Di Caravaggio, infine, non
resterà un centimetro di rosso
Una superba Sonia Bergamasco interpreta – con potenza spirituale – Cassandra, la figlia di Priamo re di Troia ed Ecuba. La sacerdotessa di Apollo, profetessa inascoltata per avere rifiutato l’unione erotica con il dio del sole. La santa. La prostituta. La dea di tutti i passati, di tutti i presenti, di tutti i futuri.
Fabre affida dunque alla sublime Bergamasco l’onore e l’onere di incarnare questo personaggio così complesso di cui già scrissero Omero, Apollodoro, Virgilio, e Ruggero Cappuccio le dà le parole. Cassandra si muove qui tra le vestigia di Segesta, cambia pelle come le decine di serpenti che la circondano, chiari riferimenti alle sue vicende di infanzia ma anche alla capacità che ella ha di essere viaggiatrice dei tempi e di inverare in carne ed ossa e tendini e pelle e capelli e occhi di donna, il femminino.
Cinque movimenti in cui ella progressivamente smaterializza alla ricerca anelata della fine delle sue innumerevoli incarnazioni. Bergamasco parla parole questa volta ascoltate, canta canzoni dei Beatles, appare come una dea madre, abbraccia i suoi serpenti, si muove ella stessa come un sinuoso rettile, è una kundalini che sprigiona tutta la sua divina manía, e che in questa occasione è ben decisa a far aprire le nostre orecchie affinché le sue visioni siano da noi accolte e riconosciute.
Resurrexit Cassandra, per l’appunto. Resurrexit. Pregevolissimo il tessuto visivo e sonoro che lo spettatore si trova dinanzi. Mai location potrebbe essere più acconcia ad accogliere una narrazione mitica che affonda le sue radici alle origini dei tempi.
La Cassandra di Fabre/Cappuccio lancia il suo urlo indignato contro le isole di plastica che galleggiano sugli oceani, contro i cambiamenti climatici e i quintali di monnezza. Contro i nemici di madre natura. È la Cassandra di Fabre/Cappuccio un acuminato gioiello che pone l’accento sull’eterna, imperitura volontà di auto-inganno e di non-auto-ascolto dell’ Essere Umano.