Abbiamo visto che l’architettura non ha mai abbandonato il ruolo che l’ha portata ad essere un fulgido strumento in grado di esprimere le peculiarità del professionista e l’identità del committente.
L’arte per secoli ha avuto gli stessi parametri, di derivazione classica, di bellezza e armonia, Leonardo docet, ma negli ultimi 150 anni sono stati via via disattesi. Tante le possibili cause, in primis i cambiamenti sociali, la crisi dell’espressione artistica e il diradarsi della Committenza che sancì la possibilità per gli artisti, tra i tanti Michelangelo, Raffaello, Brunelleschi o Canova di lavorare su specifica commissione. La distonia emerse a metà dell’Ottocento con la contestazione che l’arte non potesse essere appannaggio dei soli Accademici. La prima Accademia in assoluto fu istituita da Cosimo I dei Medici nel 1563 a Firenze, e voluta da Giorgio Vasari, segnò un vero e proprio spartiacque tra le corporazioni medioevali e la concezione di arte intesa come fusione tra mestiere e studio.
Gli Accademici col tempo in realtà divennero riferimenti molto forti e praticamente unici. Secoli dopo Il Salon des Refusès a Parigi catalizzò la ribellione dei tanti esclusi affermando che l’arte andasse vissuta come libera espressione dell’artista non più quindi legata a canoni precisi , concetto che il romanticismo avalló. Inoltre la nascita della psicoanalisi che si sostituì all’etica, il mercato che nacque ai primi del Novecento furono altri elementi dirompenti. Come i Refusés altri gruppi iniziarono quel percorso che porterà poi l’arte tra alti e bassi all’affermazione di parametri diversi nella definizione del termine artista. Oggi vediamo prevale la mentalità che premia chi balza all’attenzione dei media, abbreviando così la visibilità ma non il cursus.
I Dada esaltarono questi aspetti tanto da creare l’anti-arte, usare la provocazione fino alla scandalo come scorciatoia per finire sui giornali. Seppure non sia questo l’ambito per parlarne, questo vuol essere un rapido volo dalla “ Fontana” di Duchamp l’orinatoio rovesciato, a De Dominicis, che espose un essere umano afflitto dalla sindrome di Down alla Biennale, Adolf Loos con il suo manifesto Ornamento e Delitto o Salvador Dalì che univa alle sue indubbie doti artistiche uno spregiudicato uso della pubblicità riverberata dalla sua vita privata, o usare icone famose con Andy Warhol dalla Marylin a Mao Tsè Dong tempi piu recenti addirittura considerare arte il cane alla catena condannato a morire di sete, tante sono le scorciatoie appunto per la notorietà. L’atto di bucare in qualsiasi modo lo schermo è considerata arte. Per fortuna ci sono gli spiriti liberi ed eclettici che, e cito Giovanna Rotondi Terminiello, possono riconoscersi come artefici dell’Arte di Oggi.
Lasciando questo argomento così complesso e complicato, e sarei felice se diventasse motivo di dibattito, pare proprio che il fare notizia e quindi ottenere notorietà di rimbalzo sia parametro di “artisticità”. L’arte con il Romanticismo intraprende un percorso tautologico, autoreferenziale, pseudo psicologico, soggettivo, fino ad arrivare all’affermazione che tutto è arte, tanto che oggi stiamo assistendo paradossalmente a battute d’asta di opere inesistenti.
Jean Clair come Philippe Daverio fecero scorrere fiumi d’inchiostro sull’argomento e Angela Vettese ha scritto “L’arte si fa con tutto”.
Avvicinandoci finalmente a Pratt ci si stupisce quindi dell’ostracismo patito dal Fumetto che è arrivato recentemente, e non del tutto, ad essere accettato come forma d’arte.
Il fumettista poi è un professionista che si rapporta al Committente, un editore per lo più, lavora su incarico, come gli artisti storici, e quindi è assai lontano dall’immagine dell’artista incompreso diventato uno stereotipo dalla metà dell’Ottocento. Il suo lessico è tendenzialmente trasversale, in tanti casi assai colto e interattivo con i giovani, ottimi parametri questi se davvero l’arte ha il compito di parlare.
Doverose queste precisazioni prima di parlare della bellissima mostra dedicata dalla Fondazione di Palazzo Ducale a Hugo Pratt dal titolo “Da Genova ai Mari del Sud”. Ancora una volta la Città dei Cantautori si rivela ricca di creatività, e proprio qui nasce Corto Maltese e da qui riprende ora il viaggio verso i Mari del Sud.
Più di 200 le opere esposte che danno vita ad un percorso coinvolgente, integrato da un’originale multivisione che ci fa vivere in prima persona le avventure del protagonista, “l’avventuriero più amato di sempre”.
Ma chi è Hugo Pratt? Disegnatore, fumettista, poeta, pittore, curioso all’ennesima potenza, é scomparso nel 1995 è assolutamente naturale parlarne al presente data la sua grande attualità. Stregato dai grandi temi dell’umanità ha disegnato le sue storie grazie a un lessico che ha saputo estrapolare e tradurre le emozioni primarie comuni a ben vedere ad ogni essere umano come l’amore, l’amicizia, la paura, la cultura di appartenenza, le aspirazioni, i limiti, lo sgomento, l’avidità, la bramosia, le passioni e la curiosità
Le interpretazioni di questo figlio di Ulisse, veneziano nato per caso a Rimini, ma di radici mitteleuropee ed ebraiche, raggiungono un pubblico vasto ed eterogeneo.
Una famiglia speciale la sua e una nonna ancor di più che intuì e coltivò le sue doti. Al seguito del padre Hugo dal 1943 visse in Africa. La sua adolescenza é afflitta dal fascismo, dalla guerra, ma entra in amicizia con i soldati inglesi e le truppe locali, scopre il deserto, il silenzio del deserto dalle mille voci, i primi amori, le ragazzine, non solo bianche anche le splendide e slanciate donne somale ed etiopi.
La tragedia entra a gamba tesa nella sua giovane vita quando suo padre viene arrestato dai soldati inglesi che lo condurranno in un campo di prigionia da cui non tornerà mai. Esaudisce però il suo ultimo desiderio regalando al figlio, che ne verrà improntato indelebilmente “L’isola del tesoro” di Stevenson. Se Dio vuole anche la guerra finisce e Hugo con un gruppo di amici fonda una rivista modulata sui grandi disegnatori di Comics americani, l’ ”Asso di picche”, ma non gli basta… vuole viaggiare.
Si stabilisce in Argentina. Sono anni intensi tra feste, rugby, tango, biliardo, amori giovanili, il Jazz, l’amicizia con Dizzy Gillespie e la conoscenza della grande letteratura sudamericana da Borges a Lugones, Arlt e Dos Passos che conobbe in uno dei suoi viaggi in Brasile e gli altri viaggi, in Patagonia, in Cile, Caraibi, Guatemala. Fondamentale l’incontro professionale con un committente speciale , Hector Oesterheld, uno scrittore socialmente impegnato, grande sceneggiatore argentino. La vita convulsa non gli impedirà di mettere su una famiglia numerosa.
Rientrato in Italia per la crisi che colpisce l’Argentina, dove tornerà varie volte, le difficoltà economiche non mancano, ma arriva la grande svolta. Conosce Florenzo Ivaldi, l’imprenditore genovese che dà carta bianca alla sua fantasia. Nasce la rivista “Sgt.Kirk” e con questa la creazione nel 1967 del personaggio che l’avrebbe reso famoso: Corto Maltese a cui segue il capolavoro “Una ballata del mare salato”, il fumetto che si guadagna per la prima volta nella storia dei Comics la definizione di “Letteratura disegnata” e quel marinaio diventa un personaggio Cult non solo per quelli che amano il mare e l’avventura, ma soprattutto per tutti quelli che amano la libertà.
Arriva il grande successo, la notorietà quella vera, quella legata ai meriti artistici, si trasferisce a Parigi, Corto diventa un eroe seriale nella rivista che vende milioni di copie e “ le storie di Corto Maltese portano il marinaio in tutto il mondo, fra mari, deserti, steppe e giungle e il suo creatore non è da meno, dall’Africa al Canada, da Apia all’Isola di Pasqua gira il mondo in lungo e in largo. E insieme a Corto ci sono gli “Scorpioni del deserto” e “Jesuit Joe” , St. Exupery” che vola un’ultima volta nei cieli e Mü, l’ultima storia di Corto, quella che farà volare l’universo fantastico di Hugo Pratt verso il magnifico non-luogo di un continente scomparso.”
Si ritirerà a vivere in Svizzera dove porterà il suo mare.
Oggi che c’è posto per tutti, dal concettuale, alla transavanguardia, alla body art, alla street art, anche per l’opera che non c’è, c’è posto finalmente anche per il fumetto, e quindi anche all’arte come catarsi, armonia e nutrimento dello spirito, e quindi… ai posteri l’ardua sentenza!
Fondazione Palazzo Ducale Genova
Si ringrazia Marco Steiner