A Cisternino una mostra d’arte contemporanea nella torre civica

La torre civica di Cisternino si trasforma in contenitore d’arte contemporanea. “La torre delle Meraviglie”, titolo della rassegna culturale estiva in corso nel borgo antico della Valle d’Itria, è anche il nome della mostra a cura di Carmelo Cipriani (su progetto di Alberto Vannetti) che accoglie cinque artisti con linguaggi estremamente eterogenei: Fabio Maria Alecci, Gianfranco Basso, Emilio D’Elia, Gianluca Esposito, Valeria Quaranta.

Meraviglia è ciò che si intende suscitare nello spettatore una volta intrapreso il percorso di mostra: un labirintico insieme di lavori scelti per simulare una sorta di classificazione ragionata di oggetti preziosi, come un’antica Wunderkammer. La mostra parte dall’installazione “Vacuilab” di Valeria Quaranta che ricrea una parte del suo studio di Grottaglie nella sala d’ingresso. La giovane artista ha ricreato un mondo favolistico con oggetti presi dal suo quotidiano: lavori in macramè, opere polimateriche e gli irriverenti puppets, alter ego di una società problematica e compromessa. Anche il termine scelto per la sala ricorda un’accezione estetica che ben si sposa con il pensiero dell’artista: per lei l’arte può farsi con tanto ma non con tutto, solo ciò che ha una forte connotazione estetica e memoriale ha un ruolo nella sua creatività. 

Il percorso prosegue con la sala di Emilio D’Elia, artista pugliese che da oltre trent’anni vive e lavora a Parigi. Il suo è un white cube posto in dialogo con il blu oltremare, nota cromatica dominante e segno distintivo della poetica di D’Elia. Il colore cosmico, a cui vengono affiancati i più terreni giallo e verde, diventa un punto focale per l’astrazione celeste resa eloquente con “I suoni del centro”, una costellazione immaginaria a cui sono collegate opere circolari sospese sulla parete. Nei suoi lavori Emilio D’Elia tratta numerosi argomenti, tutti legati al tema dell’eterno ritorno: il viaggio, la natura, la riacquisizione di nuove consapevolezze che portano alla luce una nuova identità individuale. 

Di impatto sensoriale l’installazione ambientale “Anemos” di Gianfranco Basso. Centinaia di fili appesi in una sala semibuia, spinti da un soffio impercettibile di vento, affollano la stanza, quasi a impedire al visitatore un percorso libero e arbitrario. L’esperienza viene completata con un’installazione sonora da cui emergono dapprima i suoni delle affollate città europee e poi, quasi in antitesi, il calmo e lontano suono della campagna. I fili, metafora delle anime umane che transitano quotidianamente nelle nostre città, sono corredati da una piccola teca trasparente, quasi un reliquiario, in cui è contenuto un piccolo cuore ricamato, l’anima appunto, che caratterizza l’intero concetto espresso dall’artista pugliese. 

Chiude il percorso la sala di Fabio Maria Alecci e Gianluca Esposito in cui i due artisti dialogano in un’installazione osmotica dal titolo “Kinderszenen”, ossia “scene infantili”. Lo spazio condiviso è concepito come un luogo di raccolta ragionato attraverso la combinazione di opere. La loro ricerca si basa sull’analisi dei condizionamenti sociali, educativi e culturali del mondo contemporaneo che mutano e si mescolano tra una cultura alta e una di tipo popolare, evidentemente ricche di contraddizioni. Su un tappeto erboso objet trouvé si mescolano ad opere fatte ad arte dando origine ad un mondo surreale, ironico e giocoso, a tratti irreverente, in cui lo spettatore può improvvisamente riscoprirsi bambino senza tuttavia perdere la consapevolezza del suo essere adulto. La giusta conclusione di una mostra avvolgente e imprevedibile, in cui sono gli ambienti e non le opere a scandire il percorso.