecielo, 2020

Riordinato il mio portfolio, sto già provando a mettermi in contatto con la sorella di Vittorio quando colgo tra le nuvole un pensiero elementare: non è Verdone – che, lo puntualizzo per la pace in famiglia, pur non essendo Steve McCurry, qualche foto carina sa scattarla – a cercare il Madre, ma l’esatto contrario. È il museo che, avvalendosi di organizzatori compiacenti, profitta della sua notorietà. Se proprio voglio esporre al Madre, o in qualsiasi altra rispettabile istituzione museale, la strada più veloce non è guardare in faccia il sole, ma diventare un famoso musicista, uno chef stellato, un grande attore.

Andrea Gastella, L’impero delle luci, 2020