Fluxus again

Gianni-Emilio Simonetti – Fluxus Again!

A Genova, a Palazzo Doria, è stato presentato il volume “Fluxus again! A history of a Radical Experience – 1952-1962-2022” a cura di Gianni-Emilio Simonetti, Danilo Montanari Editore-Fondazione Bonotto pubblicato in occasione dei 60 anni del movimento Fluxus

Amante a vita del “sociale”, per propria ammissione, artista fluxus, compositore musicale, docente, scrittore, regista teatrale e teorico di cinematografia, Gianni-Emilio Simonetti interviene, nella galleria ShareEvolution contemporary art di Genova, diretta da Chiara Pinardi, con il direttore artistico della Fondazione Bonotto Patrizio Peterlini, il critico d’arte Linda Kaiser e la scrivente, per la rilettura di un movimento di non-arte che, con John Cage e Marcel Duchamp quali numi tutelari, ha sottoscritto una tranche de vie, una pratica della Zoé nel suo accadere, un non-racconto della vita deprivato di cornice estetica e di valore formale. Ne dà occasione il volume, bilingue (inglese/italiano) a sua cura “FLUXUS AGAIN! A History of a Radical Experience 1952-1962-2022”, Danilo Montanari Editore-Fondazione Bonotto, 2022, pubblicato nel sessantesimo anniversario della fondazione del movimento a Wiesbaden. Titolo, sottotitolo e date anticipano già la radicalità di pensiero e azione dell’esperienza Fluxus a partire dalle presenze di John Cage, Merce Cunningham, Robert Rauschenberg, Buckminster Fuller, già dal 1948 – quando Cage vi introduce Erik Satie – nel contesto operativo del Black Mountain College, ad Asheville, nel North Carolina, nel cui refettorio il 16 agosto del 1952 ha luogo il primo happening della storia: Theater Piece n.1. Anno il 1952 anche delprimo testo musicale silente di Cage 4’33’’. 

Perché Again!? Così risponde il curatore: «Perché amiamo le barricate erette con la materia di cui sono fatti i sogni che abitano i dirupi […] Perché ammiriamo la sovversione degli irriducibili». Il testo di Gianni-Emilio Simonetti, in apertura, introduce poeticamente alla figura auratica del fondatore lituano George Maciunas, al fluire evenemenziale delle azioni, intitolandosi “Il calare della marea verso la spiaggia”, seguono versi di Eliot. Protagonista italiano di Fluxus, dagli esordi, conSylvano Bussotti e Giuseppe Chiari in particolare, con Ben Vautier, Simonetti ne condivide, con humour il senso del nonsenso, l’accadere ohne Geschichte/Senza Storia, senza narrazione, senza rappresentazione. Sottile teorico di una poetica dell’inesistente, questo compositore in musica della fluxus-prassi afferma che «L’esca del valore nei regimi mercantili è più velenosa di quella della bellezza», che «l’opera è compiuta solo quando mostra ciò che ha perso».Coltivare l’inatteso, frequentare la casualità, il vuoto, non sono attitudini inconsapevoli nell’opera di Gianni-Emilio Simonetti, ma lucide scelte di campo, come le Gymnopédies per un Erik Satie, compositore e pianista parigino d’avanguardia di fine Ottocento e primo Novecento,  precursore di minimalismo, musica ripetitiva, teatro dell’assurdo. Da non trascurare, in Simonetti, l’attitudine al gusto che intimamente lo connota come ideatore della rivista “La Gola”, nel 1982, Mensile del cibo e delle tecniche di vita materiale. La drôlerie, il paradosso su cui poggia Fluxus non manca di sfumare – osserva ancora questo autore di opere come isole di pensiero in frammenti – nella Patafisica di Alfred Jarry: «Un’arguzia concettuale – continua – un gusto per la drôlerie che si divise tra i FluxKit e le istruzioni per schiacciare una noce sul palcoscenico». Con Fluxus, infatti, non si persegue il virtuosismo, analogamente a Duchamp, ci si avvia verso un’ “artificazione”, una mutazione progressiva dello statuto di opera d’arte.

Il pensiero di George Maciunas, dopo il 1962 a Wiesbaden, era quello di approdare a Soho, New York, per avviare una Kunstgeschichte ohne Namen/Una Storia dell’Arte senza nome, la cui premessa aveva già dato i suoi segnali in movimenti come Futurismo, Dada, Situazionismo. Nei testi di “Fluxus Again! si percepisce,anche sensibilmente,la presa di distanza dalla strategia dello scandalo, messa in atto dalle avanguardie e finalizzata allo choc innovativo, mentre affiora, contro tali estremismi, la perdurante condizione dissipativa, rinviante a un senso di dépense batailliana. Esente da paradigmi comunitari, il movimento Fluxus può entrare in consonanza con la comunità inconfessabile blanchottiana, con quella sconfessatamente inoperosa nancyniana. 

Il sessantesimo compleanno di Fluxus, diffusamente celebrato a Genova da museo d’arte contemporanea, gallerie, edizioni private e universitarie, induce a pensare a una Fluxus-Renaissance, alla luce di quella condizione desiderante-deterritorializzante di segno nomadico-rizomatico che riconduce al pensiero di Gilles Deleuze e Félix Guattari. Decisamente significativo, nei confronti di Fluxus, è il fatto che tale coppia antiedipica abbia applicato al proprio concetto diagrammatico di Rizoma, elaborato nell’opera duale Mille Plateaux/Mille Piani, la notazione semiografica sperimentale del compositore italiano Sylvano Bussotti – divenuto esponente del movimento Fluxus tramite i contatti con Boulez e Cage. In apertura del volume, nel 1° Plateau “Rhizome”, appare, infatti, stampata la partitura dell’ultimo brano dei Pièces de chair II (1958-1960), che Bussotti dedica a Peggy Guggenheim, tratto dal ciclo bussottiano Piano Pieces for David Tudor n° 4.

I contributi testuali di Federica Boragina, Marina Morbiducci, Michela Morelli, Patrizio Peterlini, enunciano direttamente i fatti senza concessioni retoriche o compiacimenti narrativi, ricostruendo però la rete collettivo/connettiva degli eventi fluxus messi in opera negli Stati Uniti, in Europa, in Giappone. La lettura di “Fluxus Again!” è resa agevole dalla forma corale di voci, strutturate per frammenti. Modalità scritturali che consentono la brevità dei testi, come piacerebbe a W. Benjamin, la strategia del Less is more cara a Mies van der Rohe, l’efficace linguaggio aforismatico, come annota l’autore. Un autore-artista che rileva come queste astrazioni concettuali, materializzazioni di un idea, questi fluxus “oggetti senza oggetto” – come li definisce Robert Filliou – non siano le Brillo Box di Andy Warhol che, non riconosciute come opere d’arte, ingannano la Dogana che non ha, precauzionalmente, letto La trasfigurazione del banale e Oltre il Brillo Box di quel filosofo analitico statunitense, nonché teorico della post-storia che porta il nome di Arthur Danto.

Interviene, tra il pubblico, Felice Accame – saggista, ricostruttore genealogico della Scuola Operativa Italiana, teorico della comunicazione, autore, tra l’altro, di “L’ anomalia del genio e le teorie del comico” – che non manca di sottolineare il peso teorico della prospettiva storica in cui Simonetti colloca il movimento Fluxus, recuperando, “inusualmente”, perfino la Scapigliatura milanese in un ambito di tronfio, anestetizzato, borghesismo. Accame formula, a sua volta, una citazione di un Tranquillo da Cremona percepito, da lui ancora ragazzo, come paradigma del trombonismo ottocentesco, più tardi però recuperato – tramite l’approccio critico di Carlo Dossi e Giuseppe Rovani – nella potenzialità “scandalosa” che gli attribuiva l’epoca in cui viveva.

Concludendo, Gianni-Emilio Simonetti ripensa Fluxus come una formula gnomica, come coscienza dei bisogni. L’esperienza radicale di questo movimento, connotato dal perseguire il caso, il nonsense, il paradosso, l’impermanenza, attitudini frequentate per contrapporsi all’ovvio, alla merce-feticcio, alla magìa, all’utilità, oggi, dopo sessanta maree riversatesi sulla battigia, rischia di trasformare il gioco in marchio, l’evento in rituale sciamanico, l’attitudine creativa in visione mistica.

Fluxus again
Gianni-Emilio Simonetti tra Linda Kaiser e Viana Conti, SharEvolution Contemporary Art, direzione di Chiara Pinardi, Genova Palazzo Doria, presentazione del volume “Fluxus again! A history of a Radical Experience – 1952-1962-2022” a cura di Gianni-Emilio Simonetti, Danilo Montanari Editore-Fondazione Bonotto.