Intervista a Vito Ancona, performer alla mostra di Bruce Nauman “Contrapposto Studies” a Punta della Dogana, Venezia.

Terminerà il 27 novembre 2022 la grande mostra a Punta della Dogana, Venezia, dedicata all’artista americano Bruce Nauman (1941, Indiana, USA).

“Bruce Nauman: Contrapposto Studies”, è a cura di Carlos Basualdo, The Keith L. and Katherine Sachs Senior Curator of Contemporary Art al Philadelphia Museum of Art, e Caroline Bourgeois, conservatrice presso la Pinault Collection. La mostra rende omaggio a Bruce Nauman prendendo in analisi lo studio d’artista come spazio di lavoro e creazione, l’uso performativo del corpo e la sperimentazione sonora. La seguente conversazione indaga la relazione con lo spazio e la ripetizione in analogia tra la pratica performativa proposta da Nauman e la nostra condizione contemporanea. Vito Ancona è uno dei performers che in collaborazione con lo Studio Nauman riattiva le performances all’interno della mostra Contrapposto Studies. registrata in data 30 giugno 2021.

Marina Marquez: (…) Contrapposto Studies è curata in modo tale che ogni opera si inserisca in un discorso tutto basato sul contrapposto, a partire dal percorso della mostra stesso, che tu spettatore sei in qualche modo “costretto” a percorrere a zig zag, sei forzato a ri-tornare per andare avanti, in modo non lineare, ma segmentato. (…) L’ho notato nella frustrazione di dover passare più volte davanti ad un’opera che avevo già visto per visitare una nuova sala: devi ripassare dove sei già passato. La mostra stessa, viene fondamentalmente compresa nella ripetizione, nel viverla, sentirla e ripercorrerla, più volte. (…)

Vito Ancona: La ripetizione è un elemento che è presente sia nelle stesse opere che nella complessa struttura della mostra. (…) Nauman ad esempio riflette su questo anche attraverso la ripetizione delle parole. Pensando al linguaggio come ad un’ inevitabile gabbia semantica che chiude significati, si chiede se l’essenza dell’essere umano possa andare oltre questo e possa rivelarsi negli spazi intermedi.(…) Attraverso la ripetizione e la fatica si può raggiungere uno stato aureo, astratto, sia attraverso il corpo che attraverso il linguaggio.

MM: Abbiamo vissuto un periodo  dove la ripetizione di gesti in spazi stretti risulta come una questione familiare e pungente. Mi chiedo se nella ripetizione  sia possibile cogliere un’essenza che si estranea da quel che significa, ad esempio, svegliarsi, svegliarsi nella condizione di isolamento e lockdown che abbiamo vissuto negli ultimi due anni: svegliarsi tutti i giorni in un posto sapendo che quel posto non lo cambierai, non andrai da nessun’altra parte, e vivi la tua vita in modo estremamente ripetitivo, costretto in uno spazio e volente o nolente sarai costretto a creare la tua routine là dentro.

VA:Questa mostra era prevista prima del covid eppure si rivela iper attuale. (…) Ciò che trovo più curioso nell’emersione dalla condizione di quarantena, è la ricerca o creazione spasmodica di vie di fuga dall’immobilità.

MM: Atteggiamento tipico della retorica che abbiamo sempre subito, e che io non ho mai condiviso, con la quale non sono mai entrata in empatia: l’alienazione data dalla noia, dalla costrizione spaziale e dell’impotenza produttiva come giustificate fonti di sofferenza ed esasperazione. Pensa che per me è stata proprio questa costrizione, questa impotenza produttiva ad essere via di fuga dalla realtà che abbiamo sempre, fino a poco fa, vissuto. Delle dinamiche legate alla FOMO (Fear Of Missing Out) stavano rendendo la vita soffocante.

VA: Normalmente ci sono cose che facciamo ma che non ci fanno star bene.

MM: …ma le facciamo in automatico. Tornando alla mostra: la curatela e l’allestimento di Contrapposto Studies hanno privilegiato un minimalismo e un approccio meditativo agli spazi. E’ curiosa anche la scelta di evitare le opere più iconiche di Nauman, i neons eccetera, privilegiando invece gli studi che riguardano lo spazio, con grande attenzione anche allo spazio dello stesso studio di Nauman(…) La sala dedicata alle performances, che sarebbe, a logica, il luogo più caldo, con la presenza di corpi umani all’interno, rimane invece il punto dove il distacco dal lavoro di Nauman al pubblico viene più rimarcato. Le performances non manifestano visibilmente un rapporto tra loro, non c’è uno sguardo, non c’è un rapporto. E col pubblico men che meno, non può esserci un’empatia. (…) Il pathos della relazione in Nauman è completamente assente.

VA: Per la corretta realizzazione delle performances di Nauman questa mancanza d’empatia di cui parli è essenziale. Dal momento in cui non sei centrato davvero su te stesso e ti perdi invece nello sguardo degli altri, puoi perdere l’equilibrio. La costrizione in cui sei, va oltre quella fisica e riguarda anche la direzione dello sguardo, devi continuare a fissare il muro bianco, anche con mille persone che ti girano intorno, ed è questa la condizione in cui riesci davvero a concentrarti. (…)

MM: Voi performers avete lavorato in diretto rapporto con lo studio di Nauman, le istruzioni delle performances  sono state però trattate tenendo in considerazione il grado personale di interpretazione di ogni performer.. (…)

VA: Per la performance Bouncing abbiamo avuto i video a cui riferirci, essendo stata una performance filmata, mentre per la performance della sfera, dove l’istruzione recita “fai la sfera”, non esistono rappresentazioni visive di cosa intenda Nauman per sfera. In questo caso c’è stata quindi una più libera interpretazione. Il lavoro delle performances si è anche modulato molto tra tutti noi performers, abbiamo seguito uno il lavoro dell’altro cercando di seguire le interpretazioni migliori. Nelle istruzioni di Nauman il margine di interpretazione è minimo, quindi ogni minima sfumatura diventa possente. Per esempio nel caso della posizione della sfera si capisce che si dovrebbe stare rannicchiati ma non si precisa esattamente a cosa, noi abbiamo immediatamente pensato che si trattasse di stare rannicchiati sulle ginocchia.

MM: E’ stata un’interpretazione di gruppo e non individuale giusto? Voi come gruppo di performers avete interpretato le istruzioni e non è stato un lavoro individuale.

VA: I primi che hanno lavorato hanno senz’altro avuto più occasione di stabilire delle interpretazioni. I successivi performers si sono adeguati. Per la posizione sfera è stato diverso, un giorno una ragazza si è messa sul fianco e tutti l’abbiamo seguita.

MM: originariamente le performances sarebbero dovute durare un’ora, ma voi avete chiesto uno sconto, intervallando ogni mezz’ora.

VA: Abbiamo un quarto d’ora di pausa ogni mezz’ora.

MM: E come fate a sapere che ore sono? Che è ora di fare pausa?

VA: A questo riguardo abbiamo riflettuto sulla figura del guardasala. Ci siamo chiesti se anche il suo ruolo necessiti forse di una denominazione performativa. Il loro stare, spesso, entra in connessione con noi. Nelle istruzioni che ci hanno mandato dallo studio c’è scritto che i guardasala fanno parte della performance, perchè devono appunto intervenire per avvisarci di quando abbiamo finito.

MM: Nonostante abbiate chiesto di diminuire la performance a cicli di mezz’ora invece che di un’ora, si attua un distacco tra la mente e il corpo, tramite queste ripetizioni forzate?

VA: Sì. A volte capita che il pubblico passi e ci chieda se siamo finti o veri, se siamo dei manichini. E’ una sensazione che ho provato diverse volte. Non so se sia esattamente una fuga o un fenomeno attuato dalla ripetizione stessa. Il corpo va in automatico, come nel Bouncing, la spinta ti permette di non fare più sforzo, parti all’inizio e poi vai in automatoc, come per andare in bicicletta, e quando questo succede non sei più corpo, entri in uno stato simil meditativo, non pensi al pubblico. (…) Nauman riduce all’ennesima potenza per uscire dal corpo. (…) Per questo ti dico che le performances di Nauman trovo siano rivolte più a noi performers che al pubblico, perchè succede tutto al nostro interno. Con il Bouncing, e la camminata (che si chiama Untitled) questo stato si può percepire più facilmente rispetto alle Posizioni statiche, come quella della Sfera di cui ti parlavo, attraverso le quali si arriva all’estremo dell’impercettibile perchè l’istruzione è “immaginare di arrotolarsi su un punto centrale del tuo corpo (l’ombelico) e di sprofondare in basso, e con il cilindro di allungarti.” L’interpretazione si complica quindi, perchè l’allungamento si intende come azione fisica o immaginata? La linea che devo seguire per farlo è una linea che segue il mio baricentro o la mia posizione? Dall’esterno non c’è una differenza visibile: è tutto introverso. Anche se sei rannicchiato in un angolo puoi espanderti, e il pubblico dovrebbe percepirlo da te, anche se sei di spalle.

MM: Un privare che vuole però rivelare nel suo essere.

VA: A volte quando si ha davanti un altro performer (questo capita solo con chi si ha una speciale intesa) anche tramite il contatto visivo sembra comunque di non percepirsi. Con alcuni altri mi capita a volte come di entrare uno dentro l’altro perdendo la percezione del proprio stesso corpo e sentendosi uno con il corpo dell’altro: si va in parallelo o in contrapposto. Il corpo si svuota di significato e torna al suo grado 0; uno svuotamento di senso che acquisisce senso nell’essere e nello stare.