Maurizio Cattelan, America, 2017. courtesy Guggenheim Collection NY

L’arte è morte

Aiuto, il cesso d’oro di Maurizio Cattelan è stato rubato! O magari no: che fortuna, il cesso di Cattelan è caduto in mano ai ladri. Di fronte a notizie come questa, non so se il riso o la pietà prevale. Pietà, intendo, per i poveretti che di sicuro si trattenevano da tempo per provare la gioia ineffabile di pisciare sull’“arte” e che adesso, flagellati dalla prostata, hanno bisogno di un dottore. Non sto esagerando: quando il lavoro si trovava in mostra al Guggenheim, la fila durava ore e ore. E guai ad assentarvi: altri avrebbero preso il vostro posto. Il riso, invece, riserviamolo alla trovata dell’artista che del furto o presunto tale potrebbe anche essere il mandante. In tal caso America, la creazione dal nulla che annuncia a suon di peti la morte irreversibile dell’era duchampiana, sarebbe il suo capolavoro.

Se infatti quell’incredibile trovata dell’Orinatoio aveva un limite, questo era proprio l’effetto sorpresa. Lo stupore legato alla decontestualizzazione e musealizzazione, con relativa risemantizzazione dell’oggetto trovato, può funzionare una volta, ma già alla successiva anche una foto basta all’uso (aggiungo tra parentesi che sentirsi presi, come accade ai visitatori di Fontana, per delle teste di cazzo, è esperienza che piace ripetere soltanto ai masochisti, o ai geni presuntuosi che si sentono al disopra). Ma vuoi mettere un cesso vero che diventa finto con uno finto che diventa vero, così vero che puoi usarlo per farci la pipì?

Dimenticavo: l’oro. Un metallo prezioso, da conservare in cassaforte, trasformato in ricetto di umane deiezioni. Ciò che in quanto “arte” è prezioso sarà pure contaminato dalla merda – in ciò potremmo anche leggere una larvata denuncia dell’arte di consumo; io ci credo poco: il metallo è incorruttibile – soprattutto, però, venendo meno diventa necessario. È questo il punto: il cesso che non c’è più, ma c’è stato, ci manca. E non nel senso della Gioconda o della Natività del Caravaggio che la sparizione ha proiettato nell’empireo del mito. Siamo stati privati della valvola di sfogo alla coazione a vivere esperienze fuori dal comune che spinge i più coraggiosi a sfidare le onde o a fare Bungee Jumping.

Se il ladro è Maurizio Cattelan, tanto di cappello: ha spento il parco giochi ed è scappato portandosi la chiave. Se invece a rubare il cesso sono stati ladri veri, non credo proprio che lo rivenderanno se non in forma di piccoli lingotti. In un caso o nell’altro, per chi ancora non lo avesse compreso, l’arte è morte. No, non è refuso: non è morta per niente. È morte e perciò non può morire. Chi soffra di incontinenza emotiva se ne faccia una ragione.