Sydney si appresta ad essere la sede della fiera più effervescente dell’emisfero australe: dal 7 al 10 settembre, a Carriageworks, nel più grande centro multi-artistico della regione, più di 90 gallerie, provenienti dall’Australia, dalla Nuova Zelanda, dall’Asia e dal resto del mondo si metteranno in mostra per presentare il meglio delle pratiche creative che appartengono al nostro presente.
La Fiera, giunta alla sua settima edizione, è una grande occasione per raccontare l’avanguardia che nasce in questa parte del mondo, attraverso il lavoro di artisti affermati, emergenti, curatori e direttori di musei.
Le premesse si presentano piuttosto buone grazie anche agli eventi collaterali previsti in programma come ad esempio le performance live, i talk di approfondimento e mostre site-specific: www.sydneycontemporary.com.au
Nell’attesa che le porte di Carriageworks si aprano al pubblico è stato realizzato un tour tra le gallerie e i musei di Sydney; un’occasione per indagare lo stato di salute dell’arte contemporanea prodotta in questo angolo della Terra.
Sydney è una grande capitale, la città più importante del continente australiano, punto d’incontro tra Oriente e Occidente; le contaminazioni sono molteplici e l’arte esprime al meglio questa fusione che mette insieme esperienze autoctone, nello specifico quella aborigena, quelle che appartengono al sud-est asiatico (Cina, Giappone, Corea, Tailandia e Indonesia) e quella inglese/americana. Mercato e collezionismo si presentano fiorenti, soprattutto dopo la battuta d’arresto dovuta alla pandemia e il pubblico, che gravita intorno agli spazi espositivi, evidenzia un grande interesse nei confronti della contemporaneità.


Considerate la presenza massiccia di Musei e gallerie si è deciso di focalizzare l’attenzione solo su tre realtà, molto diverse tra loro ma utili perché cartine tornasole rispetto alla dimensione culturale che caratterizza il sistema dell’arte cittadino: il Museum of Contemporary Art dell’Australia, con sede nella suggestiva baia di Sidney, cuore pulsante della città dove trovano sede anche l’Opera House ed Harbour Bridge www.mca.com.au, Hazelhurst Regional Gallery and Arts Centre, complesso artistico situato a Kingsway, nel sobborgo di Gymea, a sud di Sydney, primo centro artistico pubblico del suo genere in Australia edificato su un’area di circa 1,4 ettari di giardini, comprendente due gallerie d’arte, un teatro, sale studio, bookshop, ristorante e caffetteria https://cms.ssc.nsw.gov.au/Community/Hazelhurst e The White Rabbit Gallery, una delle gallerie più glamour della città, con sede al n. 30 di Balfour Street (Chippendale), quartiere non molto lontano dal centro di Sydney www.whiterabbitcollection.org
Attualmente, presso il Museum of Contemporary Art dell’Australia, oltre alla collezione permanente sono allestite quattro mostre: Eight Artists, una collettiva con le opere di Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori,Raelene Kerinauia Lampuwatu, Emily Kame Kngwarreye,Naminapu Maymuru-White, Sandra Selig, Esme Timbery, Judith Wright e Gulumbu Yunupiŋu, Al río | To the River di Zoe Leonard, In Bloom (IndigiGrow) di Steve Carr, Hustle Harder di Adam Linder.
Le opere che compongono la mostra Eight Artists rivelano l’interesse condiviso degli artisti per la serialità e la ripetizione. Molti lavori esposti descrivono anche del rapporto che gli autori hanno con il corpo (il proprio o quello di altri) e con il movimento, la performance e le azioni gestuali che appartengono al processo artistico. Attingendo a diverse narrazioni culturali, molte delle opere sono supportate da una significativa conoscenza del territorio, gli artisti entrano nel merito delle danze cerimoniali aborigene, delle strette relazioni di parentela che appartengono alle tribù locali e delle storie di donne in un sistema sociale fortemente matriarcale.
Zoe Leonard con Al río | To the River presenta al pubblico australiano una mostra fotografica che ha avuto una lunga gestazione: per un periodo di cinque anni, a partire dal 2016, Leonard ha fotografato un tratto di 2.000 km in cui il Rio Grande/Río Bravo è utilizzato per delimitare il confine internazionale tra Messico e Stati Uniti. L’artista americana respinge le rappresentazioni riduttive proposte abitualmente dai mass media, e contempla, attraverso l’uso della sua analogica portatile, quelle molteplicità di poteri e influenze che condizionano il “disegno del confine”: interessi commerciali e industriali, storie culturali e legami familiari che attraversano il fiume.
In Bloom (IndigiGrow) di Steve Carr è un’installazione site-specific che invita a riflettere sul rapporto spesso difficile tra natura e “progresso” industriale. 11 pneumatici per auto fusi in bronzo sono impilati in una disposizione apparentemente casuale formando una fioriera, mentre Hustle Harder, di Adam Linder, è una performance durational che prevede una serie di partizioni mobili che imitano gli elementi che compongono l’infrastruttura del Museo, segnalando come tutto, dall’illuminazione alla segnaletica, condizioni notevolmente il comportamento dei visitatori.
Presso l’Hazelhurst Regional Gallery and Arts Centre di Gymea è in corso la mostra In the Arms of Unconsciousness: Women, Feminism & the Surreal, un’esposizione intergenerazionale che mette insieme 22 artiste australiane che esaminano il rapporto tra femminismo e il surreale.
Coinvolte nel progetto Del Kathryn Barton, Vivienne Binns, Pat Brassington, Louisa Chircop, Lynda Draper, Freya Jobbins, Deborah Kelly, Madeleine Kelly, Juz Kitson, Honey Long & Prue Stent, Lucy O’Doherty, Jenny Orchard, Jill Orr, Patricia Piccinini, Caroline Rothwell, Julie Rrap, Marikit Santiago, Jelena Telecki, Anne Wallace, Kaylene Whisky e Amanda Williams.
La mostra comprende dipinti, ceramiche, fotografie, sculture, opere video, disegni e collage. Posta all’interno di un rinnovato interesse per le artiste donne e il Surrealismo, questo ambizioso progetto esplora le idee del femminismo e del movimento artistico, proponendo un inedito “intreccio” tra queste tematiche focalizzate nella pratica creativa australiana sviluppata nel corso degli ultimi decenni.
Le artiste di questa mostra lavorano con elementi del surreale per esplorare, interrompere o sfidare le rappresentazioni tradizionali del corpo femminile e fornire prospettive uniche su questioni personali e politiche che appartengono al presente.
Alla White Rabbit Gallery è in corso la mostra I Am The People progetto a cura di David Williams con il coinvolgimento degli artisti: Caochangdi Workstation, Shyu Ruey-Shiann, Shao Yi, Hailun Ma, Liu Chuang, Gao Rong, Li Ming, Yang Zhenzhong, Lu Nan, Fu Chi-Kang, Li Xiaofei, Shi Guowei, Ge Hui, Lan Zhaoxing, Yang Xinjia, Liu Chang, Zhang Peili, Ouyang Chun, Zhou Bin, Wang Ningde, Yang Shen, Xiang Liqing, Cao Shu, Zheng Zhou, Cao Zaifei, Huang Xiaoliang e Chen Wei.
Gli artisti offrono, nei tre piani della sofisticata galleria, il loro punto di vista sulle lotte e sulle aspirazioni dei diversi gruppi che appartengono alla società cinese. In esposizione il punto di vista del mondo operaio, attraverso gli occhi di un lavoratore a Guangzhou e quello dell’impresa attraverso le azioni di un ricco imprenditore a Pechino. L’obiettivo è di oltrepassare tutti i confini tentando di limare il divario tra poveri, ricchi, società civile, politica, lavoratori, impresa e minoranze etniche, attraverso un unico slogan: Io sono il popolo.