La tensione metafisica

Si è inaugurata venerdì 28 aprile presso la galleria Carta Bianca di Catania la personale di Attilio Scimone La tensione metafisica, a cura di Francesco Rovella. La mostra, visitabile da martedì a venerdì 11.00/13.00 – 17.00/20.00, sabato 11.00/13.00, rimarrà aperta sino al 31 maggio 2023.

Attilio Scimone, dopo quasi cinquanta anni di lavoro dedicato in primo luogo al paesaggio, è molto più di un fotografo. Le sue opere sono fotografie solo in ragione della tecnica impiegata, del tutto sottomessa alla poetica espressione dell’artista. Che, anziché deliziarsi (e tormentarsi) nella ricerca dello scatto felice, del momento decisivo, lo ricrea in fase di sviluppo. Le sue visioni, prima di essere stampate in analogico, vengono infatti manipolate con tagli, abrasioni, scorticature in cui risiede la “tensione” che il titolo della rassegna dichiara espressamente. La ricerca su cui si è impegnato più a lungo è il grignotage: una tecnica che consiste nel provocare il rigonfiamento della gelatina nelle parti non esposte dell’immagine in modo da poterla asportare o “rimuoverla” sino ad arrivare al supporto cartaceo; un tentativo, a ben vedere, dioltrepassare il muro, di penetrare la patina gommosa della vita per inoltrarsi nel silenzio e nel buio: gli elementi costitutivi del sottosuolo, misterioso e terribile, di Caltanissetta, la sua terra d’origine, nota per le miniere di zolfo un tempo fiorenti quanto oggi desolate, e del suo ombroso paesaggio. La metafisica, l’idea stessa che il vero si celi dietro sensibili apparenze, frequentando posti simili è del tutto naturale. Perciò non mi sorprendono, nella fotografia di Attilio, le prospettive multicentriche, con punti di fuga non sovrapponibili, incongruenti, che inducono l’occhio a cercare costantemente un ordine nella disposizione dei piani; la pressoché assoluta noncuranza per le ombre, il cui posto è preso da graffi, macchie, sovrapposizioni, che bruciano gli argenti degli sfondi; l’insistenza di scene che, anche quando riguardano la Sicilia, si svolgono in un altrove imprecisato. Nessuno degli ingredienti della pittura metafisica manca all’appello. E in effetti, con la pittura, l’arte di Attilio, ha tantissimo in comune. Non, s’intende, per quanto concerne la scelta dei soggetti: lontanissimi dal pittoricismo di maniera di tanta fotografia siciliana, alla lunga insopportabile. Come nei Tagli di Fontana, il cui messaggio non risiede solo nello squarcio, ma nella terza dimensione, nel vuoto che si scorge oltre la tela, le foto di Attilio ci costringono a una continua messa a fuoco. Non basterà sapere che le immagini siano altro rispetto al reale, dovremo sperimentare che esse, come i sogni, lo modificano, lo plasmano, trasformandolo in versioni parallele e alternative. Dove siamo? In quale tempo o stagione? Se, lo scriveva San Paolo, la nostra conoscenza avviene per enigmi, come su uno specchio, perché essa sia completa lo specchio dovrà, per forza di cose, essere infranto. Tormentando le sue immagini sino allo sfinimento, Attilio, in un certo senso, l’ha già fatto.