Austin Osman Spare, Satyr and Dead Baccha, 1921, xilografia di William Michael Roberts Quick, da «Form» volume I, n. 2 (novembre-dicembre 1921).

Mostri. La dimensione dell’oltre.

Mostri. La dimensione dell’oltre al Museo Civico di Crema è in programma fino al 12 dicembre 2021. La curatrice Silvia Scaravaggi ci racconta il percorso e le opere.

La rassegna espositiva Mostri. La dimensione dell’oltre, che ho curato per il Museo Civico di Crema e del Cremasco, è una raccolta di 112 opere su carta, tra grafiche, libri e illustrazioni, dedicate alle figure del mostruoso nella letteratura e nell’arte, dall’Ottocento fino a oggi, molte delle quali prestate dallo storico dell’arte Emanuele Bardazzi che ha avuto un ruolo chiave nello sviluppo dell’esposizione e nella stesura del catalogo.

Il percorso della mostra si muove su due linee – un filone fantastico-onirico e un filone simbolico-esoterico – e indica, con l’immediatezza dell’iconico satiro di Austin Osman Spare, straordinario artista inglese, in Italia ancora troppo poco noto, i riferimenti a cui tutto l’itinerario espositivo guarda. La riflessione condotta è strettamente legata all’importanza del mostro nel rendere l’uomo consapevole della presenza di un’altra dimensione. 

Iniziando da quella che formalmente è la parte conclusiva dell’esposizione, se non altro per una questione di ordine cronologico, desidero mettere l’accento su tre degli artisti contemporanei presenti  – Agostino Arrivabene, Edoardo Fontana e Francesco Parisi – che, pur nella spiccata diversità, condividono una comune ispirazione: giungendo ognuno a risultati estremamente singolari, personali, non confondibili, radicano la loro ricerca nella più tradizionale ispirazione artistica tracciando una linea che attraversa Umanesimo, Primitivismo e Simbolismo. 

Edoardo Fontana, xilografo che incide di norma legno di filo, si avvicina nelle proprie opere a una resa iconica dei soggetti. Egli ritrae prevalentemente corpi che dialogano con una narrazione che pare assente ma è resa manifesta da simboli suggeritori. La linea è spesso asciutta e nitida, e si fa portavoce di un’arte che non ricerca l’ornato bensì la sintesi. Fontana si confronta con il mito, con figure simboliche della storia, e talvolta si avvicina al racconto in chiave esoterica o orrorifica. Due dei suoi punti di riferimento letterari sono Robert Louis Stevenson ed Edgar Allan Poe. Espone, tra le altre opere, la xilografia Salomè (2021), ultima della serie, caratterizzata dai più mostruosi connotati: è la flaubertiana e huysmansiana eco che la investe e la rende una principessa senza umanità pronta a chiedere la decapitazione del Battista per capriccio, per noncuranza. Eppure, neanche nel trionfo della perfidia, Fontana le concede molti ornamenti: è sufficiente lo sguardo altero e la posa sfidante per renderla icona del proprio male, per una volta sola, accompagnata dalla orchidea che la caratterizza quale eterna portatrice di morte.

Sono due i cicli relativi a Salomè avviati e in corso di realizzazione dai due artisti Fontana e Francesco Parisi, entrambi xilografi, che non a caso hanno parallelamente ingaggiato un discorso attorno al tema, alimentando l’interesse per lo sviluppo di una nuova figurazione e per la riflessione attorno all’arte dell’incisione, e nello specifico della xilografia. In mostra è esposta anche la prima e inedita Salomé (2021) del ciclo di Parisi. È una giovane donna spietata e aristocratica, una principessa sdegnosa, circondata da pavimenti decorati e gioielli, e i suoi gesti appaiono come disturbanti atteggiamenti parte di un gioco, incurante delle conseguenze e apparentemente priva di qualsiasi forma di compassione. Ella posa nuda portando a sé, in un abbraccio, la testa decapitata di Giovanni, mentre un levriero ne annusa l’afflato di sangue. A differenza di Fontana, la Salomè di Parisi è caratterizzata da raffinati dettagli che ne descrivono la figura e i luoghi circostanti tracciati dopo una attenta ricerca che la collocano in un preciso contesto storico.

Il mito è un pozzo inesauribile di mostruosità, e in questa zona d’ombra, popolata di creature traghettatrici di simboli, in un subcosciente nutrito di insolito, si situa l’opera di Agostino Arrivabene. Artista visionario, simbolista, primitivo, condivide con Parisi e Fontana un approccio antimoderno come rifiuto del banale, dell’ovvio, qualità che lo pone al di là dell’ambito meccanicistico del sistema dell’arte. Siamo in una dimensione riflessiva, contemplativa, esplorativa del mistero di vita, natura e morte: studio per le Graie, realizzato nel 1988 quando Arrivabene ancora frequentava l’Accademia, è un emblematico disegno anticipatore della potenza visionaria dell’artista. La sua attenzione è rivolta a trovare un filo conduttore tra la poetica del passato e la ricerca della bellezza, nella contraddittoria realtà del presente e le sue opere sono pregne di una carica visionaria. I temi del male, della morte e del dolore permettono al soggetto di entrare in contatto con realtà surreali, in uno stato di transizione. 

Nell’esposizione il percorso di conoscenza del mostro ha inizio nella seconda metà dell’Ottocento e celebra quello straordinario momento di fervore artistico e culturale capace di valorizzare come mai prima e, forse, mai in seguito, la fascinazione dell’invisibile, dell’irrazionale, dello sconosciuto, ma come questi artisti contemporanei dimostrano la cultura e l’arte si nutrono di continuo cambiamento e superamento, alcuni artisti hanno la forza e la costanza di sradicare ideologie, guardare oltre le consuetudini della loro epoca. 

Esemplari in questa direzione, nell’Ottocento, furono i contributi di Johann Heinrich Füssli e di William Blake, due artisti che precorsero i tempi, introducendo temi che saranno al centro dell’arte simbolista, surrealista ed espressionista oltre un secolo dopo. In mostra, accanto a Spare, nell’altezza dei risultati raggiunti, Marcel-Lenoir e Albert Welti, i fiamminghi James Ensor, Félicien Rops, Charles Doudelet. Centauri, sirene, streghe, spiriti e danze macabre popolano le pareti nelle immagini di incisori italiani e stranieri quali Raoul Dal Molin Ferenzona, Antonello Moroni, Marcel Roux, Carl Schmidt-Helmbrechts, Giulio Aristide Sartorio, Julius Klinger, František Kobliha, Francesco Nonni

Tra i libri sono esposti gli esemplari Tales of Mystery and Imagination di Edgar Allan Poe e il Faust di Goethe, entrambi illustrati da Harry Clarke, Il castello del sogno di Annibale Butti illustrato da Alberto Martini, Manhood di Ralph Nicholas Chubb e Goblin Market di Christina Rossetti con le illustrazioni di Arthur Rackam, Der Golem di Gustav Meyrink illustrato da Hugo Steiner-Prag.

Nella dimensione del sogno e della fantasia si incontrano le straordinarie figure selvagge di Maurice Sendak che negli anni Sessanta del Novecento pubblicava Where the Wild Things Are, i suoi mostri erano creature che riportavano a una origine selvatica e libera nella loro essenza. Accanto a questo straordinario capitolo dell’illustrazione contemporanea, Post-it Monster di John Kenn Mortensen e L’Ospite Equivoco (The Doubtful Guest) di Edward Gorey, Nicoletta Ceccoli che racconta l’oggi attraverso le rappresentazioni di personaggi delle fiabe o del mito, con i corrispettivi mostri, Matteo Giuntini che sovrappone strati di significati e colore, e Jacopo Pannocchia, artista marchigiano, che emerge con il suo cupo immaginario fatto di ibridazioni tra esseri viventi.