Giuseppe Zuccarino
Giuseppe Zuccarino, Sacrifici e Simulacri. Bataille, Klossowski (Milano-Udine, Mimesis, 2021)

Percorsi e devianze in Bataille e Klossowski

Del critico e traduttore ligure Giuseppe Zuccarino è appena uscito Sacrifici e simulacri. Bataille, Klossowski (Milano-Udine, Mimesis, 2021). Si tratta di un libro strutturato in due parti, che può offrire numerosi stimoli a chiunque si interessi alle trasgressive avventure di pensiero degli autori in questione, ossia Georges Bataille e Pierre Klossowski.

Filosofia e follia, eros e morte, scrittura e pittura, realtà e simulacro, meditazione e perversione, sono i luoghi estremi cui si applica Zuccarino nella sua, distaccata ed immersiva insieme, lettura.

Essa prende in esame le opere e le relazioni interpersonali dei due intellettuali francesi, ma nel contempo chiama in causa una galassia di altri nomi, antichi o recenti. Può trattarsi di autori riconducibili all’ambito religioso (Angela da Foligno, Ignacio de Loyola, Juan de la Cruz, Teresa d’Avila) oppure a quello filosofico (Nietzsche, Heidegger, Benjamin, Löwith, Sartre). Ma possono essere chiamati in causa anche scrittori-saggisti come Breton, Leiris e Caillois, o artisti dell’immagine come Masson, Dalí e Buñuel.

In Aprire gli occhi, capitolo iniziale del libro, a permeare luoghi di complicità o rigetto è la pulsione scopica, a partire dall’Histoire de l’œil di Bataille. La scrittura zuccariniana, sul feticistico tema dell’occhio, traccia, compostamente e con lucidi riferimenti letterari, artistici, simbolici, psicoanalitici, filmici, l’orrore freddo di un occhio cavato, profanato, erotizzato, rasoiato, sognato, autoleso nel delirio allucinatorio. Occhio assimilato all’uovo o al testicolo, aperto allo sfolgorio del sole in Van Gogh oppure chiuso, ma “sovranamente”, in René Char.

Segue il saggio L’esperienza di “Acéphale”.Quest’ultimo nome indica non solo una fra le più eterodosse riviste del Novecento, ma anche una misteriosa società segreta, che aspirava a introdurre gli adepti in un clima decisamente “altro” rispetto a quello dell’esistenza quotidiana, spingendo la ricerca di sacertà fino a prospettare l’ipotesi del sacrificio di sangue. Zona iniziatica, dunque, su cui l’autore indaga a livello di fonti, riferimenti, citazioni, ma soprattutto sul piano dell’analisi filosofico-politica e simbolico-cultuale.

Non privi di effetto, nel capitolo successivo del libro, appaiono i reiterati esercizi che Bataille mette in atto per smarrirsi nella notte fonda del non-sapere. L’autore, osserva Zuccarino, vive il depotenziarsi, il dileguarsi del reale discorsivo, situandosi, pervaso da un flusso emotivo ilare e angosciato assieme, nel vuoto di una conoscenza che intende separarsi tanto dalla letteratura quanto dalla mistica tradizionamente intesa. L’annuncio nietzschiano della morte di Dio si accompagna così, in Bataille, alla gioia di un sacrificio senza un altare su cui celebrarlo, senza un’entità divina a cui dedicarlo, senza un aldilà in cui santificarlo.

Prende forma, nell’atto della lettura, la perspicacia di Zuccarino di fronte a un luogo di pensiero, espressione, gesto, che non cessa di oscillare tra ordine e caos, linearità e labirinto. L’opera batailliana viene attraversata, dispiegata narrativamente nei suoi punti di luce, ombra e penombra, ma anche riesaminata tramite il giudizio critico (sia a favore che a sfavore), rilevandone, con alta sensibilità, le componenti paradossali, ossimoriche, alla luce degli slittamenti che un’umana coscienza può accogliere o subire nel corso degli eventi.

Al pari di Bataille, anche Klossowski è una complessa figura di scrittore, pensatore e artista, che a seconda dei casi narra, specula, disegna. Non è ininfluente, agli occhi dei suoi estimatori Deleuze e Foucault, il fatto che egli abbia tradotto in francese La gaia scienza e una parte dei frammenti postumi nietzschiani, o che sia lo straordinario, seppur tardivo, autore del libro Nietzsche et le cercle vicieux. In effetti, a ben vedere il filosofo tedesco e Klossowski risultano accomunati da una forma di pensiero connessa al pathos, in cui talvolta coesistono lucidità, delirio e ironia.

Nodale è il rapporto tra Corpo e pensiero in Nietzsche, cui fa riferimento il titolo di uno dei saggi inclusi nella seconda parte del libro. Klossowski intende spingersi oltre l’idea della molteplicità dell’io, già riconosciuta da Nietzsche, attribuendo a quest’ultimo la teorizzazione di un soggetto disindividuato, che scaturisce di continuo dall’incontro fortuito di impulsi contraddittori. A suo giudizio, Nietzsche considera la propria esistenza come un esperimento scientifico di cui lui stesso è la cavia, un ambito nel quale i sintomi corporei, divenuti linguaggio espressivo di esaltazione o sofferenza, vogliono quella fine di cui, angosciosamente, sono il presentimento. Un altro tema di grande rilievo è la teoria dell’eterno ritorno, di cui Klossowski propone un’interpretazione personale. Ma, anche a questo proposito, Zuccarino ha la capacità di far emergere alcune forzature che l’autore francese esercita nei confronti del pensiero nietzschiano.

A partire dai primi anni Settanta, Klossowski, fratello maggiore del pittore Balthus, decide di porre in secondo piano la propria attività saggistico-filosofico-letteraria per dedicarsi soprattutto a quella grafico-pittorica, passando dal disegno a grafite (che aveva già praticato in precedenza) a quello tramite le matite colorate. Zuccarino coglie l’originalità dei grandi supporti cartacei su cui si dispiegano le figure di nudi grandeur nature, tanto seducenti quanto perturbanti,connotatedall’inconsistenza cromatica, dal tonalismo dilavato, dall’umore malinconico dei fantasmi che le abitano. Tali opere sono paragonabili a lenzuola stinte che conservano le tracce corporee di chi vi si è coricato, di chi vi ha consumato un gioco erotico, forse di sottile colore sadiano (e Sade, non a caso, costituisce uno dei principali ispiratori sia per Klossowski che per Bataille). I quadri si offrono come scenari per un privilegiato voyeur, e spesso rinviano alle tematiche dei testi narrativi dell’autore, in particolare Les lois de l’hospitalité e Le Baphomet.

Nel capitolo finale, Sulla teoria dell’opera pittorica,Zuccarino rivolge la propria attenzione al modo in cui Klossowski affronta il tema controverso della legittimazione estetica e dell’attribuzione di un valore monetario all’opera d’arte, in una società consumistica di massa a capitalismo avanzato. A partire dagli effetti, sulla coscienza soggettiva e collettiva, di un’industria culturale volta alla standardizzazione dei prodotti, l’opera d’arte, nella visione klossowskiana, resta qualcosa di singolare, poiché esercita uno specifico influsso sull’immaginario. Per quanto, considerata in rapporto alla sussistenza materiale, rappresenti il segno di uno spreco e di una gratuità (concetto d’indubbia ascendenza batailliana), essa è supposta mantenere anche un valore pulsionale, atto a non svilire il lavoro manuale né quello dell’ingegno creativo. Il fantasma erotico, evocato dall’azione perversa dell’artista, seduce chi lo contempla, conferendo all’opera una potenzialità tale da sottrarla al circuito mercantile e assegnarla alla sfera dell’inestimabile. Klossowski contesta quindi l’asserzione di Marx secondo cui uno stesso lavoro può essere produttivo o improduttivo a seconda dei materiali usati, del tempo impiegato, della committenza.

Ma a questo punto entra in scena anche il riferimento al saggio di Walter Benjamin L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica (apparso inizialmente nel 1936, in una traduzione francese effettuata dallo stesso Benjamin in collaborazione con Klossowski). In quel celebre studio, il filosofo tedesco sostiene che, di fronte alla moltiplicazione delle copie, divenute accessibili al grande pubblico, l’originale tende a perdere la propria aura, il proprio valore cultuale, come accade nella fotografia e nel cinema. Tesi, questa, contestata da Klossowski, il quale rivendica all’opera artistica, da lui concepita come simulacro imitativo, una perdurante azione magica.

Opponendosi a un’osservazione di Paul Klee sull’obsolescenza del nudo nei quadri moderni, il pensatore e artista francese sostiene la necessità di non abbandonare le raffigurazioni di carattere erotico. Il pittore, infatti, nel realizzarle non fa altro che contraffare il modello invisibile di un’immagine, corrispondente al doppio demonico della propria emozione. Klossowski, nel testo Retour à Hermès Trismégiste (de la collaboration des démons dans l’œuvre d’art), rammenta che gli antichi invocavano i demoni per animare le statue degli dèi, in modo da rendere tali simulacri capaci di dispensare il bene e il male. Auto-percependosi come tramite di immagini trascritte sotto dettatura, egli si dichiara consapevole di operare in una maniera, per certi aspetti, analoga.

Dalla lettura dei diversi saggi compresi nel volume emerge la capacità, da parte di Zuccarino, di evidenziare, nell’opera di due intellettuali che frequentavano territori comuni di pensiero, scrittura e immagine, la presenza di zone attrattive o repulsive. È proprio nell’oscillazione e reversibilità tra i due poli di uno Zwischenraum che si muovono il pensiero del critico e l’emozione del lettore. Giuseppe Zuccarino, nelle sue escursioni conoscitive, si dimostra interprete sensibile e lucido delle Stimmungen che colorano i percorsi e le devianze (nei processi di vita, scelta, orientamento) di Bataille e Klossowski. Pathos e freddezza chirurgica, affondo spregiudicato e algida presa di distanza, connotano, di pagina in pagina, il percorso tracciato da questo critico, ligure per nascita ma europeo per appartenenza culturale.

Giuseppe Zuccarino, critico e traduttore con Viana Conti, critico e giornalista

Giuseppe Zuccarino
Sacrifici e simulacri. Bataille, Klossowski
Milano-Udine, Mimesis, 2021