Marta Roberti, Grande pavone, disegno inciso su carta carbone. Installation view at Spazio Molini, Fondazione Pastificio Cerere. Crediti Giorgio Benni

Simboli e visioni nel bestiario di Marta Roberti

Si è chiusa poche settimane fa la mostra di Marta Roberti, There is an Elephant in The Room, a cura di Manuela Pacella, presso lo Spazio Molini della Fondazione Pastificio Cerere di Roma. Tra luci e ombre abbiamo intrapreso un viaggio simbolico nel bestiario dell’artista.

Gli animali sono esemplo de la vita mondiale.

Leonardo Da Vinci

Sono trascorse alcune settimane da quella visita sotterranea allo Spazio Molini del Pastifico Cerere di Roma in occasione della mostra di Marta RobertiThere is an Elephant in The Room, a cura di Manuela Pacella. 

Sembra davvero un tempo lontano eppure ci sono memorie che restano eterne, ricordi sedimentati in luoghi dove sentiamo di essere stati e, grazie all’Arte, ci ritroviamo a rivivere. La forza dei simboli che riescono a connettere e riunificare quella dimensione sacra, spesso semplicemente dimenticata, messa da parte, in un angolo buio che aspetta soltanto di essere illuminato, portato alla luce. 

In quello spazio, qualche metro sotto terra, Marta Roberti disegna un mondo di simboli, memorie e visioni, un bestiario affascinante che commuove e anima il visitatore. La sensazione del ritorno a un vissuto che lentamente ci risveglia in un gioco di luci e ombre, siamo ‘animali’ tra animali, in una caverna dalla quale bisogna uscire solo cambiando. Gli animali che l’artista ‘vede’ sono parte di un immaginario simbolico, apparizioni, memorie esperienziali di emozioni inconsce. Dopo tutto o, meglio, anzi tutto, siamo ‘animali’. Un mondo ‘selvaggio’ che va rivisto e rivissuto nella sua originarietà, dal quale bisogna ancora apprendere tanto, in termini di legge naturale e armonia. E allora, ecco che interviene l’artista che traccia una direzione, portando alla luce la bellezza di un’animalità sommessa. E nell’abisso dell’inconscio, per destare quel senso sopito, l’artista disegna ‘sul nero’ di quella carta una possibile via, una visione vicina e oltre. Nell’Opera ci dona il suo progetto immaginario, percepiamo qualcosa che al momento non comprendiamo, a cui però sentiamo di appartenere. Lo svelamento dell’evidenza, dell’esistenza non vista, della nostra vera natura primordiale, eppure naturale, semplice, libera. 

There is an Elephant in The Room risulta un percorso espositivo immersivo, non solo per l’intensità del luogo ospitante ma, per la natura stessa delle opere, un bestiario variegato ed esotico con il quale entrare in profonda relazione e riconoscere ciò che di diverso, naturale e animale è in noi. Lo spazio Molini, dove in origine era collocato l’antico mulino del Pastificio Cerere, si configura, nella sua originaria funzione industriale, come luogo paradossalmente naturale; una sorta di ‘rifugio-caverna’ atto a sondare territori intimi sconosciuti, attraverso apparizioni e visioni che l’artista mette in opera, lavori installativi su carta carbone di medio e grande formato e una video animazione del 2013 che dà il titolo alla mostra. Tessere segniche riunite come mosaici naturali che si stagliano nella penombra di un ricreato ambiente selvatico, un mondo animale che agita e sollecita l’esplorazione di privati labirinti. 

Ecco cosa ci riferisce l’artista in merito alla scelta degli animali, soggetti dei suoi lavori, e allo spazio espositivo per la messa in Opera.

Gli animali della mia mostra non sono stati scelti nel senso stretto della parola, perché è come se mi fossero apparsi. Forse l’apparizione era avvenuta dopo che, in un certo senso, li avevo scelti. Pensavo agli animali che mi avevano più affascinata in sud Africa dove l’anno precedente mi ero recata in più di un viaggio e dove ne avevo visti e conosciuto l’esistenza, di alcuni che mai avevo visto o sentito, neanche nei libri o negli zoo. 

In merito allo spazio espositivo, la prima volta che ho visitato le stanze dello Spazio Molini della Fondazione Pastificio Cerere stavo cercando uno spazio dove esporre un altro progetto a cui stavo lavorando, ma quando sono entrata in una di quelle stanze buie con le pareti di tufo nero ho subito pensato che il video disegno animato dell’elefante che da il titolo alla mostra e che avevo realizzato nel 2013, avesse finalmente trovato la sua collocazione. Ho pensato di proiettarlo direttamente sulla parete di tufo, perché quelle onduline richiamavano quelle profonde rughe che si creano sulla pelle dell’elefante. Quella video animazione in stop motion è ispirata a un elefante che avevo visto nello zoo di Roma mentre si grattava la schiena contro la parete di una grotta. Mi piaceva quel movimento ondulatorio: pur essendo legato a una sensazione di probabile fastidio che l’elefante stava provando, mi era sembrata un movimento così ipnotico nella sua combinazione simultanea di movimenti di parti del corpo, diverse in un ritmo che sembrava a una danza del corpo della proboscide e delle orecchie. Sono riuscita a filmarlo col telefonino, in seguito ho ricavato tutti i frame che scompongono il suo movimento e li ho ridisegnati singolarmente tralasciando la grotta e isolando la figura dell’elefante. C’è anche un pavone gigante che occupa quasi interamente la prima stanza. Da tempo stavo pensando al pavone come all’animale che con tutti quegli occhi nelle penne rendeva più di ogni altro quella sensazione che gli animali ci osservano. Spesso quando sono allo zoo, ma soprattutto quando mi è capitato di camminare in parchi safari in Sud Africa, avevo notato come gli animali mi osservassero ed era perturbante la sensazione di non capire cosa ci fosse dietro quello sguardo, che non sentivo minaccioso, ma che non sapevo tradurre in un’intenzione o in uno stato d’animo che potessi riconoscere. Era come se inaspettatamente mi trovassi ad essere percepita come animale io stessa da alcune antilopi o da certi impala e dalle giraffe, e mi sembrava forse di essere un animale buffo o anche un po’ sciocco ai loro occhi.

Marta Roberti, There Is An Elephant In The Room, video disegno animato con disegni su carta carbone, proiettato su tufo nero, loop. Installation view at Spazio Molini, Fondazione Pastificio Cerere. Crediti Giorgio Benni

Pertanto, un’atmosfera quella che la Roberti ricrea che condensa la diversità e l’esotismo di un’esperienza personale e artistica che ci porta a viaggiare nel suo ricordo (che diventa insieme ‘nostro’), in un’altra dimensione, un altrove selvaggio. La sensazione è di essere parte di un rituale che ci rammenta il dimenticato, il vissuto, l’essenza della nostra vera natura. Gli animali presenti, dal pavone all’elefante, sono simboli vibranti che ci riconnettono al loro profondo significato che ritroviamo in differenti tradizioni, religioni e culture. Un simbolismo animale che ci permette una lettura intensa in merito all’iter tracciato dall’artista. E allora, in questo spazio ‘primitivo’, tra oscure rientranze e tubature serpentine, viene alla luce un bestiario di meraviglia, all’interno del quale vivere storie e segreti della natura e comprendere la varietà di un mondo diverso, non umano, eppure profondamente connesso a un tutto unico. 


Fondazione Pastificio Cerere – Spazio Molini
Via degli Ausoni 7 – Roma
There is an Elephant in the Room di Marta Roberti
a cura di Manuela Pacella
Mostra chiusa il 10 gennaio 2021