Continua presso la Galleria Studio G7 (Via Val D’Aposa 4/A) la mostra intitolata Lettere Efesie, prima personale negli spazi della galleria di Caterina Morigi, accompagnata da un testo critico di Giuliana Benassi; l’artista infatti collabora con la galleria dal 2022 in occasione della bipersonale con Mariateresa Sartori, a cura di Laura Lamonea. Il progetto è stato inaugurato lo scorso 6 febbraio nell’ambito di Art City Bologna 2025 in occasione di Arte Fiera.
Che cosa propone l’esposizione? La rassegna accompagna il fruitore in un viaggio che intreccia passato e presente, poiché l’artista cita immagini e dettagli che ripercorrono la storia dell’arte, restituendocele attraverso un linguaggio contemporaneo e materico. Come già anticipato nel titolo vi è un richiamo antico, ossia viene citato il termine Efesii, ovvero? Efesi rimanda a formule magiche dell’antica Grecia incise su amuleti protettivi, richiami a Efeso e alle celebrazioni notturne in onore della Dea Artemide.



Ammirando i lavori dell’artista in mostra traspare che l’antico e il simbolico siano per Morigi elementi fondamentali della sua ricerca artistica. Ne è un esempio la rassegna, dove l’immagine si rivela da ausilio per costruire in questo caso una nuova riflessione sulla rappresentazione della figura femminile vista come un personaggio divino e terreno. Guardando i lavori esposti si evince la volontà di narrazione che porta l’artista a coniugare epoche e linguaggi artistici differenti attraverso una personale e inedita visione. Morigi, attraverso il suo costante lavoro di ricerca ci mostra i dettagli di una bocca presa in prestito da Andy Warhol, o seni derivanti da una Madonna del Latte, nature morte come le mele di Tamara Lempicka, serpenti e liocorni bizzarramente con-fondersi come in un sogno, e allo stesso tempo richiamare alla memoria immagini atemporali. L’opera diventa quindi un dispositivo mutevole e cangiante che ha come obiettivo di ribaltare la visione, per esempio tra soggetto e cornice, centro e immagine, dando così inizio a una pluralità di fluide e diverse immagini soggettive. Parte del suo processo creativo è quello di catturare con l’occhio qualsiasi cosa che l’attrae, dopodiché la conserva “frollandola nella sua mente”per poi trasferirla su un supporto.
L’artista per esprimersi utilizza la graniglia, un materiale dall’atmosfera famigliare, poiché non è difficile trovarla nelle nostre abitazioni, dunque essa si serve di un materiale che è al contempo pop ma che nelle sue mani si eleva a status di strumento artistico, trasformandolo in un collage scultoreo che fonde naturale e artificiale. Morigi incidendo e intarsiandola graniglia dà vita a lavori di estrema raffinatezza, come la splendida Dea Baubo visibile in mostra.



Mediante questa pratica essa continua la sua ricerca delle reiterazioni delle forme e sulla vitalità della materia, mostrando il rapporto tra il micro e il macro degli elementi e allo stesso tempo riportando ai giorni nostri il concetto antico di mimesi. Ciò che colpisce del lavoro di Morigi è la sua voglia di esprimere la costante e continua metamorfosi dell’arte, essa non è finita ma infinita, si può sempre rielaborare; presentando così al pubblico immagini dotate di enigmi visivi in cui si rivela una densa realtà fatta di intrecci e variazioni. La mostra si concluderà a fine marzo.
Le opere finemente realizzate dall’artista in sinergia con l’azienda Aganippe Pavimenti, nascono mediante una relazione di arte impresa, modus operandi che ormai distingue la pratica di Caterina Morigi.

