Regina Josè Galindo, Jardín de Flores, 2021, still from video

the body is Body. Un esperimento espositivo a cura di Amalia de Bernardis

Altomonte è un incantevole centro medioevale arroccato nel cuore della provincia cosentina. Annoverato tra i “Borghi più Belli d’Italia”, sembra un luogo collocato al di fuori del tempo e dello spazio, in una zona metafisica che pure deve comprendere tempo e spazio. E Corpo, nel disegno dell’artista e curatrice indipendente Amalia de Bernardis che qui ha dato vita, dal 2 luglio al 16 ottobre 2022, al progetto artistico “the body id Body”: un esperimento espositivo e teorico che nel corpo, e in tutte le sue molteplici declinazioni, trova il proprio fondamento.

Seconda tappa di Codici Naturali, un proponimento che de Bernardis stessa definisce di “arte agita ed arte esposta, che intende investigare tutti i codici, anche quelli dello stesso allestimento”, la mostra espone i lavori di diciassette artisti tra opere video, performance, installazioni e scoperte che si snodano lungo la traiettoria ascendente della Torre dei Pallotta (sec. XI), fortezza a base quadrata voluta dagli stessi Pallotta, da cui prende il nome. 

“Immagina una tela bellissima. Tutto il perimetro di questa tela è ricamato, decorato, pieno d’oro e di bellezza. L’interno è invece quasi vuoto. Ecco, la situazione calabrese è un po’ questa. C’è un contorno e un intorno magnifico e Altomonte ne è un esempio. Ma, a parte eventi consolidati come il Festival Euromediterraneo, si è cominciato solo in tempi recenti a ragionare sulla questione dell’arte contemporanea. Lavorare in Calabria è audace e coraggioso, come dici tu, almeno con questo rigore con il quale cerco sempre di lavorare. Perché non c’è una propensione alla cosa dell’arte contemporanea, anzi c’è addirittura una sorta di paura a relazionarsi con l’arte performativa.”

Loredana Longo, Fist, 2017, Still from video, Courtesy Francesco Pantaleone Milano

Oggetto dell’indagine, il corpo si diceva. Corpo politico, corpo poetico, corpo animale, corpo sociale, anatomico, onirico, rituale. Tema arcaico, primigenio, quello del corpo: sintesi incrociata, spesso sfuggente di tutto. “Il corpo è tutto e tutto somiglia al corpo” sentenzia la curatrice. E allora si deve entrare lentamente in questo corpo a forma di torre, privi di ogni preconcetto. Da qualche parte ho letto che la verità e la poesia amano le anime nude e forse così, nudi, spogli di qualsivoglia sovrastruttura, bisogna andare alla ricerca delle porzioni di corpo che de Bernardis fa custodire a queste  sezioni di pietra scavate nello spessore del tempo. Per addentrarsi fin dentro le membra e le viscere, transitando tra spazi pieni e vuoti, spazi fisici e metafisici, materiali e immateriali, concreti e simbolici. Luoghi sospesi in preghiera silenziosa e altri in cui la sete di toccare, sete animale, è così grande da fare male. Non c’è fondo in questo corpo, che costringe ad andare in basso: paesaggio fatto di caverne, di fiumi, di crepe e buchi. E non c’è fine in questo corpo che costringe ad andare in alto, secondo un movimento ascendente, che da immanente si fa trascendente, conducendoci nello spazio vuoto, spazio performativo, in cui tutto evoca la presenza dell’assenza (o dell’assente). E mi torna in mente Artaud, quando scriveva “Ricostruirò l’uomo che sono”. 

“Ho prima ricostruito il corpo” spiega de Bernardis in merito alla questione metodologica. “Ho costruito lo spazio, l’impianto concettuale e poi ho scelto e convocato gli artisti. Di tutti ho seguito l’evoluzione dei percorsi nel tempo, capendo che tipo di organo fossero e immaginando di farli dialogare gli uni con gli altri. Esattamente come avviene dentro il corpo. Alcune opere, come quella di Barbara Fragogna, un’installazione site-specific realizzata con la creta locale dal titolo “Effimera #13 | Maria Callas Intestine n° 13”, sono state create in situ. L’artista ha lavorato in residenza per una settimana dando vita a quella che lei stessa definisce l’opera effimera, destinata a mutare già in fase di costruzione, per la natura stessa dell’argilla. E quando questa mostra si concluderà quest’opera non esisterà più e non sarà più visibile da nessun’altra parte. Un unicum, come lo è ciascuno di noi, perché nessun corpo è uguale a un altro. E una riflessione sul tema della decomposizione, perché non tutte le tracce sono per sempre. Certamente non lo sono le tracce umane.”

Manuela Macco, Sensitive self portrait, 2013

Al corpo, questo corpo, meraviglia e tragedia, mistero di vita, custode di morte, è dedicata l’intera mostra. In accordo, sento, con lo spirito dei tempi. Specie di questi ultimi, affetti da superficiali, spesso maldestri, esercizi estetici densi di vacuità volti alla sua smaterializzazione. Ma per rifare le cose, per guarirle, non basta privarle della loro realtà materiale. Bisogna essere capaci di sognarle, in questo modo, nel modo in cui ci insegna la poetessa Alejandra Pizarnik. Che qui ho ritrovato.

“Il sogno, si, ma dotato delle qualità del
teorema. La metafora, si, ma esatta: che non
sia possibile modificare un «questo» e renderlo
uguale a un «quello»  — ma formularlo come
chi alza nell’oscurità una mano stretta ad un
pugnale. Sono le 6 dell’alba Galante. Vado a 
dormire.”

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the body is Body | a cura di Amalia de Bernardis
Altomonte | Torre Pallotta, Largo Luigi Rende 
2 luglio – 16 ottobre 2022

Artisti in mostra: Regina José Galindo, PENZO+FIORE, Loredana Longo, Tiziana Pers, Isabella Pers, Giovanni Gaggia, Manuela Macco, Maria & Andrea, Barbara Fragogna, Maria Luigia Gioffrè, Nicola Guastamacchia, Roberta Toscano, Matteo Lucca, Vadis Bertglia, Annalisa Pascai Saiu
Focus new code: Luca Olivieri, Annalisa Pascai Saiu con Giorgio Bianchi e Vittoria Mazzonis
Focus dance code: Francesca Cola, Dario La Stella
Focus theater code: Marco Luciano_Teatro Nucleo