Cura Cultura. Scacco matto alla Corona

Cura Cultura è un’iniziativa di Arteprima Progetti e xister comunicazione pensata per cercare di dare un piccolo contributo alla strumentazione emotiva e culturale da contrapporre alle difficoltà e alle paure del momento. Un video di natura ibrida, per lo più un’opera di videoart ma anche un docu_clip ideato e realizzato dagli artisti Giuseppe Stampone e Filippo Riniolo a cura di Francesco Cascino e Azzurra Immediato.

Cura Cultura è un’iniziativa di Arteprima Progettixister comunicazione pensata per cercare di dare un piccolo contributo alla strumentazione emotiva e culturale da contrapporre alle difficoltà e alle paure del momento. Qui c’è un testo che ne racconta i semi filosofici, scritto da Azzurra Immediato e da Francesco Cascino, curatori di questa operazione che avremmo preferito non progettare mai, ideata e realizzata con gli artisti Filippo Riniolo e Giuseppe Stampone, l’agenzia di Comunicazione Culturale xister e noi di Arteprima Progetti. Tutti i soggetti coinvolti hanno lavorato a titolo gratuito per pura e semplice responsabilità culturale, empatia, comune sentire. La normalità, insomma.

Cura Cultura è un video di natura ibrida, per lo più un’opera di videoart ma anche un docu_clip, un appello alla coscienza collettiva che abbiamo deciso di produrre perché l’arte, da sempre, genera simboli attivatori di senso e metafore di lettura alternativa al pensiero prevalente, simboli che uniscono milioni di persone e identificano comunità senza confini. Proprio l’identità comune è l’elemento necessario a vincere la paura, sempre, non solo in questo frangente, così come l’intelligenza collettiva diventa sapienza connettiva che allontana il senso di solitudine e toglie la retorica a quello di moltitudine. Il Coronavirus ci ha uniti come poche altre cose nella storia recente, perché le guerre dividono e si capisce solo dopo quanto siamo stati superficiali e suicidi. Il Coronavirus ci ha fatto scoprire che le nostre connessioni morali sono anche connessioni biologiche, dimostrando che siamo tutti uguali, esposti e disposti alla felicità quanto alle disgrazie. Siamo connessi dalla vita stessa, se ne comprendiamo fino in fondo le mille implicazioni.

Per esempio, con l’epidemia stiamo comprendendo che i muri hanno sempre una doppia parete, quella verso l’esterno e quella che ci rinchiude negli angusti ambiti del nostro isolamento. D’altronde chi ci vende certezze le chiama appartamenti; chi viveva nelle tribù, in comunione reale con il mondo invisibile e quello sensibile, li chiamava vicinati. Proprio la vicinanza è il nostro scopo: siamo vicini a chi soffre, da sempre, e siamo vicini anche a chi non comprende la complessità dei problemi e subisce la semplificazione quotidiana che i mezzi di comunicazione di massa o la politica di serie B ne fanno, in buona o cattiva fede.


Perché ogni cosa che non si percepisce o non si esperisce mediante i sensi, semplicemente non è vera, non esiste, non può essere elaborata correttamente: appare ma non trasmette informazioni emotive, le uniche che in_formano davvero. Li chiamano media proprio perché mediano e, in questo caso, possiamo dire che in media stat virus, così come nei decaloghi che, nel passaggio dalla prudenza al panico, vendevano molto di più.

L’artista Filippo Riniolo nel suo video motion ha usato la scacchiera come simbolo atavico di ordine sociale ma anche di bene e male, elementi imprescindibili nel mondo e nelle persone, territori pericolosi da attraversare da soli se si vuole davvero comprendere i fenomeni complessi. Ed evolvere. La scacchiera è la vita, c’è il buio e c’è la luce, ci sono il bene e il male: sei tu che devi fare attenzione a dove metti i piedi, imparare ad evitare cadute attraverso la Cultura. Le mascherine, metafora del presente ma anche di maschere, come ci ha spiegato ancora l’artista nel video, non fermano la caduta e non ci insegnano a volare. Inoltre con gli Scacchi devi fare attenzione alle mosse che fai, ogni momento… Un’opera complessa che contiene mille avvertimenti e mille stimoli.

L’artista Giuseppe Stampone nella sua opera Divisa Uniforme, il disegno che è anche una Lettera dell’Abecedario come in uno dei linguaggi espressivi classici dell’artista, in questo caso la U di Unità e di Uniforme, mette in campo un cortocircuito linguistico ironico e sottile che sottende all’obbedienza che molti non prestano, ma anche al sentimento di Patria che tutti dicono di avere ma che tutti, nei fatti, tradiscono pur uniformandosi ai costumi imposti per sentirsi parte di un tutto. L’artista ha usato una corona e uno specchioper parlare anche della percezione che ognuno di noi ha della propria verità che, però, poi deve confrontarsi con la realtà, aprendosi al coraggio del dialogo, della riflessione e del riflesso. Specchio specchio delle mie brame, diceva una Regina delle favole – con tanto di corona – che sono le narrazioni più sincere del mondo, come i bambini a cui sono destinate. Ognuno si vede come vuole, poi arriva un virus che scopre quanto siamo uguali, ci chiede di usare la testa, come chi porta corona, ma noi continuiamo a percepire noi stessi come ci piace, non come siamo davvero. Ci dividiamo su tutto, nei fatti, ma ci sentiamo uniti di fronte a una divisa. Persino nello specchio siamo dissociati.

Abbiamo capito molte cose mentre lavoravamo con gli artisti e i bravissimi creativi di xistera questo video: la sanità pubblica italiana è un bene inestimabile ma ciò non vuol dire che ogni ospedale funzioni, perciò tocca a noi essere proattivi, studiare, riflettere, comprendere che le differenze urlate come slogan sono solo strumenti di divisione, mentre sono la vera ricchezza dei popoli. Ogni volta che respingiamo un essere umano lo rendiamo invisibile, trasformandoci in ciechi senza coscienza del mondo in cui viviamo. Un mondo fatto di persone e di territori disastrati in cui abbiamo avuto la fortuna di non nascere. Ora tutto questo non ha più senso. Potevamo nascere virus e, in effetti, per la Terra lo siamo. Essa sopravvivrà a tutto questo. Noi invece no se continuiamo ad indossare maschere inutili, nascondendoci alle nostre profonde interiorità, alle responsabilità e alla bellezza di conoscere tutte le diversità che ci uniscono. Senza paracadute.

Testo critico di Francesco Cascino e Azzurra Immediato

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Lettera aperta

Stiamo tutti lavorando per Poi