© Urs Fischer

Gagosian New York: Urs Fischer “Denominator”

Gli oggetti sono un’estensione dei nostri corpi, dei nostri bisogni, dei nostri desideri” (Urs Fischer)

Il 15 ottobre si è chiusa “Denominator”, mostra durante la quale sono stati esposti i nuovi lavori di Urs Fischer. Durante l’esposizione, iniziata il 9 settembre, sono stati presentati tre nuovi progetti dell’artista svizzero: Denominator (2020–22), una scultura su larga scala composta da diversi schemi a LED; People (2022), installazione ispirata ad una stanza della Gallery di Londra e CHAOƧ #501, il culmine del progetto creativo “CHAOƧ”, una serie di sculture digitali iniziata diversi anni fa da Fischer.

Denominator è un cubo di oltre tre metri e mezzo di altezza, costruito con numerosi schermi a LED che proiettano una sequenza di frammenti di spot televisivi internazionali, in una composizione in continuo cambiamento che ripercorre la storia del medium. Tramite l’utilizzo di un algoritmo e dell’intelligenza artificiale, le varie pubblicità che si susseguono vengono decostruite fino ad apparire come un unico frame. Ognuno di essi è posto vicino ad altre sequenze di immagini in base al tema e al colore dello spot, fino a formare una vera e propria coreografia fatta di patterns stratificati. 

People è una sorta di ricostruzione su larga scala della Room 43 della National Gallery, un’installazione in cui l’interno di un museo di inizio secolo diviene un medium per mettere in luce il momento storico dell’istituzione nel mondo occidentale: il museo sta oggi perdendo quell’aura di luogo dal grande potere culturale in favore di un nuovo sentimento per cui l’istituzione diventa spazio di discussione e condivisione, dove migliaia di persone si incontrano e possono finalmente esprimere la propria individualità. Il pubblico museale non è più limitato e circoscritto, bensì oggi rappresentato da una platea remota di persone che partecipano da ogni parte del mondo.

CHAOƧ #501, come detto, è il risultato di anni di lavoro e di ricerca su una serie di sculture digitali. La mostra newyorkese ha proposto la visione inaugurale dell’opera: un rendering bidimensionale proiettato su una parete, nel quale un migliaio di oggetti provenienti dalla serie CHAOƧ si muovono in maniera indipendente nello spazio definito dalla proiezione sul muro. Ogni elemento dell’opera è ispirato ad un oggetto della quotidianità; è come se qualsiasi oggetto della serie avesse subito una metamorfosi dalla dimensione fisica a quella digitale, mutando il senso della propria esistenza grazie a dei semplici processi di scanning. I dettagli e le imperfezioni del mondo reale sono preservati intenzionalmente, quasi a voler comunicare che il mondo digitale non potrà mai risolversi e, pertanto, l’uomo sarà per sempre costretto a conviverci e accettarli.

Gli oggetti di CHAOƧ #501 formano, insieme, una composizione enciclopedica che racconta la storia dell’umanità attraverso gli artefatti che l’uomo stesso si lascia alle spalle. Un’umanità che più interagisce con materia alterata, coltivata, ingegnerizzata e modificata in qualsiasi modo, più contribuisce alla diminuzione di flora, fauna, funghi e organismi viventi che formano il nostro ecosistema originario.

Urs Fischer è nato a Zurigo e oggi vive e lavora a New York. Alcune prestigiose collezioni internazionali conservano il lavoro dell’artista svizzero: il Museum of Modern Art; il Museum of Contemporary Art di Los Angeles; la Fondation Carmignac di Paris; la Vanhaerents Art Collection di Bruxelles; il Kunstmuseum di Basilea; il FRAC Provence-Alpes-Côte d’Azur di Marsiglia; il Migros Museum für Gegenwartskunst di Zurigo e il Museo d’arte della Svizzera Italiana di Lugano. Nel 2011 ha partecipato alla 54esima edizione della Biennale di Venezia.

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