Michelangelo Pistoletto, I visitatori, 1966. Galleria Nazionale, Roma

Fuori dai musei, nuovi amici miei

Musei aperti? Musei chiusi? Zona bianca? Zona rossa? Sentirà un po’ di malinconia, l’arte, dopo mesi di abbandono? Casa accadrebbe, piuttosto, se l’arte invadesse le nostre città deserte?

L’epidemia d’influenza è diventato il tema più divertente dell’anno. 

E. Flaiano

Qualche sera fa su Twich, invitato da un amico, ho seguito una diretta di Fedez. Il rapper parlava di Berlusconi. A essere sincero non sono riuscito a capirci nulla, perché la mia capacità di attenzione, su questi nuovi dispositivi informatici e le relative app, è inadeguata: leggo su carta un brano di prosa con pochissime difficoltà, traduco la mia cattiva grafia su un post-it, amo le vignette satiriche a margine di una rivista, anche le più ingiuriose, e so interpretare gli effetti collaterali di un bugiardino senza morire anticipatamente d’infarto. Però, lo devo ammettere, sono vetusto, inesorabilmente rimasto all’analogico, e da lì non mi schioderò mai. 

Quando si tratta di dirette, di live più esattamente, o di leggere un ebook, e addirittura di vedere un film in tv, ho notevoli difficoltà: mi assalgono dei stranissimi tic agli occhi, mi viene fame, mi gratto ovunque, mi compaiono sullo schermo libri, trattori, chalet e da acquistare, o generose signorine da incontrare. E mi confondo. Se parlo fisicamente con qualcuno, se osservo un paesaggio, o se sono a teatro, non ho di questi problemi. Fruire attraverso i cosiddetti device, nuovi o vecchi che siano, non è cosa mia, insomma. Non posso farci nulla. Ho chiesto al medico come mai io non sia in grado di star calmo dinanzi ai media virtuali, e lui mi ha candidamente risposto: «Pazienza, fatti una passeggiata, ti passa». 

E quindi, sì, era notte, Fedez parlava, io mi innervosivo perché non capivo una mazza di ciò che diceva (e ciò che diceva era interessante, almeno credo), e dunque ho optato per il suggerimento del mio personalissimo santone in camice bianco: la passeggiata. Certo, a casa, tra le stanze di casa, ovvero tra il cesso, la cucina e il balcone. 

So che in tanti non lo sanno, ma c’è il coprifuoco in tutto lo Stivale. Davvero! Il coprifuoco! Dopo le 22! Sembrerà strano, eppure nessuno sa del coprifuoco. Mentre ero affacciato al balcone, infatti, ho visto gente fare footing, cani e padroncini simili a zombie, alieni con mascherina e scarpette fluo e automobili ruggenti. In particolare, mi ha colpito una Peugeot 205 degli anni ’90, versione rally, che, ad alta velocità, percorreva la vicina strada provinciale con la musica dello stereo a palla, come se nulla fosse. 

(Un’informazione demografica. Per chi non lo sapesse, vivo in un quartiere che, in maggioranza, è abitato da simpatici esserini il cui scopo nella vita è imitare i concorrenti di “Uomini e Donne”; il resto della popolazione è composto da pensionati che per tutta la settimana dormicchiano a casa, e nel week end sognano di fare la spesa all’MD, dove all’ingresso c’è una bellissima gigantografia di Antonella Clerici, con un sorriso che riempie il cuore.)

Alle mie orecchie giunse, appena appena ovattato, il motivetto suonato da quell’orchestra trash su quattro ruote. Era una canzone dance dei primi anni del 2000, all’epoca molto in voga, strombazzata da tutti i jukebox delle squallide sale giochi che frequentavo, intitolata “Le Louvre”, dei Prezioso feat. Marvin. Il pezzo, in realtà, è del 1983. Fu interpretato dalla bellissima Diana Est, e fu scritto da Enrico Ruggeri, divenuto oggi uno dei romanzieri più letti d’Italia. 

Non c’avevo mai fatto caso, ma questa canzone ha un testo che a me, suggestionabile da chicchessia, pure dalle nuvole a forma di pecorella, pare un po’ profetico. Leggiamo: «Per molti secoli/Quei nobili/Sono rimasti esposti sempre immobili/Con una voglia intensa di entrare nei bistrot/Nuove letture/Con tecnologia/Ce li rivelano/Dorata prigionia/Tempi di convenzioni/Di provincialità/Fuori dai musei/Nuovi amici miei/Si distruggerà/La civiltà delle banalità […] Computer dimmi se/Di nuovo liberi/Con la Gioconda/Corrono nei vicoli/Tempi di mutamenti/Nuove modernità/Fuori dai musei/Nuovi amici miei/Si distruggerà/La civiltà delle banalità». 

Enrico Ruggeri — mi corregga l’autore, se sbaglio — scrive allegoricamente di un ipotetico mondo del futuro caduto in malora, congelato dai suoi isterismi, allo stesso tempo altamente civilizzato ed estremamente banale: un’immagine non troppo distante da quelle illustrateci dagli intellettuali anarco-primitivisti (da Rousseau a Thoreau a Zerzan), i quali, ed è un mio personalissimo consiglio, andrebbero tutti riletti. E, perché no, andrebbero tutti discussi in quelle strutture che soltanto per romantica eleganza definiamo “pedagogiche”. 

Ritornando a oggi, e cioè al secondo anno dell’era Covid, all’epoca delle gallerie e dei musei chiusi (o aperti, come l’ultimo dippicciemme prevede, ma soltanto in quelle zone con un’espressione cromatica tendente a una temperatura più fredda rispetto all’arancione e al rosso), non rimane che rassegnarsi. Capisco bene i vari decreti. E, da profondo ignorante, non mi permetterei mai di criticarli: ci saranno dei complessi algoritmi che avranno deciso di tenere aperti i campi di calcio e non gli spazi espositivi, no? Tuttavia temo che, prima o poi, mentre ci ritroveremo sull’uscio di un bar ad attendere un caffè d’asporto e un cannolo alla ricotta, quei Raffaello, quei Cavaggio, quei Pellizza da Volpedo che da mesi non sentono su di essi il “peso” diafano deglisguardi sedotti dei suoi ammiratori, sceglieranno anche loro, come il mio medico dice, o come Ruggeri scrive, di compiere una lunga passeggiata per le strade della città dei vivi.

Vivi, scongiuri a parte. Vivi, sempre che dell’arte ricorderemo il suo volto.

Dario Orphée La Mendola

Dario Orphée La Mendola, si laurea in Filosofia, con una tesi sul sentimento, presso l'Università degli studi di Palermo. Insegna Estetica ed Etica della Comunicazione all'Accademia di Belle Arti di Agrigento, e Progettazione delle professionalità all'Accademia di Belle Arti di Catania. Curatore indipendente, si occupa di ecologia e filosofia dell'agricoltura. Per Segnonline scrive soprattutto contributi di opinione e riflessione su diversi argomenti che riguardano l’arte con particolare attenzione alle problematiche estetiche ed etiche.