Daniela d'Arielli, Il corpo che abitiamo (dettaglio), 2023, tela, fili rossi, 445x213 cm, ph. Giorgio Benni, courtesy l'artista

Daniela d’Arielli, A te, galleria Monitor, Palazzo Maccafani, Pereto (Aq)

Si è da poco conclusa, nella sede abruzzese della galleria Monitor a Pereto, la personale dell’artista Daniela d’Arielli (Ortona, 1978).
Daniela è stata tra le protagoniste dell’edizione 2022 della Straperetana, la manifestazione ideata da Paola Capata e Delfo Durante, che dal 2017 diffonde l’arte contemporanea per le strade e i palazzi del borgo in provincia de L’Aquila e dalla quale ha preso vita una piccola collezione pubblica, fruibile nel centro storico.

D’Arielli, che nella stessa estate aveva esposto nella personale A cquà, Qui, In questo luogo al Museo delle Genti d’Abruzzo di Pescara, è nota per le sue opere in cui l’acqua è l’elemento primigenio, fonte vitale da cui l’artista, che proviene da una famiglia di marinai e pescatori, trae ispirazione rielaborandone forme e significati attraverso disparati media che vanno dalla pittura alla fotografia fino al ricamo, tecnica prediletta per la sua più recente produzione e al centro di questa mostra. 

Nella serie di opere appositamente concepite per la galleria Monitor e realizzate nell’ultimo anno, d’Arielli approfondisce quella ricerca sul tessuto e il cucito attraverso i quali dà immagine ai corsi d’acqua, fiumi, laghi, porzioni di mare che, dalla riflessione sul suo territorio di origine, si allarga in questa occasione a una visione globale, fino a descrivere tutti i fiumi del mondo. Sono due i planisferi, una sorta di finestre aperte sull’immagine dell’intero globo terrestre, su cui l’artista interviene applicando in un caso uno strato di foglia d’oro a cancellare, con accurata manualità e pregiata resa, la terra ferma, lasciando così affiorare unicamente un dedalo intricato di venature acquatiche; nell’altro, su di una superficie di plexiglass sospesa al centro della prima sala, d’Arielli sparge uno strato finissimo di sale, rimandando al minerale primigenio presente nel mare. Diversi i significati sottesi, dalla sacralità dell’oro alle qualità conservative del minerale, che implicano una riflessione accorata sulle vicende della questione migrante, che proprio nell’acqua trova il maggior ostacolo e pericolo. A questo rimanda il grande arazzo sospeso nella seconda sala, in cui d’Arielli ha ricamato sapientemente i fiumi, i ruscelli e le porzioni di mare dell’intero globo terrestre con un filato rosso, come il sangue che scorre nelle nostre vene e quello versato nelle acque profonde in cui perdono la vita coloro che cercano rifugio da una guerra o da eventi climatici estremi. 

Il titolo della mostra, accompagnata da un testo critico di Maurizio Coccia, compare nell’affiorare per poi scomparire di un video simile a un dipinto, che l’artista proietta sulla cisterna d’acqua nell’ambiente inferiore; sullo sfondo del mare di Francavilla, inquadrato dalla finestra della casa materna, dal vapore del suo respiro emerge la scritta “A te”, una dedica rivolta al mare, alla madre e al concetto stesso di origine in senso più ampio, quale forma di ringraziamento alla presenza dell’altro e dalle sembianze fortemente pittoriche. 

D’Arielli, invitata giovanissima ad esporre da Nicolas Bourriaud al Fuori Uso da lui curato nel 2006 a Pescara, ha la pittura dentro e riaffiora, al pari della traccia del suo respiro, nell’ultima poetica installazione: un letto posto nell’ultima sala inferiore, illuminata solamente da una luce UV, su cui l’artista ha steso un’antica coperta a rombi della tradizione abruzzese. D’Arielli è intervenuta dipingendola di nero e ricamandovi sopra in bianco, il filo che unisce il particolare del luogo e l’universale del cosmo, un planisfero che mostra in questo caso non i fiumi ma le coste dei paesi che, con l’innalzamento dei mari dovuto al riscaldamento globale, sono destinati all’erosione fino a scomparire. I punti del ricamo, dalla forma di stelle, brillando sul nero del tessuto richiamano l’infinità dello spazio e del cielo: a partire dalla riflessione sul suo luogo d’origine, d’Arielli rimanda al concetto stesso di esistenza umana di cui il mondo intero è casa, senza distinzione di provenienza e di religione e essenza materna che ci accoglie nella sua terra al momento della fine.