DESTINAZIONI foto Marcela Cernadas, Beyond Nature, video

Destinazioni: Viaggio tra le sponde del mare e dell’immaginario

Il percorso di lettura della mostra multimediale Destinazioni, ideata dalla curatrice Virginia Monteverde per il Galata Museo del Mare di Genova – il maggior museo marittimo del Mediterraneo – è quello cui fa cenno il titolo del saggio Dal viaggio all’opera del prefatore Giuseppe Zuccarino (nato in provincia di Genova nel 1955 è critico e traduttore).

Il termine Destinazioni, che intitola la mostra, deriva dal greco ίστημι/ìstemi che indica lo star fermo, la fissità stanziale in quel luogo che può rappresentare una meta, la destinazione di un viaggio intrapreso che si adempie nella figura di un possibile destino. La mostra si territorializza e deterritorializza, alternativamente, dai campi del sociale a quello della psiche, dalla mitopoiesi alla letteratura, dalla fenomenologia alla cartografia, dalla scienza alla natura, dal reale al virtuale, dal gesto performativo all’astrazione, in termini, di volta in volta, metaforici, simbolici, enunciativi, tautologici, archeologicamente o automaticamente discorsivi.

I tredici artisti invitati appartengono a Paesi e contesti estetico-culturali differenti. Dalla Francia proviene Lory Ginedumont, dalla Germania Andreas Burger e Fried Rosenstock, dall’Italia Carla Iacono, Viviana Milan, Alessandro Zannier, dall’Olanda Anne-Claire van den Elshout, Christian Zanotto, dalla Spagna Nano Valdes, dalla Svizzera: Peter Aerschmann, Silvano Repetto, Nina Staehli. Ogni artista delinea un suo campo di indagine, un suo territorio semantico, in cui formalizzare e visualizzare la sua avventura estetica.

Peter Aerschmann presenta Ghost/Fantasma, una mega-proiezione video HD, sulla parete sovrastante le fiancate della galea secentesca, ricostruita in scala 1:1, nel museo del mare.  Una dozzina di figure in movimento, rivestite del classicamente spettrale lenzuolo bianco, esibisce la propria invisibilità identitaria. Confrontato con uno schermo che lo connette, in tempo reale, al mondo intero, l’individuo rischia di vivere un delirio di onnipotenza. Tracciato ovunque e incessantemente dai dispositivi della rete connettiva, il soggetto viene scollegato progressivamente, nella riflessione dell’artista svizzero, dalla collettività fisica, dal contesto della prossimità, subendo una progressiva robotizzazione e derealizzazione.  Dietro a ogni immagine, teorizza Baudrillard, è pensabile che sia scomparso un elemento reale, dietro a ogni rappresentazione che sia scomparso l’attore dello sguardo, al punto che diventa indecidibile, nelle lande spettrali e finzionali del virtuale, se è al reale che si tributa un culto o alla sua sparizione.

Andreas Burger (nato nel 1967 a Merano, si è formato all’Akademie der Bildenden Künste di Vienna, vive e lavora a Berlino) è un artista multimediale, di ascendenza concettuale, interessato al comportamento dell’individuo, di una società consumistica di massa, in un contesto quotidiano, in relazione al suo status symbol e alla sua appartenenza antropologico-culturale. L’artista mette in atto, dal suo osservatorio e con gli strumenti del suo immaginario, un’indagine sui processi di acquisizione e perdita d’identità. Tra i suoi campi di riferimento figura quello del gioco del Lotto tedesco, quello degli scacchi e in occasione della mostra genovese Destinazioni, quello di origine cinese dello Shangai. Andreas Burger, infatti, espone l’acrilico su carta intitolato L’oracolo degli spaghetti (profezia che si autoavvera), in cui 42 spaghetti immersi nel colore acrilico nero – il numero corrisponde a quello delle colonne del tempio di Apollo a Delfi – lasciati cadere sul foglio, come nel gioco del Mikado, delineano il campo oracolare della profezia. L’artista di Merano sembra impegnare la sua ricerca e la sua attenzione tanto sui probabili dispositivi di attribuzione di valore all’opera d’arte quanto sull’aleatorietà dei sistemi statistici del gioco.

Marcela Cernadas (nata a Campana, Argentina, 1967, vive e lavora, alternativamente, in Italia, Spagna, Argentina)  presenta in mostra il video silente Beyond Nature, in cui non cessa di apparire e sparire il busto di una giovane, dai capelli color Tiziano, che regge, con la mano sinistra, contro il petto, un polpo dai tentacoli che ricadono sul polso. L’opera attiva un processo che trova il suo luogo d’appartenenza nello statuto del visuale, nella condizione del silenzio, nella sfera della bellezza, del femminile, del bianco perlaceo della carnagione, ma anche della figura luminescente – di arcaica decorazione vascolare minoica, di evocazione nel mondo surreale di Dalì – del polpo, della cascata di capelli ramati di una giovane modella scelta da un’artista argentina che, a partire dall’aura di una tela di Tiziano Vecellio, ne lascia accadere lentamente la seduzione tentacolare in un video destinato – e qui la parola richiama il titolo della mostra Destinazioni – all’osservatore di un’opera d’arte esposta in un museo dall’etimo linguistico tanto indecidibile quanto verosimile, derivando, insieme, dal greco γάλα/gala, riferibile alla spuma lattea dell’onda, alla Galassia della Via Lattea – parte del nostro sistema solare ben nota ai naviganti – al quartiere genovese presente, dal 1260, per due secoli, a Costantinopoli, al deposito delle galee. L’epifania silente, en ralenti, della modella tizianesca si formalizza dal vuoto e al vuoto ritorna, lasciando come memoria labile di sé il trascorrere delle nuvole sullo schermo di Beyond Nature. L’evento-immagine, in Marcela Cernadas, scaturisce da un’immaginario che opera liturgicamente al farsi luogo dell’opera, all’accadere di una presenza che porta in sé i dispositivi della sua sparizione, risolvendosi nel suo dissolversi, liberando tuttavia una traccia che non smette di connettere i nomi alle cose, le parole al discorso, i valori cromatici al loro lessico, l’opera all’artista.

Lory Ginedumont (nata in Francia, si forma alla Sorbona di Parigi, e dopo la permanenza a Roma e Firenze, si trasferisce, negli anni Ottanta, a Genova, città in cui risiede e opera), è un’artista che lavora con l’installazione, il video, la performance, il disegno, la scrittura, le assonanze/dissonanze acustico/semantiche della lingua, con la modalità narrativa diaristica, legata alla figura del femminile. In mostra espone  la videoinstallazione The present, viaggio emozionale in cui compare l’artista stessa accanto alla valigia dei ricordi della casa di famiglia. Sfilano lentamente, davanti allo sguardo dello spettatore, nella forma di oggetti connotati simbolicamente, il filo, riconducibile al mito di Arianna, l’orologio del tempo, l’elemento vitale dell’acqua, l’azzurro del cielo.

Carla Iacono presenta un’installazione dal titolo evocativo Arrivederci, Deutschland! tratto dall’operetta omonima di Gianni Bertagnoli, del 1959, che rientra e rappresenta quella letteratura di migrazione che ricerca radici altre, rispetto a quelle della lingua madre. L’opera è articolata su due stampe vintage di architetture dello Stato Federato germanico dello Schleswig-Holstein, sulla poesia di Gino Chiellino Bahnhof I/Stazione I, scritta a mano in italiano e in tedesco  su foglio di acetato, e su una scatola, con coperchio estraibile aperto, contenente una grammatica tedesca. L’artista opera una sensibile riflessione sulla produzione metaletteraria scaturita dall’interculturalità di soggetti immigrati, mossi dall’esigenza comunicativo/creativa di riversare la forma delle loro emozioni in una  lingua altra su cui edificare, in poesia o in prosa, una metaletteratura, densa di effetti comunicativi socialmente costruttivi.

Viviana Milan (nata a Novara nel 1976, formatasi artisticamente allo IUAV di Venezia, vive e lavora a Genova) artista multimediale di ascendenza concettuale, assume elementi ready-made per intervenirvi con gesti performativi, rituali, segnici, scritturali, cromatici, tesi a ricondurre la sua forma di organizzazione o di articolazione di un continuo, come direbbe il filosofo Louis Marin, nel suo campo semantico. Nel contesto espositivo di Destinazioni presenta l’opera cartografica intitolata Rimario, appartenente alla serie dei collage, su carta nautica e aeronautica, in cui prende progressivamente forma un Repertorio di parole in rima. Un ineludibile, seducente, riferimento storico, nell’arte, della mappa geopolitica del planisfero sono gli arazzi di Alighiero Boetti, ricamati per anni dalle locali donne afghane. Ricorrenti nel lavoro di Viviana Milan, sono le rappresentazioni materiali/immateriali, visibili/invisibili di tempo e spazio, accanto al lessico cromatico del colore azzurro. Sul piano della stampa su seta della mappa nautica della Riviera Ligure e della Costa Azzurra, l’artista proietta i punti di riferimento astronomico dei naviganti indicando graficamente e cromaticamente con triangoli e rettangoli azzurri le costellazioni, mentre le stelle sono segnate e, al tempo stesso, cancellate, da una forma circolare bianca, al limite del percepibile. La sua opera non cessa di interrogarsi sulle condizioni di possibilità della rappresentazione.

Silvano Repetto, videoartista, regista, produttore, cofondatore di musei, curatore, performer, autore di videopoemi (Mendrisio, 1968, vive a Lugano) presenta, fotograficamente, la sua Performance inutile 6012 – Contare le cozze nel mare Adriatico, accompagnata da una filastrocca sul termine mare e da un video. Invitato recentemente, con una mostra personale, al prestigioso Museo MASI di Lugano, l’artista svizzero, neodadaista, postconcettuale duchampiano, di coloritura fluxus e patafisica, teorizza l’assurdo tramite il reiterarsi di quel gesto demotivato, defunzionalizzato, inutile, che si rigenera nel sorridere a uno spettatore assente.

Fried Rosenstock (nato a Kassel, vive a Berlino) artista di ascendenza concettuale, presenta Il principio speranza, un mega pastello e tempera su legno, con interventi su entrambi i lati – courtesy SharEvolution Contemporary Art –  in cui mette in opera un viaggio interiore come gesto scritturale-performativo sul termine Das Prinzip Hoffnung, ripetuto compulsivamente su se stesso, fino al limite della leggibilità, nel colore verde, con evidente riferimento propiziatorio simbolico. L’artista tedesco, interessato, da sempre, alle assonanze semantiche e acustiche della lingua, elabora sovente, non senza ironia, giochi di parole sul pragmatismo tedesco.

Nina Staehli (nata a Cham, Cantone di Zug, nel 1961, si forma in Svizzera, Germania, Italia. Vive e opera a Berlino, Lucerna, in Ticino) è un’artista multimediale nella cui opera interagiscono particolarmente il video, l’installazione, il fermo-immagine fotografico, la performance, il film, l’animazione teatrale in cui dialogano figure-tipo, definibili come palloni gonfiati, ideati, non senza ironia, dalla stessa Staehli. Le sue tragico/grottesche Big Heads diventano, nell’azione filmica, stupite e incuriosite interpreti tanto della routine quotidiana quanto dei vizi capitali dell’umano. Su questo cammino di conoscenza e di esperienza in prima persona, Nina Staehli intraprende una sorta di Via Crucis, per due mesi, lungo il cosiddetto Trail of Tears/Sentiero delle lacrime, sulle terre del genocidio dei nativi indios e amerindi, perpetrato da pretesi colonizzatori/conquistatori europei. La scritta asettica di informazione alimentare No Solution added/Soluzione non aggiunta, presente su sacchetti cartacei da supermercato, viene cambiata di segno e tragicamente trasferita nell’iconografia cristologica della crocefissione, con il doloroso, radicale, gesto del conficcare quattro chiodi di ferro agli angoli di tali contenitori. Gli stessi sacchetti, dipinti compulsivamente con immagini umane e animali, restano testimoni silenziosi di un viaggio vissuto empaticamente dall’artista svizzera.

Nano Valdes (Mallorca, 1969) artista e velista spagnolo per passione e scelta, presenta in mostra Flow dynamics, un’installazione scultorea a trittico, di scagliola, articolata nelle forme geometriche elementari della Sfera, del Cubo e del Tetraedro, riferite, nell’intenzione dell’artista, al Logos. I tre solidi geometrici in mostra sono stati immersi per 24 ore nella forte corrente di un fiume, che ne ha visibilmente eroso la superficie gessosa, disseminandone poi le tracce, lungo il corso, verso la foce e il mare. Interessato alla fenomenologia terrestre di interazione dei fluidi e dell’atmosfera, Valdes pratica una dimensione di scultura che partecipa dell’azione e reazione agli eventi meteo. Sua figura di riferimento è Edward Lorenz, matematico e meteorologo statunitense, esponente della teoria del caos e ideatore del neologismo Effetto farfalla.

Anne-Claire van den Elshout – scultrice olandese attiva all’Aja e Pietrasanta – presenta in mostra The rise of Icarus – Il, microscultura in bronzo e ferro strutturata, diagonalmente, su una linea-volume dinamica, rinviante alla condizione del volo come distacco dalla terra per librarsi nell’aria. L’opera, ideata sul valore metaforico del volo e sul valore simbolico della figura mitica di Icaro, investe, anche plasticamente, il desiderio di tagliare ogni vincolo per alzarsi sull’orizzonte della libertà e della conoscenza.

Alessandro Zannier, artista e musicista electropop di Treviso, presenta in mostra un’installazione articolata su due animazioni digitali e un grande acrilico cangiante su tela, mettendo così in opera le componenti visivo-acustiche di un lavoro di slittamento tra l’arte di rappresentazione e la ricerca statistica scientifica. Le due videoanimazioni, intitolateEnt-1 Soundscape, sono costituite da campioni-audio, registrati da idrofoni, dell’inquinamento sonoro prodotto, nelle 24 ore, dal flusso di traffico navale di due porti agli antipodi del pianeta, come quello italiano di Venezia e quello, nel Nord della Nuova Zelanda, di Auckland. L’opera pittorica in mostra, significativamente intitolata Hyper object Still life – 17 – tentacolare fungo-medusa che si dirama graficamente intorno a un bozzolo dall’inquietante vuoto centrale – cromaticamente connotata dalle altezze delle frequenze sonore, rinvia, a detta dello stesso autore, alla maniera rinascimentale del far pittura, rappresentando l’ impatto sull’ambiente marino di un fenomeno degenerativo di segno umano, tramite la seducente chioma di dettagli della figura di intelligenza collettiva, naturale o artificiale, dello Sciame.

Christian Zanotto (1972, Marostica, provincia di Vicenza, si forma all’Istituto d’Arte di Nove e all’Accademia di Belle Arti di Venezia, dal 2000 vive e opera ad Amsterdam) è un artista che mette in gioco la sua formazione, pittorico/grafico/plastica, sull’estetica rinascimentale applicandola al terreno delle elaborazioni e animazioni digitali. Il suo immaginario è orientato verso le alchimie tra materia e forma, gli slittamenti tra sacro e profano, le tematiche dell’erotismo accostate alle macchine da guerra. In sintonia con la visionarietá di un suo mondo di opalescenze fantasmatiche, popolate da soggetti umani e oggetti meccanici, Zanotto presenta in mostra l’audio-animazione digitale mista 2D e3D in loop intitolata Oltremorgana. L’ opera è riferibile, insieme, alla leggenda anglosassone di Fata Morgana e al fenomeno ottico-atmosferico, ben noto ai naviganti, di rifrazione della luce, in condizioni di inversione termica, osservabile sulla linea d’orizzonte, in particolare in quella fascia del Mare Mediterraneo in cui chi guarda verso la Calabria vede la città di Messina come sospesa sulle acque dello Stretto, chi guarda, invece, dall’altra sponda verso la Sicilia, vede sospesa, per illusione ottica, la città di Reggio.