Pochi riti utili salvano
Serj, Pochi Riti Utili Salvano, 2022, diffusori, cavi, amplificatore, lettore multimediale, audio (122 min, 28 sec), dimensione variabile. Ph. Michele Alberto Sereni

Pochi Riti Utili Salvano – Serj

Siamo abituati a leggere il mondo in un’ottica di causa-conseguenza, dando priorità alla seconda. E se fosse il contrario? E se invece dovessimo ragionare sui motivi che ci spingono a compiere un’azione, piuttosto che sull’azione stessa? Attraverso la sua arte, Serj offre un’ipotetica chiave interpretativa, ma lascia allo spettatore il compito di trarre le conclusioni.

Nella concezione platonica di idea è racchiusa la differenza tra la realtà sensibile e la realtà ideale, connesse l’un l’altra, ma differenti nella sostanza. Per Platone, infatti, il cosiddetto “mondo delle idee” ha la priorità rispetto al mondo materiale, perché, ad esempio, se si pensa ad un cavallo ognuno di noi associa mentalmente una serie di caratteristiche e di attributi fino ad ottenere un’immagine dello stesso. Questa concezione sarà sempre perfetta e indiscutibile, poiché è innegabile che un cavallo ha quattro zampe, una coda, una testa, due orecchie e una criniera, ma ogni rappresentazione reale di quella concezione è unica e, in quanto tale, imperfetta.

Partendo da questo assunto, si può dedurre che ogni cosa che pensiamo e immaginiamo è perfetta nella teoria, ma nella pratica non ricalcherà mai totalmente le nostre aspettative, perché, proprio scontrandosi con la realtà, andrà adattata e subirà le conseguenze di azioni esterne fuori dal nostro controllo e previsione.

Serj – artista di origine bergamasca – torna nei suoi territori di origine per indagare proprio tali questioni, assumendole come fil rouge della propria poetica artistica. In tal senso, egli ha trovato nel Palazzo Oldofredi Tadini Botti il giusto interlocutore per le sue opere d’arte, facendoli dialogare sulla base delle loro funzioni.
Da un lato, la residenza estiva degli Sforza, originariamente adibita ad ospitare banchetti e battute di caccia (oltre ad aver assistito in passato a numerose battaglie), racchiude in sé il doppio tema dello svago e del suo opposto; dall’altro, l’opera d’arte, assunta come mezzo malleabile, permette all’artista di dare vita al proprio mondo interiore.
L’attenzione di Serj si concentra proprio su ciò che dicevamo all’inizio, ovvero sullo scarto tra aspettative e realtà, dove quest’ultima sembra essere secondaria. Nel caso del palazzo, ragionando proprio sulle tradizioni sopracitate e, nello specifico, sull’abitudine di preparare il momento della caccia organizzando banchetti e momenti di festa, Serj trae una constatazione: lo scopo ultimo della caccia stessa non è centrale, bensì il fulcro di tale occasione risiede piuttosto nel momento di condivisione e di celebrazione che lo precede. Allo stesso modo, in una circostanza di guerra (come le battaglie che occasionalmente avevano luogo negli stessi territori del Palazzo) si può ritenere più importante il periodo di tempo ad essa antecedente, impegnato a studiare strategie e tecniche, a discapito dell’azione stessa che verrà a compiersi poi.
Questo punto di vista può essere applicato a qualsiasi cosa: i preparativi ad un evento (di varia natura), il tempo speso ad organizzarlo e a concepirlo occupano infatti nella nostra vita e nella nostra quotidianità molto più spazio rispetto all’evento stesso.
Il medesimo ragionamento lo si può applicare all’arte, perché il prodotto finale è solo una manifestazione concreta di un processo mentale molto più articolato e perfezionato in un lasso di tempo che solo l’artista sa quantificare. Ed è proprio in tal senso che avviene l’incontro tra le parti.

Il percorso della mostra inizia con una grande scultura in cera nera posta a terra, rappresentante una mappa astratta dei territori circostanti.
Nella seconda stanza, in dialogo col ciclo di affreschi dedicato al mito di Amore e Psiche, Serj pone uno stendardo al contrario, con il manico a parete e le stoffe (in questo caso sostituite da pvc nero) a pavimento, privandolo della sua funzione originaria, alla quale si rimanda però attraverso uno scatto dello stesso artista che lo esibisce in mezzo ad un prato.
In quella successiva, egli gioca invece con una campana, anch’essa smembrata: ne viene mostrata la sezione tridimensionale e, a parete, è riproposta bidimensionalmente come se stesse fluttuando nel vuoto.
Sul pavimento del loggiato esterno, la stessa campana perde totalmente la propria forma rigida per lasciare il posto alla stanchezza che la rende molle e accasciata a terra.
L’ultima tappa del percorso è ospitata all’interno della chiesa di proprietà del palazzo, con un secondo accesso sulla strada: quattro totem costituiti da casse nere, disposte a cerchio, riproducono in loop la voce di Serj intenta a pronunciare le parole del titolo Pochi Riti Utili Salvano, alternate senza un filo logico, in modo da creare un cortocircuito linguistico che smembra la frase.

Sorge quindi spontaneo domandarsi: possono davvero salvare questi pochi riti utili? E, di conseguenza, da cosa dovrebbero salvare? Una risposta non esiste, perché Serj lascia libera interpretazione al pubblico, ponendolo di fronte a questo interrogativo attraverso la propria arte.

  • Pochi riti utili salvano

Palazzo Oldofredi Tadini Botti
via San Rocco, 1 – Torre Pallavicina, Bergamo
Pochi Riti Utili Salvano – Serj
mostra a cura di Roberto Lacarbonara
fino al 24 luglio 2022
info: sabato e domenica, 16.00-19.00; gli altri giorni è visitabile su appuntamento