Le regole del potere

Uscito prima nelle sale, e poi – il 24 dicembre – su Netflix, Don’t Look Up racconta la storia di due astronomi di basso livello che devono fare un gigantesco tour mediatico per avvertire l’umanità di una cometa in avvicinamento che distruggerà il pianeta Terra. Andrea Guastella traccia un interessante parallelo con la letteratura orientale e l’attuale situazione politica.

Evviva! Anche quest’anno il miracolo è avvenuto. Come i magi persiani, pure noi, grazie a Netflix, abbiamo veduto una stella nel buio della notte, e l’abbiamo seguita. Dove? Ma è ovvio: sui social. Divisi, come sempre, in orde contrapposte. Da un lato, chi dice che la cometa è apportatrice di salvezza, dall’altro chi invita addirittura a non alzare gli occhi al cielo. Un cielo in cui, non da ora, ognuno vede ciò che vuole: dove per noi c’è la Lyra, per gli indiani c’è Abhijit, la prima incarnazione di Brahman.

Ai tempi del Redentore, a seguire la cometa erano i buoni. In Don’t Look Up, dolceamara commedia hollywoodiana, i buoni invece non si fidano. Non c’è trascendenza che tenga. Le illusioni bisogna stroncarle sul nascere. Persino i sentimenti non portano lontano. Se cediamo, saremo anche noi vittima di un manipolo di ricchi che è meglio gettar fuori dalla torre prima che scappino tenendosi la chiave. Ore contate per i Zuckerberg, i Gates e altri “giganti” globali che le gite per astra le fanno davvero? Non credo. Soprattutto se si osserva come i media siano ligi nel regolare il traffico, esercitando sovente un’autentica censura. Su chi contare allora? Sui familiari? Ma neanche a parlarne. Sugli influencer? Se difendessero il vero, sussurra il Grillo Parlante, sarebbero d’aiuto. Ma il gioco non vale la candela.

Me ne sono convinto, l’altra sera, rileggendo un classico della letteratura orientale, Le regole del potere dell’imperatore Tang: un libro che i nostri governanti, non foss’altro per comprendere le logiche dei non sempre amorevoli vicini, farebbero bene a meditare. Un giorno l’imperatore fece la seguente proposta ai suoi ministri: “Voi non conoscete molte persone di talento, e nemmeno io. Se stiamo fermi ad aspettare, non troveremo mai nessuno. Perché non chiediamo agli interessati di proporsi?”. “Non mi sembra una buona idea” obiettò il ministro Wei Zheng. “È difficile conoscere gli altri, ma anche se stessi. Uno stolto può ritenersi molto capace, ben oltre le proprie abilità, ed essere molto bravo a presentarsi. Quindi, se permettiamo loro di candidarsi, finiremo per assumere soltanto arrivisti privi di talento”. Autori sconosciuti, o sfortunati, consoliamoci: il saper vendersi, teletrasportandosi d’un balzo sulle vette del mercato, è un’arte sopravvalutata.

Siamo comunque di un anno più prossimi alla meta. Auguri sinceri.