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Teres Wydler foto mostra Quantum Processi Aura, Naturales - SharEvolution Genova 2022

Teres Wydler – Paesaggio e Alterità
Presentazione del Processo – Rappresentazione della Traccia

Di formazione estetico-scientifica, Teres Wydler, è un’artista svizzera – nata a Berna, vive a Zurigo e in Ticino – seriamente impegnata sull’area dei processi microbiologici alternativi e innovativi. Dopo l’attuale mostra alla SharEvolution di Genova, diretta da Chiara Pinardi, si prevede una prossima mostra in Svizzera, a cura della Direttrice Mara Folini, al Museo Comunale d’Arte Moderna di Ascona.

Proposta. La mostra personalesite specific cheTeres Wydler presenta alla SharEvolution contemporary art  (6 ottobre – 3 dicembre 2022) diretta da Chiara Pinardi, in Palazzo Doria Pamphilij, Piazza San Matteo, 17 Genova, si intitola, paradigmaticamente, QUANTUM. Processi – Aura. Realizzando coinvolgenti video installazioni e video meditazioni silenti o sonore di fenomeni geologici, geofisici, micro-macro-biologici, ricerche di effetti luminosi e ottici, Teres Wydler interviene, a livello spaziale e temporale, in situazioni sospese tra caos e cosmo. La sua opera è connotata da slittamenti tra coordinate statiche e coordinate dinamiche ad attivazione ora automatica ora controllata. La qualità multipolare della sua ricerca, riflette I termini della cosiddetta «Opera Aperta», teorizzata e pubblicata nel 1962 da Umberto Eco, semiologo, scrittore, pensatore italiano internazionalmente noto. Non si esclude, nelle sue analisi di un processo, il ricorso a radici quadrate, equazioni, frazioni, calcoli astronomici, perfino a formule di coloritura magica. Ricorrente, nella sua opera, sono le figure dell’ellisse come rotta di navigazione orbitale; del cerchio come figura del tempo ciclico, senza inizio né fine, come principio femminile, rinviante alla Terra nutrice delle colture; del labirinto, come confronto con un percorso enigmatico, progettato tuttavia con una possibilità certa d’uscita, come non ha mancato di individuare ancora U. Eco, che ne ha distinto tre modalità strutturali, denominandole unicursale (filo d’Arianna), manieristica (ad albero), rizomatica (connessioni a rete). 

Introduzione critica. Di respiro internazionale, la ricerca dell’artista svizzera (nata a Berna, residente e operante a Zurigo e Intragna, Ticino) mette a confronto l’Artificio di processi, innescati dall’uomo tecnologico/massmediatico odierno, con la traccia di una Natura in via di mutazione. Il recupero di residui naturali – radici di bambù, semenze, colture di grano, pollini, alghe, foglie, cespugli di timo, fioriture di narcisi, genziane, rose – innestati intenzionalmente e consapevolmente in contesti di sintesi, risveglia, nell’osservatore, quell’effetto-rammemorazione che costituisce lo scenario magnetico e seduttivo emanato dall’opera di Teres Wydler. Da qui l’assunzione, da parte dell’artista, di un passaggio di Walter Benjamin, riferito alla traccia e all’aura, tratto dai suoi Passagenwerk1 come chiave di approccio al suo lavoro. «Traccia e aura. La traccia – scrive Benjamin – è l’apparenza di una prossimità, per quanto, tuttavia, possa essere distante la cosa rimossa, lasciata indietro. L’aura è l’apparenza di una distanza, per quanto vicina sia la cosa che la richiama. Nella traccia, prendiamo possesso della cosa; nell’aura ci si impossessa di noi».Riflessione fondamentale questa per la comprensione del lavoro di ricerca realizzato, in campo artistico, da Teres Wydler, rinviante a una situazione sospesa tra risveglio nel presente come ricordo del passato. Processo analogo, questo, a quello del passaggio dal sogno (nella fattispecie Surrealista) alla veglia (di un supposto stato di progresso). Il ricordo funzionerebbe qui come soglia (Schwelle) da contrapporre a un’idea di confine (Grenze): zona di transito, quindi, che Benjamin definisce come regione della “conoscibilità”. Il momento dell’approccio conoscitivo scaturirebbe, così, dal passaggio dalla coscienza onirica alla coscienza critico-analitica. Sottotraccia si percepisce la condizione dialettica dell’immagine in Benjamin. Un lavoro di ricerca, questo di Teres Wydler, che, come richiamato dal titolo della mostra, opera ora su uno stato di realtà non oggettuale, come teorizza Heisenberg, ma coscienziale, ora sulla base di una matrice energetica che si manifesta nel cosmo nella modalità del continuum, come teorizza Planck,a partire da un DNA molecolare fino all’incommensurabile sistema galattico. Il termine latino Quantum, che dà il titolo alla mostra, è possibilmente riferibile alla quantizzazione di energia necessaria per un equilibrio termodinamico sotto forma di radiazione. 

A ben guardare, questa artista di struttura concettuale, di formazione estetico/scientifica, alchemico/cosmologica, fisico/quantistica, segnico/matematica, si muove su un terreno di pensiero e su una struttura archetipica dell’immaginario collettivo che non cessa di prendere le distanze da una condizione antropocentrica per volgersi, piuttosto, verso un concetto di natura estesa e una prospettiva extraterrestre. Due regole sottoscritte dall’artista stessa sono, a livello processuale «trasformare” un dato di Natura in un effetto di Cultura, a livello comportamentale «pilotare il fenomeno, lasciandolo accadere». Significativamente si intitolano Authoritarian Versus controlled Nature sue stampe fotografiche di foglie “ipernaturali” su telaHahnemühle, del 2007. Nel Museo Cantonale d’Arte di Lugano e al Kunstraum Dornbirn (A), è stata esposta una video installazione, ancora del 2007, altamente paradigmatica nell’ambito di ricerca di Teres Wydler, già a partire dalla sua denominazione: N.I.C.E. Natural In Corrosive Ecstasy©. La condizione ansiogena, al limite dell’anestetico, evocata dal titolo anticipa uno scenario di Ipernatura in cui protagonista è l’artificio, spinto all’eccesso, della previsione di una tragica Red rain/Pioggia rossa, acusticamente accompagnata dal continuum sonoro di simulate scosse sismiche di terremoto. L’installazione proseguein uno spazio in cui la proiezione di foglie di lattuga iperdimensionate (natura controllata) davanti alle nuvole (natura autoritaria) si riflette in un infinito tunnel di specchi. L’opera di Teres Wydler, infatti, non viene solo esposta in musei e gallerie internazionali, ma anche ospitata e proposta al pubblico dal noto Zentrum für Kunst und Medien/Centro per l’Arte e la Tecnologia dei Media | ZKM di Karlsruhe.

Mostra. La sua articolata personale genovese si struttura su due momenti di base: una presentazione attuale del Processo (Vorstellung) e una rappresentazione virtuale delle Tracce (Darstellung), intendendo il primo momento come presentazione cognitiva, il secondo come rappresentazione esibitiva. A partire dal Loggiato d’ingresso, ad ampie vetrate sull’esterno, la mostra si snoda comeinstallazione di una serie di venti elementi speculari su cui poggiano altrettanti elementi in plastica verde. Materializzando artificialmente la memoria visuale di una coltura naturale vegetale, del 1998 (Das Reservat), articolata in piccoli vasi da appartamento, l’artista trasforma in suggestione mnemonica uno scenario di realtà. I tre tondi in alluminio, con applicata pellicola riflettente su altrettanti catarifrangenti, raccontano, tramite il loro titolo allusivo Flirt with Light/Flirt con la Luce, l’interesse dell’artista per gli effetti di riflessione che rinviano la luminosità alla fonte da cui provengono. Sensibile, infatti, al fenomeno della luce, al punto da dedicargli una serie specifica,Teres Wydler lo pratica, in diverse modalità, nella sua opera: emissione da lampadine alogene, da riflettori, da una fantasmagoria di tessere musive specchianti, in rotazione sul soffitto; come riflesso degli alberi sulle pozzanghere, dopo la pioggia, come fluorescenza, come tracciato luminoso, disegnato dalla rugiada gelata sui campi, l’inverno, ancora come restituzione deformata di zone urbane riflesse su specchi convessi, posti su elementi architettonici, infine come doppio del mondo reale esploso nella miriade di specchi in frammenti, sparsi a terra o assemblati in cerchio sul muro (Fragmental Worldview, 2005, Ammann Modern Art, Locarno)

Nel salone della galleria, si distende, a parete, l’ampia installazione Naturales, 2000-2022, costituita da circa dieci tondi in alluminio, costellati di residui vegetali, soggetti a processo di ossidazione, rappresentanti una serie di pianeti in rotazione su orbite immaginarie, rinvianti, ipoteticamente, a possibilità di congiunzioni, eclissi, impatti da cadute di meteoriti. Rappresentativo, in questo contesto, è il suo evento spazio-temporale-visual-acustico, articolato su video-animazioni, intitolato Ciclo completo a collegamento rapido/Full Cycle/Short Cut, del 2011, in cui questi stessi pianeti, ruotando anche su se stessi, incrociano nello spazio siderale di un sistema pre-solare, osservato nel suo post, altri micro o macro aggregati di polvere interstellare. A terra, invece, si distende l’installazione Navigation, formata da due ampie ellissi di cristalli di zucchero bianco che si intersecano sul pavimento. Le successive serie processuali, denominate De Cultura, del 2022,esposte a parete nella stessa sala, mettono in atto un processo microbiologico su cotone, con supporto di alluminio, sotto il diretto controllo dell’artista. Seguendo tale modalità operativa, la Natura transita nell’Artificio, diventando una condizione mutante mediata dalla Cultura e dalla Tecnica. Nella saletta di fondo, sono allestite, a parete, le opere intitolate Opportunities, 2000,riconducibili aprocessi microbiologici attivati da esperimenti di semina, su PVC trasparente, geometricamente marcato da scotch nero.

Artista-Opera-Pensiero. Fondamentale, nella biografia di Teres Wydler, anche la permanenza a New York, quando, già a partire dal 1983, lavora, nell’ambiente in degrado del Molo 34 dell’Hudson River, al suo progetto di Worldegg a inchiostro di china su rotoli di carta telex, sottoposti agli interventi esterni del vento, della pioggia, dei piccioni e dei gabbiani, tra pozzanghere e traballanti pilastri di legno di quercia. L’esperienza newyorkese lascia, evidentemente, un’impronta decisiva nel suo modus operandi, abbattendo barriere categoriali, linguistiche, percettive, sensoriali, comportamentali. Da qui prende forma il New York Diary, 1983, installazione murale destinata a diventare, in permanenza, un’opera in smalto nel contesto dell’UBS-Art, a Zurigo-Fluntern. 

Frequentando, a partire dal 1983, la Biblioteca Nazionale di New York, Teres Wydler elabora una sua mnemoteca, tra scienza, mito e arte, in cui connette formule e segni grafici da trasferire, a livello processuale, in estetica. Il suo interesse spazia tra cosmologia, alchimia, astronomia, pianeti, segni zodiacali, corpo umano. L’artista riesce così a inaugurare un approccio, senza racconto, a simboli ermetici e formule scientifiche, collegando realtà inconciliabili, facendo dialogare, in una stessa opera, scienza e coscienza, regola e caos, Leonardo da Vinci e Buckminster Fuller, Lewis Carroll e Georg Cantor, il James Joyce di “Finnegans Wake” – come annota la storica dell’arte e della Letteratura Corinne Schatz – testando creativamente le energie che muovono le orbite delle galassie. 

Si rileva come l’attenzione dell’artista, lucida e ironica insieme, si focalizzi, sovente, nel confronto tra termini verbali analoghi o assonanti, riferiti, tuttavia, a funzioni differenti, come nel caso di “cultura”, nel senso di formazione su uno o più campi del sapere e “coltura” come coltivazione della terra o di ambiti micro-macro-biologici. Analogamente accade per i termini riflessione, come fenomeno fisico/ottico/visuale, e riflessione come attitudine all’osservazione, all’argomentazione, su un dato campo di indagine, articolata progressivamente in domande, risposte, intuizioni, deduzioni. L’azione del germogliare, fiorire, fruttificare, a partire dal seme, consegue l’esito di una coltura sul terreno reale e, in parallelo, metaforicamente, consegue l’esito di un processo di conoscenza sul terreno culturale.
Dalla serie degli Herbar/Erbari, Teres Wydler realizza, già nel 1987, una precoce, ampia, installazione a parete dal titolo Rosas (Laboratorio di Verscio, Ticino) di trenta rose secche, fissate al supporto con scotch nero. Innestando direttamente la Natura nel tessuto segnico-gestuale della composizione artistica, inaugura una sua formula parascientifica in cui due rette di scotch nero, accostate a 90°, riportano, rispettivamente, l’incognita Y, in apertura della verticale e l’incognita X a chiusura dell’orizzontale. Nel 1994 realizza esperimenti di osmosi in una serie di provette destinate a una collezione d’arte in Germania. Nel 1998 pensa a un distributore automatico di colture di grano. Nella sua Hypernature, 2012, l’artista non manca di ibridare andamenti sinusoidali, curve di un labirinto, a germogli virtuali di grano. Anche i guardrail delle autostrade – barriere metalliche protettive – sono entrate a far parte integrante di unibrido Paesaggio in transito,Transit Nature, 2008, ai margini di un prato, di una valle, di un bosco attraversato da fiumi e torrenti, con l’esito, perfino, di turbare la nostra corretta percezione dello scenario del fondo rispetto al primo piano.

Intervenendo su un processo microbiologico in forma rizomatica, Teres Wydler spezza, in qualche modo, l’organicità gerarchica di un corpo di natura arborescente, nella connettività diramata, che opera orizzontalmente in direzioni periferiche autonome, imprevedibili, non più soggette a un’organizzazione centrale. Il riferimento è al Corpo senz’organi di Antonin Artaud e al vitalismo rizomatico teorizzato da Deleuze-Guattari in Mille Plateaux2 . La sfida lanciata dall’artista svizzera è quella di confrontare, sul territorio dell’arte, le due realtà di Natura e Artificio, di fisicità naturale e immaterialità virtuale in condizione reversibile. Esplorativo e innovativo, è, porre tra parentesi, nella messa in opera del suo lavoro, un processo microbiologico inarrestabile come quello, a titolo di esempio, del ciclo De Cultura, esposto in mostra, che viene in tal modo “incorniciato”, per così dire, e mostrato all’osservatore come (De Cultura e natura in processo e NON artificio estetico. La globalizzazione non ha mancato di ribaltare i rapporti di forza – osserva l’artista – tra spazio e natura. «Perché la Natura evolva in Cultura – ci confida  – non solo occorre un flusso costante di energia, di materia e informazione, ma anche quell’ulteriore, insostituibile elemento che è: “la cura”».

L’opera di Teres Wydler – artista animata da uno spirito prometeico, come annota lo storico dell’arte, curatore museale e scrittore Elio Schenini – si configura come una sfida alla complessità in divenire dell’arte contemporanea sul piano neuroestetico, teorizzato dal ricercatore britannico Semir Zeki, sul piano mediatico-tecnologico della rete collettivo-connettiva, teorizzata da Derrick De Kerckhove – erede di Marshall McLuhan – sul piano evolutivo della scienza, alla luce di una possibile conciliazione tra modelli della Natura e modelli della Cultura. Sull’orizzonte di artisti come Wydler, sensibili sismografi dei sommovimenti del reale, si delinea un Paesaggio in costante mutazione, slittante tra luoghi e non-luoghi – come li denomina Marc Augé –  tra territori e de-territorializzazioni deleuziane, tra identità e alterità, che l’artista svizzera denomina Hypernature/Ipernatura. Teres Wydler non solo ibrida la realtà con la sua rappresentazione, ma arriva a rappresentare l’ombra di realtà inesistenti come, a titolo d’esempio, un trampolino e una scaletta, dipinti sul fondo di una piscina asciutta, per invitare, virtualmente, al Salto Mortale, opera del 1983. Tra le sue simulazioni “naturali” figurano anche effetti acustici di terremoto. Attivando cortocircuiti di senso e nonsenso, l’artista si avventura su territori di ricerca, in via di esplorazione, ricorrendo, nelle sue notazioni compositive, a parabole, frecce, greche, segni sospesi in attesa di codificazione, simboli di ascendenza mistica. Nei suoi accostamenti, dada-surreali, di feltri da lucidatrice e tubi da irrigazione d’acqua – opera Accumulations del 1992 – oggetti d’uso quotidiano di produzione industriale, si può anche cogliere una dimensione Pop, rinviante alle Brillo Box warholiane.

«Nell’opera di Teres Wydler la Natura, ibridandosi con l’Artificio, cambia di segno, muta il suo statuto a livello sensoriale, percettivo, neuroestetico, psico-emozionale, cognitivo, per connotarsi – a partire dalle riflessioni sul campo della storica dell’Arte Mara Folini, direttrice del Polo Museale Comunale d’Arte Moderna di Ascona – come processo di Cultura materiale». Scelto un campo semantico in cui intervenire con le sue ricerche sperimentali, l’artista invita lo spettatore a interagirvi, percependo il momento del dasein rispetto a quello dell’erscheinen, la condizione dell’esserci rispetto a quella dell’apparire, quella mobile e iterativa di un infinito che, paradossalmente, scaturisce dal finito. L’invito è a calarsi nella terra di mezzo/Zwischen/Betweenness tra la presentazione del dato naturale e la rappresentazione dell’esito estetico-visuale. La sua ricerca, inoltre, non cessa di confrontarsi con le diverse dimensioni del tempo, come quella stagionale, intesa in termini di pulsione quale crescita vegetale, scandita tra germinazione-fioritura-maturazione dei frutti-senescenza, ma anche con le dimensioni del tempo mitico della grecità: il Kronos, lineare, il Kairòs, favorevole, l’Aiòn, assoluto. Quando Teres Wydler lavora alla naturalità dell’artificio è ben consapevole che un’opera d’arte altro non è che il ritrarsi della “cosa” per far luogo al suo segno, al suo doppio, a una catena simulacrale da cui si va eclissando il modello originale.

Note
1. Walter Benjamin, Passagenwerk, a cura di R. Tiedemann, Gesammelte Schriften, Band V, 1 e 2, Suhrkamp Verlag, Frankfurt a.M. 1982.
2. Gilles Deleuze-Félix Guattari, Mille Plateaux-Capitalisme et Schizophrénie, Les Éditions de Minuit 2, 1980.

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