Incorniciare il vuoto: L’impossibile è Noto

Il sequestro di ventisei opere d’arte perché “falsamente attribuite ad artisti di fama internazionale”.

Inizio da lontano: non c’è – o non c’era sino all’ultima riforma – cattedrale che non serbi una reliquia. Dal Braccio della Vergine alla Testa di San Giovanni da Piccolo il campionario dei tesori della fede è troppo vasto per essere anche solo immaginato. E si tratta di tesori in tutti i sensi: da un lato, perché rivestiti di ornamenti straordinari; dall’altro, in quanto in grado a loro volta di fruttare un capitale. Una chiesa che acquistava la clavicola di un santo, si rifaceva prontamente della spesa. Senza denaro, dacché mondo è mondo, la reliquia non si ostenta. Ma vuoi mettere pagare avendo in cambio un sogno, una storia fantastica, frammenti luccicanti di luoghi misteriosi? Qualcosa del genere è accaduto di recente in una mostra siciliana, L’impossibile è Noto, curata da Giancarlo Carpi e Giuseppe Stagnitta all’interno del Convitto delle Arti a Noto e visitabile fino al 10 novembre tutti i giorni dalle 10 alle 20: una gigantesca Kermesse con lavori futuristi, cubisti, metafisici, dada e surrealisti tutti insieme appassionatamente come i dolci sul bancone di una pasticceria, collocati a bella posta a ingolosire i pellegrini che ogni giorno percorrono le strade del Barocco. Persino Vittorio Sgarbi aveva tenuto presso la sede della mostra una lectio magistralis, impartendo dall’alto di quel pulpito la sua benedizione ai fedeli accorsi in massa e al capitolo degli organizzatori al gran completo. Non si poteva, davvero, sperare in una liturgia più solenne e in una questua meglio riuscita se non fossero intervenuti quegli eretici dei Carabinieri del Comando Tutela Patrimonio Culturale, che hanno sequestrato ventisei opere d’arte perché “falsamente attribuite ad artisti di fama internazionale”. Le indagini sono scattate dopo che il presidente della Fondazione Giorgio e Isa de Chirico ha avuto da ridire sull’esposizione di quattro opere legate al genio della Metafisica e ignote alla Fondazione. La Procura, ovviamente, ha nominato un perito, che non si è limitato a confermare la falsità delle opere suddette, ma ha rilevato dubbi su altre 19 delle 100 – 100! – esposte, riconducibili ad artisti come Boccioni, Balla, Carrà, Depero, Russolo, Picasso, Kandinskij, Jacob, Richter, Klee, Mirò e Dalì. La reazione dei promoter, per altro non nuovi a simili accidenti – un altro sequestro di due (presunti) falsi Giacometti ha funestato la mostra Ciclopicanella vicina Siracusa – si è tradotta nell’ostentazione di certificati di autenticità e nella declamazione delle sedi prestigiose in cui i lavori erano apparsi in precedenza. Lo stesso Sgarbi se l’è presa con l’esperta Mariastella Margozzi, con la magistratura che la ha incaricata – “ancora una volta un magistrato, sbagliando, chiama come esperto un falso esperto” – e con la Fondazione: “Dico che si tratta di quadri originali. Confrontate pure il mio parere con quello di una esperta che aveva già dichiarato falsi dei Modigliani che non erano falsi. La Fondazione? Ovvio, cerca di tutelare il monopolio non riconoscendo ciò che non controlla. Questo però non significa che si tratti di falsi”. Vero. Ma siamo certi che l’originalità delle opere sia poi così importante? Se fior di professori non riescono a mettersi d’accordo, come si può pretendere che i visitatori ci capiscano qualcosa? Nel medioevo, anche chi non credeva nell’autenticità delle reliquie non poteva fare a meno di stimarle prodigiose. Noi facciamo altrettanto. Accettiamo supinamente che l’arte non sia più viaggio, invenzione, arricchimento culturale. L’abbiamo ridotta a vetrina facile e accessibile per incorniciare il vuoto. 

L’impossibile è Noto, 2019
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