Quadri che ritraggono oggetti, quelli che circondano l’artista nel suo studio: drappi, treppiedi, pannelli, contenitori, piastrelle o appendiabiti, dipinti con cura e poi cancellati attraverso un processo di stratificazione e copertura che arriva al limite del monocromo. Un percorso che si snoda nell’alternanza di visibile e invisibile e che aspira a liberare la pittura da sé stessa, dai suoi eroismi ed estetismi, in un progressivo processo di astrazione che, condotto al suo estremo, annienta l’immagine.
Il visibile in De Prezzo non può essere riduttivamente confinato in un ritorno alla rappresentazione, in un anacronistico interesse alla figurazione. Piuttosto l’artista ripensa il suo stare davanti la tela e dentro la storia dell’arte, indaga la relazione tra figura e sfondo, decostruendo il loro rapporto gerarchico e considerandolo sotto un altro punto di vista. Sposta l’attenzione ora sull’uno ora sull’altro in un gioco di posizionamenti e sfalsamenti che fa si che i suoi quadri si allontanino, nelle intenzioni e negli esiti, dal cosiddetto “ritorno alla pittura” che ha animato il dibattito accesosi a partire dalla fine degli anni Settanta. E’ piuttosto un’indagine di natura concettuale la sua, interessata al processo come elemento costitutivo dell’opera, che trova fondamento e stimolo negli studi di Rosalind Krauss, illustre storica e critica dell’arte americana che ne “L’inconscio ottico” rilegge il modernismo mettendo in discussone alcuni dogmi idealisti della storia dell’arte tradizionale tra cui proprio quelli della figura e dello sfondo e le problematiche inerenti il concetto di rappresentazione.
D’altro canto, il non visibile in De Prezzo non può essere ricondotto a quelle tendenze minimaliste e analitiche che hanno caratterizzato il clima artistico degli anni Sessanta, trattando la pittura come pura sensibilizzazione cromatica del supporto. Qui le proprietà specifiche dei colori, il nero che inghiotte e il bianco che copre, e certa tensione monocromatica che ne consegue, non intendono assecondare il pensiero per cui i quadri non sono che colore. Tutta la mostra si configura piuttosto come un’interrogazione su un altro modo di vedere. Esiste? Esiste un atteggiamento per cui la luce lasci spazio all’ombra?
Direi di si, se non altro per la fragranza di mistero e imperscrutabilità che caratterizza l’addentrarsi in queste opere. E per il loro tempo narrativo che pare cristallizzato nel tempo della realtà sfumata della penombra. Nell’interregno tra visibile e invisibile. Il racconto è nelle pieghe.
“Bisogna vedere quel che non si è visto, vedere di nuovo quel che si è già visto, vedere in primavera quel che si è visto in estate, vedere di giorno quel che si è visto di notte, con il sole dove la prima volta pioveva, la pietra che ha cambiato posto.” José Samarago
Francesco De Prezzo | Al limite del visibile
LOOM GALLERY | 5 maggio – 5 giugno 2021
Milano, Via Lazzaretto 15 | Martedì – Sabato, 14:00 – 17:00 e su appuntamento