Benvenuto, 2022. Non vediamo proprio l’ora di viverlo, quest’anno speciale, che con le ultime due cifre del suo numero, specularmente rovesciate, ci offre un cuore. Se il 2021 è finito sulle note di Orietta Berti, il 2022 non poteva che iniziare con il rap delle sirene delle ambulanze e gli smadonnamenti dei tamponandi in coda. A giudicare dai dispacci, una marea montante minaccia di travolgerci. Ma potrebbe anche trattarsi di una di quelle mostruose onde dell’Atlantico – le ho sperimentate a Nazarè, svariate estati addietro, quando ancora era possibile viaggiare – che si alzano per decine di metri per poi planare dolcemente, come un palloncino sgonfio, sino alla riva dove giocano i bambini.
Alcuni esperti sostengono che, con questa diffusione esagerata, la pandemia potrebbe presto convertirsi in endemia. E in effetti, se la matematica non è un’opinione, a duecentomila positivi al giorno – che in realtà saranno molti di più – tendenti ciclicamente a raddoppiare, entro la fine di febbraio tutti o quasi ci saremo immunizzati.
Arte Fiera è saltata? Pensiamo positivo! Quando il virus non sarà che un raffreddore, potremo goderci la nostra arte in santa pace. L’importante è, come diceva Gustav Mahler, non “chinare il capo al passato”, non lasciare cioè che la nostalgia dei bei tempi che furono, in cui si poteva liberamente circolare, abbia la meglio sul nostro compito di “costudire il fuoco”. Un fuoco – l’arte, la poesia, l’amore per il bello – indomabile, cui non si può impedire di bruciare, ma che è possibile trasmettere, con precisi accorgimenti, alle generazioni future.
Uno di questi atti capitali lo ha compiuto ieri l’altro la regione Sicilia restituendo alla Grecia, con un prestito quadriennale rinnovabile, una porzione del fregio fidiaco del Partenone conservata nel museo Salinas di Palermo: il cosiddetto “Reperto Fagan”, frammento in marmo pentelico che raffigura il piede o della dea Peitho o di Artemide seduta in trono. Niente a che vedere con le grandi sculture della National Gallery o del Louvre, ovviamente. Ma non vi è chi non legga il gesto come un invito alla fraternità che, in tempi di ritorno al confronto serrato, anche violento, tra nazioni e, in piccolo, tra no vax e vaccinati, faremmo bene ad accogliere. E senza condizioni.