TAILS

TAILS – Valentina Vetturi

La riflessione sulla memoria unita a uno sguardo lucido e preparato attorno alle nuove tecnologie è centrale all’interno di TAILS, paesaggio performativo realizzato dall’artista Valentina Vetturi e curato da Silvia Franceschini, concepito per Spazio Murat di Bari visitabile dal 13 luglio al 27 agosto.

Nell’intervista curata da VD “Chi ha paura dell’intelligenza artificiale?” Chiara Valerio, curatrice editoriale e scrittrice per Robinson de la Repubblica, osserva: “Il primo problema mi pare la memoria, noi stiamo appaltando la memoria a dispositivi che non siamo noi. Quindi noi abbiamo, in qualche modo, l’usufrutto di questa memoria, anche perché in effetti i nostri dati sensibili sono da un’altra parte”.

TAILS, acronimo di The Amnestic Incognito Live System prende il nome dal software Tails, che cancella qualsiasi traccia umana dai computer. L’opera nasce da un’intuizione di Vetturi a partire dall’analisi del giornalista francese Guillaume Pitron attorno alla fisicità dell’universo digitale, contrapposto allo spazio sempre più immateriale che la Rete occupa nell’immaginario collettivo. L’ambiente rizomatico di Vetturi propone una ricostruzione in scala 1:2000 dei cavi che attraversano i mari del pianeta e che consentono la creazione di memorie numeriche permanenti. La zona espositiva di Spazio Murat è completamente attraversata orizzontalmente dalla scultura che ne ridisegna gli spazi interni e stabilisce, attraverso una disposizione accuratamente randomica, dialoghi inediti con l’architettura. Le traiettorie dei tubi si intrecciano, si allontanano, si accavallano e, in alcuni punti, si uniscono formando delle sedute che invitano a sostare per ascoltare il ronzio di uno sciame d’api prodotto da otto casse sonore (sound design curato da Roberto Matarrese). Il corto circuito è innescato dal materiale che Vetturi decide di impiegare per la costruzione della scultura, progettata e realizzata da Officina Chiodo Fisso. In TAILS, la memoria permanente e immutabile della rete si interseca con la fugacità della cartapesta, materiale la cui memoria è in grado di fluire da una forma all’altra attraverso il contatto con l’acqua. 

Il carattere site-specific di TAILS supera i termini meramente formali a favore di una ricerca che affronta la complessità storica e culturale del luogo. In questo caso, però, i luoghi potrebbero essere di fatto molteplici, individuabili su più livelli. Da un lato, la riflessione di Vetturi parte dall’elemento del mare; in particolare, il mare barese è storicamente un luogo di connessione con l’Oriente e ne ha contribuito profondamente a determinarne il carattere interculturale della città attraverso i secoli. Oggi continua la sua funzione in questo senso, perché è proprio il mare che ospita i cavi che consentono il sistema di connessioni globali. È, infatti, fondamentale riconoscere l’esistenza di un luogo altro, non ancora ben definito ma assolutamente presente e occupato nella realtà contemporanea, ovvero il web.  E se, come afferma Rosalyn Deutsche in merito alla sfera pubblica, uno spazio è realmente democratico quando le sue strutture dominanti si aprono alla contestazione, Valentina Vetturi mette in discussione uno degli elementi fondanti della Rete: la sua incorporeità. E lo fa realizzando un paesaggio concreto, attraversato da corpi, visibile e udibile. Sposta l’attenzione sulla dimensione materiale e fa entrare in campo tutte quelle questioni che riguardano la realtà tangibile, come la reperibilità dei materiali, il loro smaltimento, l’occupazione più o meno legittima del suolo. 

Vetturi propone una prospettiva critica nei confronti dello spazio considerato democratico per eccellenza ma che troppo spesso è abitato passivamente proprio perché non si ha la percezione di abitarlo. Allo stesso tempo, è un luogo che deve essere necessariamente soggetto di dibattito in quanto, e qui ritorna Rosalyn Deutsche, è attraverso il conflitto che uno spazio trova davvero la sua democraticità.  Lo spettatore che si addentra, non senza difficoltà, nel dedalo di cartapesta, naviga in un paesaggio che non occupa fisicamente nel quotidiano, ma contribuisce a renderne possibile l’esistenza per il solo fatto di essere un utente del web. Si confronta, dunque, con quella che Pitron definisce la pesantezza della Rete, dotata di consistenze tangibili, un colore, un odore, un suono e un sapore. L’individuo che interagisce liberatamente con il paesaggio di Vetturi, producendo esiti imprevedibili, è carico di una responsabilità che deriva direttamente dalla consapevolezza del luogo che occupa. E, come dichiara Valentina Vetturi riprendendo Edward Snowder, “solo questo tipo di consapevolezza può emanciparci dalla condizione di subalternità in cui la tecnologia ci pone quando è opaca. E solo con questo tipo di consapevolezza possiamo hackerare e mettere quotidianamente in discussione le modalità in cui abitiamo il pianeta e il web.”

Valentina Vetturi (1979, vive a Bari) attraverso una pratica artistica intermediale e ricerche trandisciplinari, affronta, a partire dal 2010, tematiche legate all’invisibilità (La Pendolare, 2010; Un libro di specchi, 2013) e alla memoria (Alzheimer Café, 2014-in corso). TAILS si pone in continuità con un corpus di opere (I Never Think of The Future. It Comes Soon Enough, 2016-in corso) che dal 2015 riflettono sulla digitalizzazione delle nostre vite e sul funzionamento delle nuove tecnologie.