Miaz Brothers. Reality: Optional

Un focus empirico sulla post-verità alla GAM di Roma

Apparenti citazioni di capolavori fuori fuoco pullulano nelle sale della Galleria d’Arte Moderna di Roma, dove resteranno fino al 26.05.2024, proprio con l’intento di mettere a fuoco una riflessione su tematiche e dinamiche quali la co-autorialità dello spettatore nel processo di fruizione, la ricezione delle immagini, la disinformazione. Si tratta della notevole e cospicua mostra Reality: Optional che vede protagoniste le opere dei Miaz Brothers, accanto a selezionati pezzi della collezione del museo ospitante, tra i cui principali autori novecenteschi si annoverano Balla, Rodin, Wildt, Sironi, Morandi, De Pisis, etc.

L’esposizione, divisa in quattro sezioni, offre un’ampia gamma di soggetti e punti di vista, concreti e figurati, attorno alla post-verità, attraverso opere postmoderne che obbligano il fruitore a muoversi, oscillare e tentennare per apprezzarle, stimolandone la concentrazione, instillandogli il beneficio del dubbio e coinvolgendolo attivamente nel completamento dell’opera come esperienza. Ciò, grazie all’inevitabile imposizione del tentativo di reperimento di tracce più o meno fallaci tra le nebulizzazioni ad aerografo, quasi esacerbazione degli sfumati leonardeschi. 

Così, tra le brume policrome della pittura dei fratelli, come in un catalogo, fanno ampio sfoggio icone della Storia dell’Arte quali – nella sezione Old Masters – la Dama con l’ermellino, il Salvator Mundi (Leonardo), la Crocifissione di San Pietro,la Deposizione (Caravaggio), la Ragazza col turbante (Vermeer) che, con la perturbante sensazione di familiarità e straniamento da esse suscitate, gratificano lo spettatore che le riconosce, talora facendolo divertire con l’ironia di alcuni titoli. Una riflessione non solo cognitiva ma anche fisica, grazie all’enorme sfera riflettente di escheriana/koonsiana memoria che campeggia nella sala espositiva d’esordio. Il movimento sorto nella fruizione della mostra diviene quindi simbolo della fluidità dei punti di vista, così come dei confini tra realtà e metarealtà, specie in una società mediatica della (dis)informazione che plasma pensieri e identità, così come intende mettere in luce la sezione Blurred Personalities, mediante ritratti monocromi distorti nei lineamenti e violati da pittura bianca. Sulla linea del ritratto prosegue la sezione Fake Duets che propone coppie affrontate di opere dei Miaz Brothers coi referenti originali della collezione della GAM, di Balla e Barbieri, in un rispecchiamento che dichiara la (falsa) riproduzione. 

Il cortocircuito diviene però sempre più interessante e incalzante nell’ultima sezione, New Trends and Experiments, in cui le citazioni si fanno esplicite e, in quanto tali, ancor più subdole, nella misura in cui anche la dimensione espositiva è citata. I dipintipongono infatti l’osservatore quasi in una posizione di auto osservazione, mostrandogli di fatto un suo alter ego,letteralmente spoglio di sovrastrutture culturali (persino gli abiti!), nell’atto di osservare un’opera nell’opera, di volta in volta citazioni da Warhol, Lichtenstein, etc. Ed ecco un nudo femminile di terga, di proporzioni quasi boteriane, osservare un Rothko, una danza di Haring, o forse addirittura toccare uno Spot Painting di Hirst, che esorcizza, nella misura dell’identificazione catartica dello spettatore, la sua celata voglia di non essere solo tale – mero osservatore – bensì fruitore a un livello avanzato, più partecipativo e coinvolgente. E quale effetto, se non proprio questo, è quello generato dalla fruizione esperienziale dei “dispositivi” pittorici dei Miaz Brothers?