La mostra è quindi stata pensata per gli spazi esterni alla casa che l’architetto aveva progettato per l’amico stampatore Giovanni Lana e la sua famiglia. Le opere si articolano intorno alla ricostruzione degli interni del capolavoro di Sottsass. Sulle mura che circondano Casa Lana sono invece riportati alcuni segni grafici elaborati dal designer per ceramiche, come fossero pitture rupestri praticate sull’intonaco che ci proiettano all’interno della poetica grafica di Sottsass. La curatela è stata affidata a Barbara Radice – che ha donato molte delle opere esposte e ha contribuito al riallestimento della casa – Marco Sammicheli e Iskra Grisogono di Studio Sottsass.
Se Struttura e Colore e Il Calcolo avevano messo in luce aspetti della ricerca di Sottsass legati alla relazione tra l’uomo, le sue necessità, i suoi riti e lo spazio abitato in un caso e alle applicazioni sperimentali e alle sfide tecnologiche nell’altro, La Parola è un tentativo di “proporre un’antologia visiva e letteraria che rappresenti l’essenza dell’originale vena narrativa di Sottsass”. Parafrasando le parole di Marco Sammicheli, Direttore del Museo del Design Italiano di Triennale Milano e curatore della mostra che chiude questo ciclo espositivo – presente durante la preview tenutasi negli spazi di Casa Lana nella mattinata del 19 gennaio – La Parola mira a svelare il rapporto tra l’architetto tre volte Compasso d’Oro e l’utilizzo delle parole come veicolo di concetti e proposte artistiche. “Le parole possono essere un’occasione, come nei graffiti, per esprimere un’idea, per creare arte. Affreschi, graffiti, pittura rupestre appartengono alla storia dell’arte. Il mondo della parola è centrale nella poetica di Sottsass, il quale ha sempre guardato alla sua epoca senza dimenticare di cercare un filo continuo che lo tenesse legato al passato.
In “Il pianeta come festival. Città abbandonata e divorata dalla giungla” Sottsass cita nel titolo una parola che, negli anni ’50, incarnava proprio il concetto dello stare insieme, della condivisione musicale che portava le persone a incontrarsi. In questo caso, il vocabolo viene utilizzato con un’accezione antropologica, inserita in una realtà in cui l’architettura è in rovina, il passato in decadenza e nella quale non vi è alcuna continuità con quello che è il futuro prospettato dal designer. Il segno grafico, la cultura visuale, gli schizzi, le lettere e i quadri sono tutti mezzi tramite i quali trasmettere messaggi, idee.
La volontà dei curatori è quella di mostrare come Sottsass abbia comunicato con tutti i mezzi che aveva a disposizione, come non abbia mai abbandonato la letteratura, i giornali ma, anzi, abbia cercato di abbracciare media e fonti diverse per rimanere fortemente ancorato alla realtà che voleva raccontare. “Sottsass ha la grandezza di aver costantemente tentato di trasformare qualcosa di personale in universale. In questa mostra si parla di vita, di morte, di pace, di guerra, di musei e dell’importanza della parola. In qualche modo c’è tutto ciò che fa parte della vita umana, visto dalla prospettiva di Sottsass e declinato in una visione non parziale” conclude Sammicheli mentre racconta della mostra di fronte alle gigantografie di “Materia Oscura” e “Bandiera Bianca”, alcune delle opere concesse alla Triennale dallo Studio Ettore Sottsass.
Appena si mette piede nella grande sala al primo piano della Triennale, si entra nella dimensione Sottsassiana grazie all’affissione di una grande scritta-installazione su una parete posta davanti a Casa Lana che recita: “Degli artisti per conto mio, conta più la vita: come di tutti conta soltanto la vita più che le “opere”. Tutti dovrebbero sempre raccontare la loro vita e scrivere diari immensi, anzi, tutti dovrebbero soltanto vivere, voglio dire sapere di vivere. Le opere sono cadaveri vaganti. Invece io vorrei sapere com’è stata la vita di ogni polvere che c’è sotto i tumoli di tutte le necropoli del mondo, per questo non vado mai a vedere i musei e quando ci vado mi viene una melanconia infinita: penso quando a tutto quello che c’è stato dietro alle opere”. Questo lungo aforisma, scritto in verde in stampatello maiuscolo, riassume il pensiero di Sottsass e mette in luce la principale qualità che deve avere un artista. E non si parla di talento, bensì di curiosità.
La mostra riunisce una selezione di disegni, oggetti, scritti e opere inedite. Elenchi, descrizioni, confessioni, diari, corsivi, racconti, riviste, manifesti, fanzine, articoli, interventi, conferenze e recensioni sono tutte tracce delle molteplici forme della Parola di Sottsass, che hanno aiutato i curatori ad evidenziare i momenti chiave della gloriosa carriera dell’architetto del Contro Design. Sarà possibile visitare “Ettore Sottsass. La Parola” fino al 2 aprile 2023.