Lo Spazio Sei di Pescara è teatro della personale di Lorenzo Aceto dal titolo Alba Adriatica. Articolato in una mostra che comprende opere recenti del pittore pescarese accompagnate dal critico di Daniele Capra, il progetto prende il nome dalla cittadina litoranea della provincia teramana che affaccia sull’Adriatico e allude ad un’idea di rinascita che l’artista traduce su una serie di tele, acquerelli, disegni su carta e opere video. Opere a tratti dal carattere espressionista, con colori vividi e innaturali, che rendono tangibili i pensieri e le ossessioni di Aceto. I contorni irregolari delle figure fanno sì che le opere dell’artista abruzzese siano ambivalenti e contraddittorie, la sua poetica affascinante e di difficile interpretazione, le scene rappresentate cariche di una tensione emotiva capace di valicare i confini del supporto pittorico.
Come si può passare nel giro di poche settimane da una condizione di malinconia e dolore alla sensazione di poter rinascere grazie ad una nuova vita? Lorenzo Aceto prova a spiegarcelo attraverso il racconto della sua storia personale, una storia di perdita e di scoperta, di lutto e di speranza. La dolcezza di una nuova vita a pochissima distanza dalla perdita dei genitori, un motivo per passare dalla nostalgia alla felicità e mischiare due sentimenti opposti. Il peso gravoso del lutto che comunque non permette di trovare immediata stabilità emotiva. Aceto svolge un’accurata indagine interiore, rievocando il proprio passato, le persone che ne hanno fatto parte e le impetuose vicende che, nonostante evochino un sentimento di letizia, pongono di fronte alla realtà della transitorietà di tutte le cose. Lo sguardo verso il passato è altresì ciò che, nella visione dell’artista, fa sì che l’essere umano sia tale, nella gioia e nel dolore, permettendogli di scavare a fondo nella propria interiorità e scoprire chi si è realmente.
L’opera di Aceto si fonde perfettamente con il suo vissuto. Ne è piena dimostrazione un video in Superotto che riprende la famiglia dell’artista mentre mostra le luci di un lampadario. Passato e presente divengono un tutt’uno in un’opera che, allo stesso tempo, sottolinea l’inconciliabilità delle due dimensioni temporali, separate da eventi che hanno tracciato una linea di demarcazione netta. Per trovare una qualche luce nel futuro, Aceto mette in primo piano le ombre del passato attraverso una pittura scarna e intensa. Il suo è un atto di responsabilità nei confronti del proprio trascorso personale, la celebrazione di memorie che resteranno per sempre indelebili. I lavori a carboncino esposti da Spazio Sei sono affiancati da dipinti a olio di grandi dimensioni e da acquerelli che, ancora una volta, mettono in risalto le pulsioni opposte che convivono nella poetica di Aceto. La raffigurazione dei soggetti prende le distanze da qualsiasi forma di enfasi rappresentativa, con la superficie pittorica segnata da taglienti segni neri che fissano le figure e colori eterei che si liquefanno.
Aceto mette in evidenza quell’idea di fragilità che, a partire da una riflessione sulla propria storia personale, può essere estesa più in generale alla condizione umana, al continuo alternarsi di pulsioni opposte che dà forma a quello che chiamiamo vita. Nelle sue opere, assoluto protagonista è il tempo – quello assoluto e quello dell’esecuzione dell’opera – che consente di poggiare nuovamente lo sguardo sulla vita, su memorie temporanee che continueranno a cambiare e a dare luogo a emozioni sempre nuove. Il filo conduttore della pratica di Lorenzo Aceto è quella figurazione essenziale resa possibile da taglienti pennellate sintetiche, nette, dalla rappresentazione di soggetti ricorrenti come natura e animali, sovente inseriti in contesti tetri e privi di vita e immersi in una condizione di solitudine. L’osservatore è invitato da Aceto ad una riflessione sull’io e sul rapporto con l’altro oltre che ad una vera e propria indagine interiore.