la lunga estate calda

Di chi è La lunga estate calda alla Galleria D’Arte Nazionale Moderna e Contemporanea di Roma?

Fino al 7 gennaio, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea si presenta La lunga estate calda, a cura di Claudio Libero Pisano, ventiquattro installazioni sonore diffuse all’interno degli spazi museali.

Ciò che accade negli interminabili giorni dell’estate ha tutta la potenza necessaria per diventare, nel futuro, un ricordo di ieri […]. Con queste parole tratte dal suo romanzo Dentro, Sandro Bonvissuto, celebre scrittore italiano, omaggia La lunga estate calda, rassegna espositiva curata da Claudio Libero Pisano, intitolata sulla scia dell’opera filmica di Martin Ritt (1958) e inaugurata lo scorso 29 Novembre 2023 alla Galleria D’Arte Nazionale Moderna e Contemporanea di Roma. La sua installazione sonora, il giorno che mio padre mi ha insegnato ad andare in bicicletta (02’40’’, 2015 – 2022), sembra quasi un preludio a quella malinconia sentita da chi sa di essere pronto a salutare quei giorni di spensieratezza. Appare chiaro, quando si parla di questo genere di installazioni, che anche il più abile critico  che usa il potere tagliente o puntuale della retorica, trovi insidioso descrivere con parole il più verosimilmente obiettive la natura invisibile del suono, specialmente se alcuni degli interventi non sono opere realizzate ex novo, ma frutto di un’elaborazione effettuata da critici e scrittori di materiale bibliografico e archivistico. Alle opere di artisti visivi, dunque, (Sonia Andreasano, Paolo Canevari, Iginio De Luca, Sabino De Nichilo, Bruna Esposito, Paola Gandolfi, Donatella Landi, Myriam Laplante, Martux_m,  Fiamma Montezemolo, Liliana Moro, Elena Nonnis, Isabella e Tiziana Pers, Gioacchino Pontrelli, Donatella Spaziani) vengono affiancate reinterpretazioni e registrazioni ricercate da critici, curatori, intellettuali, scrittori e registi: oltre a Bonvissuto, compaiono infatti personalità poliedriche come Carlo Alberto Bucci, Cecilia Casorati, Anna Cestelli Guidi, Jacopo de Bertoldi, Monica Micheli, Mario Pieroni e Caterina Silva

Per una rassegna così mirata occorre un’attenzione quasi certosina per non cadere nell’indifferenza: una disciplina notevole nel rimanere concentrati, non solo per riuscire a captare pulite e limpide le varie frequenze che ogni singola composizione sonora propone, ma anche per non farsi distrarre dalla presenza ormai monumentale dell’intera collezione museale che, ormai protagonista e diva di quel palcoscenico il cui direttore ha appena tolto la sua locandina, lascia inebetito il suo pubblico. Visitare la rassegna il giorno dell’inaugurazione è stata, forse, una scelta poco saggia: continuamente stimolata dai continui brusii di persone e dal rumore cadenzato dei tacchi che percorrevano i pavimenti delle sale, la mia esperienza avrebbe potuto essere a tutti gli effetti compromessa, eppure è proprio una condizione simile che porta, ipoteticamente, il pubblico a mantenere una concentrazione elevata, spingendolo a una massima prossimità nei confronti delle opere. Certo è che – e ormai pienamente ribadito tra le voci di corridoio del settore –  trovandosi all’interno di un istituto museale di quel calibro, uno spettatore non preparato ad un tipo di rassegna simile – e aggiungerei non opportunamente accompagnato – rischia di lasciare nella totale noncuranza e trascuratezza la singola opera sonora. 

Sicuramente ci si può creare, di contro, «una stanza tutta per sé», appoggiandosi alla parete o chinandosi, alle volte, ad ascoltare la voce melodica di Cheb Khaledi intenta a cantare C’est la vie, con cui l’artista Fiamma Montezemolo omaggia l’esperienza a Khadija durante le sue visite estive, segnando la cadenza del tempo dei suoi viaggi in auto, circumnavigando il tragitto che percorre la medina (C’est la vie, Khadija, 02’00”, 2023). Ma dunque è sempre il tempo che determina la fruizione puntuale che lo spettatore sceglie di dedicare alle singole opere, lo stesso che invade la scena e che muta le sue battute nel pentagramma. È certamente una rassegna che punta sulla carta della suggestione e della percezione, puramente soggettiva, ed è indiscutibile la sua genesi: una trasposizione di singole esperienze e singoli ricordi, o ancora la rievocazione di fatti storici estremamente importanti per l’immaginario collettivo: non una rassegna guidata dal principio dell’«arte per l’arte», ma piuttosto da quello dell’«arte per qualcuno o qualcosa». È certamente un tributo, la cui forma e definizione rimane inevitabilmente nascosta e libera. 

La “lunga estate calda” di Carlo Alberto Bucci (Via della Purificazione, 01’35”, 2023), poi, è quella  del suono meccanico della macchina Olivetti, compagna di vita del giornalista come del padre, nel percorso orizzontale della scrittura pubblica e nel tintinnio dell’andare a capo; Cinque a cinque (04’54”, 2023) è il titolo dell’operazione, dal taglio più privato, con cui Sonia Andresano fa riemergere dalla memoria una partita a calcio-balilla giocata con la sorella a distanza di trent’anni dalle sfide d’infanzia. 

Gli esempi offerti, che spaziano da una lettura intimistica a una più apertamente sociale del tema, rientrano in una casistica più ampia – impossibile da approfondire in completezza in questa sede, a meno che non ci si voglia adagiare su una descrizione di superficie – che sostanzia la mostra-tributo organizzata dalla Galleria Nazionale. Un tributo, dunque, ma a chi?  O a cosa? Alle battute conclusive del mandato della Collu – nell’anno più caldo – e alla sua missione di rendere la Galleria un’istituzione ecosostenibile? Un omaggio ai nostri giorni, invece, o ancora un pensiero rivolto al ‘900, e all’allestimento storico del museo?

La lunga estate calda
A cura di Claudio Libero Pisano
29 Novembre 2023 – 7 Gennaio 2024
lagallerianazionale.com/la-lunga-estate-calda