Giorgio Marconi e Mario Schifano, Studio Marconi, Milano 1966 Fotografie Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas. Tutti i diritti riservati

Mario Schifano TUTTO nelle carte… 

Fondazione Marconi e Gió Marconi presentano, dal 22 settembre al 4 novembre 2023, Mario Schifano TUTTO nelle carte…, un’importante retrospettiva realizzata con il supporto dell’Archivio Mario Schifano, e a cura di Alberto Salvadori, che intende gettar luce sull’ampia e variegata produzione di opere su carta degli anni Sessanta di Mario Schifano.

Tutto è il nome della mostra di Mario Schifano organizzata nel 1963 alla Galleria Odyssia di Federico Quadrani a Roma. Ma Tutto è anche l’occasione in cui il giovane Giorgio Marconi, ex studente di medicina, figlio di corniciaio, conosce quell’artista che Goffredo Parise avrebbe descritto come “un uomo di trent’anni, di tipo sommariamente mediterraneo, se non arabo. In riposo il suo corpo, alto circa 1 metro e 70, visto da angolazioni e distanze diverse, rivela innanzitutto un languore felino, innocente e attonito. Come un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto”. (Parise, 1965)

Tutto è il momento in cui Giorgio acquista le prime opere di Schifano, quel “bambino che voleva tutto e subito” (Marconi, 2004) a cui dedicherà, solo due anni dopo, la mostra inaugurale del suo primo spazio espositivo, lo Studio, nato al posto della bottega del padre in via Tadino 15 a Milano.

A distanza di sessant’anni, Fondazione Marconi e Gió Marconi presentano in quella stessa via Tadino 15 un’importante retrospettiva dedicata alle opere su carta realizzate da Schifano in quegli stessi anni Sessanta, significativamente intitolata Mario Schifano TUTTO nelle carte…

In effetti per Schifano tutto confluisce nell’opera e l’opera è tutto, e le carte non fanno eccezione. Disegna, dipinge, produce incessantemente, indifferentemente dal supporto: tele, plastiche o carte. È così che la selezione di opere su carta in mostra da Marconi finisce per ricostruire il complesso bagaglio visuale di un artista vorace di immagini, in costante ricerca di stimoli, schiavo della sua stessa curiosità. Un “archivio in divenire”, come lo definisce il curatore Alberto Salvadori, che testimonia la percezione di un artista che sentiva il mondo muoversi attorno, in continua evoluzione, sempre più mediato da “mezzi di massa”.

“Comprava una decina di riviste internazionali che non leggeva, teneva accesi diversi televisori nella stessa stanza, viveva in un flusso di informazioni in movimento”. (Marconi, 2004) 

Se è vero che il disegno è la “mappa geografica” del pensiero di un artista, nel caso di Schifano, in cui vita e opera coincidono, è anche la bussola per orientarsi in un corpus produttivo notoriamente complesso ed eterogeneo: dai primi anni del monocromo, passando per la fascinazione e le influenze pop (sempre inteso da Schifano nel senso di “popolare”, come nel caso delle pitture di strada), le grafiche pubblicitarie, i segnali stradali fino ad arrivare alle tele emulsionate e all’opera Compagni compagni (1968), realizzata partendo da una fotografia dello stesso anno che immortala lavoratori cinesi armati di falce e martello.

La mostra, realizzata con il supporto dell’Archivio Mario Schifano e visitabile fino al 4 novembre 2023, accompagna la gemella Mario Schifano: The Rise of the ‘60s, esposizione inaugurale del nuovo padiglione espositivo dedicato Robert Olnick progettato dagli architetti spagnoli Alberto Campo Baeza e Miguel Quismond per Magazzino Italian Art a Cold Spring, New York.