Felice Levini, Dal Giorno alla Notte, 2023. Foto Daniele Molajoli

Felice Levini – Da Cosa nasce Cosa

Da aprile ad ottobre, in diversi luoghi della Maremma, è in corso l’edizione 2023 di Hypermaremma.
Riportiamo il testo di Massimo Belli per l’installazione site-specifico di Felice Levini “Dal giorno alla notte” che, dal 17 giugno al 30 ottobre, è visibile nell’Area Archeologica e Museo Nazionale dell’Antica Città di Cosa ad Ansedonia.

Se questo discorso sembra troppo lungo per essere letto tutto in una volta, lo si potrà dividere in sei parti.

Sono queste le prime parole nelle quali ci si imbatte aprendo il lungo saggio pubblicato a Leida nel 1637 da un anonimo francese e intitolato Discours de la méthode. Si tratta di una sorta di introduzione a tre saggi congiuntamente pubblicati e riguardanti la geometria, la diottrica e le meteore. Parrà strano ma delle meteore, qui, non ci interessa nulla. Interessante invece venire a capo dell’anonimato di questo scrittore: René Descartes, ai più noto con il nome latinizzato di Cartesio. All’interno dei Discours de la méthode, oltre al celebre passaggio «Ego cogito, ergo sum, sive existo», prende vita la possibilità dell’uomo di rappresentare graficamente le dimensioni: vengono teorizzati gli assi cartesiani. Nascono dunque gli assi e il loro incrocio, nasce il piano orizzontale della vita e quello verticale dell’arte, nasce lo spazio e così il tempo nella nostra visualizzazione più canonica.

A coronamento di questa nuova possibilità umana di leggere il mondo, l’autore ci indica perfino la direzione lungo la quale osservare gli eventi, “segnando” le due piccole spunte che trasformano questi assi in frecce. Ecco, dunque, prender forma l’immagine della freccia come vettore, indicazione, spostamento repentino; coronamento di un immaginario già fecondato da una storia e una mitologia truculente. Arma nota già nella preistoria, la freccia – il cui lemma romano sagitta appare di origine etrusca – non solo percorre vettorialmente uno spazio compreso fra due punti ma stabilisce anche una forte connessione fra questi due, chi la scocca e chi la riceve, generando una relazione immediata e intensa, talvolta fatale. L’intera storia dell’uomo viene così a imperniarsi su due tipi di relazioni che la freccia instaura: quelle orizzontali, fra uomo e uomo, e quelle verticali, fra uomo e dio. Da quest’ultima relazione nasce un’immagine di freccia ancora diversa dalle precedenti: il fulmine, monito e segnale divino, connessione repentina fra cielo e terra.

Felice Levini, una volta salito nei pressi del Capitolium che corona il Parco Archeologico dell’Antica Città di Cosa, rende omaggio a questa relazione verticale, capace di segnare la storia di un luogo che i romani elessero come sacro nel rispetto degli sconfitti che in quel medesimo luogo pregavano le loro divinità. Per far questo, Levini sveste i panni dell’artista per indossare quelli di Saturno, il Tempo. Dodici frecce metalliche, accese da un tono di rosso vivo che sfiora il vermiglione, trafiggono il suolo costellando l’Arce dell’Antica Città di Cosa di segnali divini inconfutabili. Come reperti archeologici senza tempo, altrettante lastre marmoree recano i nomi delle divinità dell’Olimpo romano in lettere bronzee: senza alcuna soluzione di continuità, queste lastre affiorano dal terreno come moniti, segnalando la continuità del rapporto fra l’umano e il divino che risale agli albori delle civiltà del Mediterraneo.

L’artista recupera il Capitolium romano, la fenditura rituale etrusca che vi risiedeva sotto, e le trasporta così dentro al contemporaneo da crear loro un passato. In questo modo il tempo si dilata, quasi fermandosi. Alzando lo sguardo verso le frecce si comprende allora che queste non sono altro che meridiane recanti i quattro assi, i Quattro punti cardinali. Come in un paesaggio metafisico, ci risulta ora impossibile comprendere un prima e un dopo rispetto a quanto ci si para davanti agli occhi. Le mura in opera poligonale del tempio,l’albero che le costeggia, le fondamenta dell’area dedicata a Mater Matutae non diventano altro che una quinta dechirichiana che invece di ospitare statue-manichino ospita segnali divini ridotti a geometrie euclidee: le frecce.

Una volta assorbiti all’interno di questo tempo denso, l’artista ci riporta alla frenesia della realtà spostando ironicamente l’accento dell’opera sull’impatto cromatico. La luce, che egli cattura attraverso la verniciatura rossa, dialoga con l’ambiente circostante nell’unico tono di colore utilizzabile per creare un contrasto, per lanciare un segnale estetico. In questo modo viene rappresentata la luminosità tipica dell’intervento celeste, la stessa che si irradia sull’asta lignea che sorregge la tenda di Costantino nel Sogno magistralmente dipinto da Piero Della Francesca. Emerge allora la rapidità folgorante dell’incontro, l’impossibilità del dialogo continuativo con il mondo divino ridotto a brevi segnali da interpretare, e dunque l’incommensurabile piccolezza che segna la precarietà umana e conferisce il titolo all’opera.

Perché, se fra il tramonto e l’alba, come ci insegna un celebre film di Robert Rodriguez con Quentin Tarantino, potrebbe passare un’eternità, dal giorno alla notte, invece, potrebbe essere solo questione di qualche attimo.

Note

R. Descartes, Discours de la méthode pour bien conduire sa raison, et chercher la verité dans les sciences Plus la Dioptrique, les Meteores, et la Geometrie qui sont des essais de cete Methode, Ian Maire, Leiden 1637;

Le prime punte di freccia risalgono al Neolitico (8000 a.C. – 3500 a. C.);

Tempio dedicato alla Triade Capitolina (Giove, Giunone e Minerva) situato al centro della collina che ospita l’area sacra del Parco Archeologico;

La fondazione di Cosa da parte dei Romani risale al 273 a.C. in seguito alla vittoria sulle città etrusche di Volsinii e di Vulci nel 280 a.C.;

Divinità d’importazione greca, Saturno nasce proprio dall’incontro fra Gea, la Terra, e Urano, Dio del cielo, assumendo l’originario nome di Crono (Κρόνος), il Tempo, colui che genera e divora;

Gli studiosi americani hanno fatto emergere un uso cultuale dell’Arce già nel III secolo a.C. Tra le principali evidenze vi sono una piattaforma quadrata in pietra calcarea di circa 7,40 m per lato e una fenditura naturale nella roccia (h 2,50 m ca.), nella quale vennero rinvenute tracce di cenere e vegetali carbonizzati, da leggersi quali offerte votive;

Quattro punti cardinali è il titolo dell’opera con la quale Felice Levini si presentò alla Biennale 1993 La coesistenza dell’arte;

Piero della Francesca, Sogno di Costantino, 1458-1477, affresco facente parte delle Storie della Vera Croce nella cappella maggiore della basilica di San Francesco ad Arezzo;

From Dusk till Dawn (IT Dal tramonto all’alba), regia di Robert Rodriguez, soggetto di Robert Kurtzman, sceneggiatura di Quentin Tarantino, USA 1996, 108’


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