La certificazione di date inedite da parte della Gnamc, rispetto a quelle dubbie da bibliografie degli studiosi universitari di riferimento – per lo più in mancanza di prove del colore –, ma soprattutto la immotivata retrodatazione, sul catalogo della mostra, che diviene attestazione pubblica del Museo di Stato anche sulle didascalie, ha grande potenza di autenticazione e aumenta in modo esponenziale il valore commerciale delle opere.
Nella mostra Il tempo del futurismo alla Gnamc vi sono didascalie inspiegabilmente antiscientifiche che sembrano delinearsi quali abuso di potere finalizzato a favorire amici, galleristi e intermediari delle opere, come paventato già da “AMICI MIEI” – nella puntata di Piazzapulita del 19.12.2024.
Dalla corrispondenza con Osanna e Simongini emerge che queste scelte sono riferibili a Cristina Renata Mazzantini. Molte di queste didascalie appaiono gravemente fuorvianti e ingannevoli. Gli accordi con i galleristi relativamente ad alcune opere, contrastati dai curatori scientifici con mail argomentate, sono stati eliminati, a quanto pare, per avere campo libero. Risulta addirittura che una delle collezioniste amiche abbia spinto per la rimozione del co-curatore e di un membro del Comitato scientifico. Il curatore Gabriele Simongini, con una lunga e qualificata carriera curatoriale, ha provato a condurre con correttezza professionale la gestione delle opere.
La consapevolezza della Mazzantini è documentata da varie mail in possesso dei curatori e si stanno valutando profili legali di truffa al pubblico pagante e danni scientifici.
Ciò che ormai è chiaro è che la Mazzantini usa ricorrentemente il suo metodo sopraffattivo, strumentalizzando il potere che la politica le conferisce. Quando qualcuno la intralcia nei suoi piani viene tagliato subito fuori: così la mostra si ritrova senza Comitato scientifico proprio come il Museo, il cui Comitato scientifico si è dimesso in segno di protesta alla sua denunzia di 40 dipendenti della Galleria Nazionale che avevano osato dissentire sulla eclatante politicizzazione del museo stesso, contraria ai più basilari principi di politica aziendale inclusiva.
Come la Mazzantini ha dichiarato a Piazzapulita, “non vedo il problema che il Comitato scientifico si sia dimesso”: senza comitato scientifico, è possibile prendere decisioni incontrastate. Lo ha fatto, ad esempio, con la scultura di Boccioni Forme uniche. Non appena la proprietà ha osato documentare quello che appariva un banale errore di traduzione nella didascalia, l’opera è stata punitivamente rimossa, poi ripristinata, movimentata arbitrariamente senza assicurazione. Solo ora, dopo ciò che sembrava senza logica, stanno emergendo i motivi reali, anche comparativamente alle dinamiche delle altre opere.
La lista delle opere retrodatate in didascalie ingannevoli si allunga:
- Enrico Prampolini “Béguinage” dipinto polimaterico dell’amica di Lugano, la gallerista Danna Olgiati, in mostra è retrodatato di trent’anni facendone accrescere enormemente l’importanza. La didascalia fuorviante lo data al 1914 quando è del 1944 ca. È risaputo che Prampolini eseguiva i polimaterici solo negli anni ’40. Con mail del febbraio e luglio 2024 Giancarlo Carpi documentava al curatore le criticità dell’opera, suggerendo di non prenderla; a luglio rilevava per lo meno la necessità d’inserire almeno il punto interrogativo sulla data come nella mostra al Palazzo Reale di Milano del 2009. L’opera era stata esclusa dalla monografia del 1992 di Crispolti edita dalla Quadriennale e dal libro di Lista “Prampolini futurista europeo”. Carpi è stato fatto fuori e il problema è stato così risolto;
- Enrico Prampolini “Simultaneità di ritmi” dipinto su masonite, è datato 1919, quando la produzione della masonite è iniziata 10 anni dopo nel 1929, e in Italia veniva prodotta la faesite, identico materiale composto da fibre di legno pressate, solo dal 1936;
- Gino Severini “Dinamismo di forma luce nello spazio” datato nella didascalia in mostra e catalogo 1912, mentre nel catalogo scientifico di Daniela Fonti è datato 1913-1914, con punto interrogativo perché la studiosa esprimeva nel testo di riferimento riserve: non può essere del periodo futurista riferendosi agli anni ‘40, come puntualizzato da Bensi.
- Giacomo Balla, “Canto Patriottico in Piazza di Siena”, della Fondazione Roma (dove lavora Simongini), è segnalato come 1915 senza la cautela del “circa”. La studiosa Elena Gigli rilevava che non poteva essere attuata la prova di colore perché il quadro era stato lucidato dal gallerista Russo e metteva il punto interrogativo. Eppure, risulta una mail di Carpi a Simongini datata 18 luglio che spiega “potrebbe essere anni ‘30” e che necessita l’introduzione dubitativa del circa;
- Giacomo Balla “Linee di forze mare – mattino” presentata dal Gallerista Russo come del 1919 circa (mail del 9 febbraio 2024), l’indicazione dubitativa spariva nella didascalia e nel catalogo. Si tratta di opera inserita dopo l’eliminazione del Comitato scientifico per questo non risultano comunicazioni oppositive degli esperti. L’opera è emersa solo negli anni ’90 quindi ha una scarsa storicizzazione che potrebbe mette in dubbio l’attribuzione all’artista;
- Giacomo Balla “Espansione di Primavera”, collezione Biagiotti; l’opera esposta è diversa da quella inizialmente richiesta in prestito, e non si può escludere che sia stata dipinta dalle figlie di Giacomo Balla, Luce e Elica, pittrici che entrambe imitavano il padre nel dopoguerra, quando l’artista era già morto; infatti il quadro è emerso da Casa Balla nel 1993.

Fabio Bensi nell’intervista rilasciata al Giornale dell’arte dichiara: ” le sculture di Boccioni, che già hanno destato inquietudini, non parliamone”, visti i bizzarri paradossi. Come noto agli studiosi, tutti i bronzi di Boccioni sono postumi, nessuno è stato realizzato dall’artista, quindi la data di fusione e le autorizzazioni sono indicative:
- Umberto Boccioni “Forme uniche della continuità nello spazio” coll. Bilotti è parte della tiratura realizzata in attuazione alla volontà di Filippo Tommaso Marinetti del 1933; autorizzata dalle eredi e certificata da Ala Marinetti davanti al notaio con la supervisione scientifica di Maurizio Calvesi, che l’ha schedata e pubblicata nel catalogo generale. Esposta in molte mostre dal Governo italiano tra le quali quella dell’ONU e di molte altre sedi istituzionali. Deriva dal gesso primario integro, attraverso il procedimento tecnico dal bronzo finito di Paolo Marinotti oggi nel Liechtenstein. Surmoulage, è lastessa tecnica e stessa derivazione della tiratura “La Medusa”, differisce per l’anno di realizzazione, nel rispetto della legge sui diritti d’autore e sull’autorizzazione dei Marinetti. Per il resto dal punto di vista del tecnico della realizzazione equivale all’esemplare schedato nel catalogo Christie’s New York 11.11.2019 n 17658 pag. 107, il cui risultato d’asta vincola all’esclusività inducendo a delegittimare le altre per non sminuirne la rarità di quanto battuto in asta. L’unico motivo delle vessazioni che “Forme uniche ” in mostra ha subito sarebbe riconducibile a motivi commerciali, cioè non andare ad intaccare una battuta milionaria. Infatti, quando ho chiesto spiegazioni ad Osanna il pomeriggio dell’inaugurazione, sulla didascalia concordata sulla scia di A casting history of unique forms of continuity in space (pag 107 catalogo Christie’s) mi ha risposto che l’esperta aveva detto che erano cose diverse senza spiegare in cosa avrebbero differito. Invero, la tiratura “La Medusa” per la mancata autorizzazione delle Marinetti, anzi contraria alle statuizioni contrattuali tra Marinetti e Marinotti, è stata contestata come risulta dalla pubblicazione specifica di Rosalind Mc Kever Posthumous Art, Law and the Art Market: The Afterlife of Art. New York nel 2018 a pag. 136 che invece inquadra giuridicamente e dal punto di vista della legittimità proprio l’esemplare ritirato dalla mostra (legal advice contrari: 11.4.1970 l’avv. Giorgio Moscon rilevava: “l’opera di Boccioni è ancora soggetta alla tutela della Legge sui diritti d’autore (22/IV/41 n.633) l’art. 25 per la durata della esclusiva dei diritti di utilizzazione economica dell’opera a favore degli eredi Boccioni o dei cessionari dei diritti da parte degli stessi eredi”. Profili negativi rilevati anche da Albert Elsen, B.C. Holland, Inc. Sylvia Hochfield e da Thomas T. Solley, direttore l’Indiana University Art Museum e di Chicago). L’opera Christie’s era stata bocciata anche nel catalogo della retrospettiva al Metropolitan Museum of Art di New York del 1988 a pag. 216: “Other examples of this important sculpture cast in the 1960s directly from one of the bronzes, do not have thrust and stylistic elegance of the original”, ed era stata esclusa dal catalogo generale del 1983;
- Umberto Boccioni “Sviluppo di una bottiglia nello spazio”, la didascalia dell’altro bronzo postumo in confronto al bronzo “Forme uniche” risulta ingannevole in quanto non deriva da un gesso integro ma da una ricostruzione profondamente levigata di frammenti di gesso riassemblati realizzata da Marco Bisi, rincollando quanto era riuscito a raccogliere nella discarica dalla discarica di Acquabella a Milano nel 1927: “una scultura futurista è impossibile da ricostruire perché mancano punti di riferimento”.
- Due pesi e due misure che risultano altamente lesivi, antiscientifici, antistorici, anti-documentali. Rifiutata la didascalia offerta gratuitamente da Rosalind Mc Kever del Metropolitan di New York che ha dedicato molti studi ai bronzi postumi.
Non solo le didascalie sono ingannevoli, ma lo è anche il Catalogo della mostra. Nel sito del Mic cultura.gov.it sul link scheda del catalogo Treccani risulta: “il volume presenta le immagini delle opere esposte”. Invece, sono pubblicate e valorizzate economicamente opere che non sono in mostra come Piero Gilardi “Sassi pulsanti” 1999, Lamberto Pignotti “Il mio tormento e il loro mito” 1965, Gilberto Zorio “Senza titolo” 1967, Umberto Mastroianni “Senza titolo” 1969 ca. Invece sono state penalizzate altre in mostra dove non c’è interesse anche se nell’elenco ufficiale del ministero, non pubblicate nel catalogo: Antonio Rubino “Sedia”, Antonio Rubino “Il bimbo buono”; Luciano Fabro “Italia Balla”; Antonio Fiore “gilet”; Mino delle Site “Volto di Marinetti”.
Sembrano occultati i criteri di utilizzo dei soldi pubblici, la cui spesa dovrebbe essere trasparente e leale verso i contribuenti:
- fee ai privati, con mail ai curatori scientifici Mazzantini dichiara che non li avrebbe dati, mentre alla Fondazione Primo Conti per solo due opere Mazzantini, con determina del 22.10.2024, accordava € 500.000 di fee;
- parcelle quella di Osho il 19 dicembre 2024 Mazzantini dichiara “non lo paghiamo”, ma poi incastrata “quanto non posso dirlo”;
- danni alle opere “Antigrazioso” il danno si è verificato mentre la ditta che ne aveva l’incarico la stava spostando” dichiarava il curatore, ma la direttrice lo smentiva: ciò è accaduto sotto la sua responsabilità “durante la revisione conservativa preliminare”. Quello alla scultura “Forme uniche” movimentata di continuo senza copertura assicurativa e sprovvista del Condition report in entrata e in uscita dal museo, come previsto dalle direttive del Ministero della Cultura per la trasparenza e garanzia di tutti.
Le dinamiche all’interno della GNAMC sono suonate talmente gravi e macroscopiche da essere trattate dalle testate internazionali: dal New York Times, da le Figaro, da Mowmag, da The Times. … E tuttavia la fedeltà politica al regime “perché la destra è contro le bugie della politica” viene premiata incondizionatamente con grave colpa del Governo.
La richiesta di proroga per la mostra “Il tempo del futurismo” alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma pare stia incassando dinieghi. Vi sono difformità rispetto la “Scheda requisiti di sicurezza” della Gnam del 2023 inviata con la richiesta di prestito: sono infatti venuti a mancare i requisiti essenziali elencati al capitolo 3: Sistema di sicurezza antintrusione (Security), specifica al punto 3.2 le prescrizioni relativi ai “vetri di sicurezza finestre – ai sensori su finestre per la protezione perimetrale e per la “segnalazione di avvicinamento alle opere con dispositivo acustico locale e allarme in Sala Controllo”.
Per quanto riguarda la scultura di Umberto Boccioni, “Forme uniche della continuità nello spazio”, ritirata dalla mostra, si poteva invece liberamente toccare e danneggiare, nell’indifferenza della direzione, senza che i segnalatori di avvicinamento entrassero in funzione, non vi era alcuna protezione neanche assicurativa né Condition Report in entrata e in uscita dell’opera dal museo, come previso dalla “Guida per l’organizzazione di Mostre d’arte” del Ministero Cultura del 2000, vetri rotti (oltre che sporchi), infissi arrugginiti staccati dall’ancoraggio alla muratura, cavi sconnessi e sensori staccati.
Il tempo del futurismo è incarnato dal 1915 dalla Marchesa Luisa Casati, la “Divina marchesa” musa e mecenate dei Futuristi, che ne sostenne la causa e si fece promotrice del movimento sovvenzionandone le pubblicazioni e acquistandone le opere. Le viene dedicato il “Manifesto della danza futurista” stilato da Marinetti nel 1917. Nel libro Alcova d’acciaio di Marinetti viene descritta la sua casa romana dove figurano esposti tre complessi plastici di Umberto Boccioni acquistati direttamente. Ritratta dai futuristi Balla, Carrà – il ritratto era esposto in permanenza vicino l’Antigrazioso ma la Mazzantini l’ha rimosso dalla mostra, alcuni all’interno della Galleria dicono perché teme il malocchio. Forse però i guai non derivano dalle piume del pavone nell’acconciatura della musa dei futuristi, ma dalla prevaricazione illimitata che sta creando danni al Museo e al Governo.