Nel 1940 Giacomo Balla scrisse: “Se mi guardo nello specchio m’assomiglio, se mi guardo nell’interno non m’assomiglio”, poi, nel 1943 aggiunse “Sbagliatissima affermazione”. La frase mi destabilizzò e ho fatto questa riflessione: A distanza di ottant’anni dalla fine del Partito fascista si continua a etichettare questo o quell’altro pittore come fascista, penalizzando il mercato e l’autorevolezza della Storia dell’arte.
Per la verità questa pratica denigratoria è anche oggi di attualità in Parlamento dove, in alcuni momenti, si trascende in diatribe degne del Bagaglino*, penalizzando lo svolgimento della vita democratica del nostro Paese.
È vero, sono stati tanti gli artisti che durante il periodo fascista hanno ricevuto prebende dal regime, facendo gli artisti però, non i fascisti; la scelta per loro sarebbe stata quella di morire di fame o andarsene in esilio volontario come è avvenuto con Corrado Cagli.
Ovviamente non dico che non c’era un popolo che inneggiasse a Mussolini, ma trovare un artista di fede fascista era proprio difficile, come trovare un ago nel pagliaio.
Di sicuro non sono stati di fede fascista i pittori Fontana, Scarpitta, Guttuso, Maccari e Mafai, per citare solo alcuni nomi di artisti costretti a stare vicini al Partito fascista ma che hanno preso le distanze appena hanno potuto.
Per queste ragioni prima di etichettare qualcuno fascista, in particolare un artista, bisognerebbe conoscere la sua storia, e se nella sua biografia trovassimo tracce fasciste, potremmo parlare di fascismo di necessità.
Tutto questo perché un vero artista per definizione filosofica non può essere fascista o comunista, in quanto in entrambi i casi si ha preclusa l’indipendenza mentale, una condicio sine qua non per essere artista.
Quindi trovo gratuita ogni forma di speculazione sull’argomento e per questo lascio l’esercizio della polemica a chi lo fa per mestiere, io preferisco occuparmi d’arte che non è quella cosa che molti definiscono “la bellezza” ma la “bellezza sconosciuta”.
Ah! dimenticavo la solita citazione, in questo caso vado in prestito dall’”Osservatore Romano”: “L’ironia della sorte vuole che il grandissimo Balla subisse l’ostracismo della cultura di sinistra fino agli anni Settanta. Considerato futurista, quindi automaticamente fascista, morì povero e quasi dimenticato. Mentre un personaggio come Guttuso veniva portato in trionfo sia come eroe della Resistenza – anche questo è tutto da dimostrare – che come geniale rappresentante del Realismo socialista. Tendenza che si oppose con beffe e lazzi all’arte d’avanguardia. Per fortuna la nemesi storica esiste e oggi Giacomo Balla è uno degli artisti italiani più noti e valutati nelle case d’asta di tutto il mondo, mentre Guttuso resta un fenomeno solo italiano” (Sandro Barbagallo).
Un chiaro esempio di chi è bravo a vincere le battaglie per poi perdere le guerre, alla maniera di come è stato con gli artisti di “Forma 1”, che sono passati da artisti che facevano scarabocchi (Togliatti) ad artisti acclamati in tutto il mondo.
*Teatro romano, oggi chiamato Salone Margherita, dove si fa cabaret.