Chi ha ucciso la critica? Quando la critica è arte da occultare (terza parte)

Da alcune ore, indagando tra fasci di carte, si adoperava a costruire una relazione che, documento di tutta l’attività degli ultimi anni dei MetaOppressiveTime, avesse il valore di una difesa, una vana difesa. Questa complessa analisi è la base per quella pratica che ci chiama a ripercorrere in senso totale, lo slittamento dell’atteggiamento critico, l’atteggiamento dell’Aufklärung, nel progetto della critica intesa come la possibilità della conoscenza di farsi una giusta idea di se stessa. Critica che si chiama nel nome stesso.

Lavinia Slavata stava fotografando e iconizzando una puntigliosa e arrogante difesa contro quanti la accusavano di aver influenzato, piegandola alle sue ambizioni, la linea culturale dei MetaOppressori. Tutti quelli che l’avevano da sempre combattuta, e che certamente entro quel mese, alla prossima assemblea tra Divi-Bambocci e Demoni, l’avrebbero finalmente sistemata. Ma Slavinia non aveva paura, si ricordava di aver detto tutte le bugie del caso e che il suo principio di anti-critica era un confronto continuo con la giustezza della Menzogna.

E, a parte le chiacchiere del caso – che usava attribuire agli altri – andava accumulando in bell’ordine una gran mole di carte, da allegare alla relazione: i documenti di lavoro selezionati per portar via al critico le possibilità di vita, le lettere di encomio per conquistare il potere tra il gruppo neo-nazi, i ritagli di giornale per gonfiare il proprio curriculum, delle foto sfocate per ingigantire l’archivio delle estetiche dello sgocciolio still-life, gli atti di un procedimento sulla questione delle colpe occultate, con delle sfumate scuse accusatorie. 

È il principio della fine. Il male si era occultato dietro le dolciastre illusioni borghesi di Marcus. Solo esse celebravano la sua feroce rivincita contro la critica. Gli ingranaggi della legge stritolano quello che è diventato uno storpio sovversivo (la menomazione prima valeva come fregio di gloria, adesso è quasi un vizio fisico, che fa il paio con il vizio ideologico), uno «sradicato ebreo di merda» che sprofonda sempre più in basso; ora finalmente consapevole che gli Istituti Privati dell’Occulto sono meccanismi perversi, costruiti contro coloro che osano far sentire la loro voce. Gérard, avvertì la fine della tenacia all’improvviso, mentre rileggeva un telegramma di ingiurie minatorie, inviato da un antico e famoso massone. Coincise con un leggero annebbiamento della mente e, subito dopo, con la sensazione che tutto il mondo delle aspettative si stesse dissolvendo dentro quella reprimenda. Una trappola insidiosa – orchestrata dagli adepti dell’Istituto contro la sua morale, tramite i galoppini dell’Opening People – decisa a colpire, ulteriormente, quel critico di merda, che dava fastidio e che teneva la parola sul filo dell’accanimento. 

Slavinia sollevò gli occhi dalle carte ormai remote e restò a lungo, con le braccia incrociate sul tavolo, con lo sguardo verso il buio della sala: intravvedeva appena le prime file delle poltroncine nere, fin dove giungeva il raggio delle luci proiettate sul lungo, alto tavolo: come da un palcoscenico o da un comizio accusatorio e violento.

Immaginò la propria espressione in quel momento: simile a quella fissata in una foto non più recente. Medesima la posizione, stesso il posto che allora aveva occupato durante un dibattito al fianco del presidente del Circolo dei MetaReprimenda. Lo stesso sguardo perplesso di chi scruti in un futuro grigio e in una prospettiva minacciosa, che tendeva a fuorviare ‘Le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo’. 

Ora si sentiva come un’estranea in quell’ambiente notarile, che pur aveva dominato nei momenti pieni di animazione, di dibattiti, di simulata intelligenza, di interrogazione strategica, di dubbio sull’essenza della colpa. 

Abbandonò il tavolo e si avviò verso il fondo della sala, nella semioscurità, lungo lo stretto corridoio tra la parte nascosta e le poltroncine nere. 

Nella stanza successiva cercò a tentoni l’interruttore e subito tutto le apparve nel rassicurante, antico ordine. Diverse volte era entrata nell’ufficio di Gérard, per ottenerne conversioni critiche, magari gratis o in cambio di piccoli servigi, ma già allora con l’intento di appropriarsi del suo prestigio di celebre intellettuale per metabolizzarlo e trasferirlo in un’ideologia liberal. Dopo la presa da parte dell’Istituto degli uffici di Gérard, quello era l’unico ambiente intatto, rispettato dalle trasformazioni che erano state necessarie per realizzare il Circolo di MetaReprimenda: un vero e proprio Lab di Assassini. Era come se lì si fosse concentrata l’aria non sana di tutto l’appartamento, di tutti gli studi di registrazione, di tutte le sale di posa, di tutti gli isterismi di Slavinia, di tutti i set per l’omicidio, di tutti i pano(p)ttici della vita privata di Gérard. L’odore della moquette, mescolato all’odore polveroso dei tanti raccoglitori di giornali e vecchi settimanali, allineati nelle librerie che ricoprivano le pareti, si spandeva irritando le narici. Ciò che restava di un antico studio di critico d’arte, e soprattutto letterario, insieme ad un tavolone massiccio erano i calamai d’argento, la lampada d’alabastro, la cartella di pelle marrone scuro, le penne stilografiche comprate al mercatino, le chiavi della doppia bicicletta, la collezione dei francobolli, i quaderni per gli story board, le usb su cui appoggiare il materiale di registrazione dei progetti video, etc… Non v’è dubbio che la vita quotidiana è divenuta una battaglia da vincere contro una nevrosi crescente della critica. Oggi non si combatte per vincere un nemico, ma per contrastare una gracilità concettuale, che è divenuta parte integrante della critica contemporanea. I molteplici progressi, che il turbo-liberismo attuale ha ottenuto attraverso l’evoluzione trash, hanno colto la critica della strada mentalmente impreparata ad assorbire tale svolta liberal delle culture di genere. 

Lavinia/Slascivia andò a sedersi a quel tavolo, senza avere desideri e idee. Aveva la sola idea di spegnere tutto e andarsene, sparire. Ma non segretamente certo. Pensò ad una uscita plateale: parlare al Presidente del Circolo dei Metarepressori e soprattutto a quelli che non trattenevano quelle diffide e quelle lettere accusatorie, contro Gérard (che lo avevano tanto turbato); sfogarsi, magari rinfacciargli la sua veemenza. Lo chiamò al telefono ma nell’attesa che l’altro venisse all’apparecchio, in quei pochi istanti, sentì svanire ogni grinta. E allora cominciò a recitare una divertita amara confessione: «Signor mio avvocato, sono spenta dentro … Il tema della mancanza nell’opera di René Girard si associa strettamente alle tematiche del dolo e della colpevolizzazione. La psicologia di Girard, che si definisce come psiche interindividuale, si pone esplicitamente al di là del soggetto classico della razionalità, ma soprattutto della psicoterapia e non ha più la possibilità di tenere separato il singolo dalla comunità umana in cui egli è inevitabilmente inserito. Il capro espiatorio è la vittima innocente attorno alla quale si esercita e va esercitata la reprimenda antisemita, la violenza comune mimetizzata tra lettere pseudo-notarili contro la Critica; tant’è che soltanto dall’esercizio di questa violenza unanime la collettività acquisisce la propria identità e prosperità». 

«La morte di un critico, la soppressione della categoria critica, la minaccia continua ai direttori di giornali per impedire la pubblicazione di verità scomode; metterlo a tacere violentemente e in maniera determinante, così come mettere a tacere la vita di tutti coloro che in maniera più o meno diretta l’hanno provocata e fortemente voluta, cosa può recare all’umanità di così fastidioso? A mio avviso il successo di questo Progetto di Reprimenda Anticritica è dovuto non tanto alla nostra bravura nell’interpretare le strategie nazi-liberal, che sono comunque discutibili per il modo di eseguire le stesse, quanto per la vitalità che abbiamo sviluppato contro Gérard Ribellì. In pochi critici si può riscontrare una determinazione così insolente e trascendente. Credo di poter dimostrare, con la nostra ostinazione groupie, che la qualità migliore di <questo Stronzo> sia quella del primo ideogramma che compone la parola odio: la O di un colpo al cuore. Molto si è scritto e si è detto su questo <trashgramma fotograficida>, ma poco si sa in profondità di cosa intende la cultura con la parola odio. La spiegazione che viene data su tale parola a chi si accosta per la prima volta alla questione è che – come dice e scrive Shlomo – «il vero problema è che il virus indolenzista (trash o trashporter) si espande sempre più sul pianeta, dove gli Istituti dell’Occulto Fotografico, costituiti e costituentisi, dovrebbero essere il motore di un perfetto controllo». 

Secondo il filosofo italo-francese Gérard, le società del controllo sono società come la nostra, trashmatiche. Il paradigma trashomatico è un concetto critico cardine della filosofia ribelliana, che indica, attraverso un nome ripreso dall’ambito biopolitico, qualcosa di reticolare, un’antistruttura che ci sgama, che ci ha sgamato, che in pratica ci ha scoperto e quindi dobbiamo farlo fuori. Attribuendogli una chiara valenza biopolitica, Gérard lo utilizza per indicare la molteplicità delle nostre figure facebookiane, la creazione continua e la non-organizzazione, adatte – secondo lo stronzo – a descrivere la condizione trashmoderna del turbo-liberismo, di cui la sottoscritta Lavinia Slavinia sarebbe una titolata rappresentante. Lo sa, caro avvocato, cosa ha scritto, Ribellì, sul muro del cortile di casa mia, in via della Madonnina: “Tanto lo sai che sei una merda”. Con questa affermazione le mie magagne non esistono più: tutto si mescola, la vita del mio essere stratega della reprimenda, intorno ai luoghi del potere si fa difficile da gestire e mistificare, perché la mia vita è costantemente monitorata dal potere. Nella nostra trashottica esisteva un punto di sorveglianza centrale, mentre ora la sorveglianza invade qualsiasi punto del nostro Istituto, paragonabile più che altro ad un Grande Fratello che raccoglie informazioni e le trasforma in algoritmi: se una volta il luogo della sorveglianza era ben visibile e generava timore, oggi veniamo incoraggiati a non preoccuparci di essere controllati. In generale, quasiasi cosa facciamo è tracciata e può essere in qualche modo utilizzata, con o senza il nostro consenso: siamo persuasi ad accettare questa situazione come qualcosa di normale e naturale, reale e virtuale, virtuale e reale.

Fondamentale per l’Istituto dell’Occulto Taurinense è mantenere un’illusione di libertà in Gérard, che lo spinga ad agire normalmente: ciò che è importante sottolineare è come un organo del potere, come il nostro, possa esercitare controllo su di lui, lasciandoci fare esattamente ciò che vogliamo. Il nostro turbo-liberismo di sorveglianza, che governa l’algoritmo del mio curriculum vitae, ci ha trasformati in codici guerrieri, entità disumanizzate, e agisce, attraverso il marketing e la pubblicità, come controllo generalizzato e poi mirato su Gérard. Ormai i brand e il marketing dell’Occulto riescono a fare in modo più convincente ciò che prima faceva la filosofia: creare concetti e sparare cazzate fotografiche. Anche la politica e il candidato proposto sono brand: gli slogan che utilizzano servono per cercare di convincere i soggetti, specialmente quelli come Gérard, che qualcosa di nuovo, di diverso sta per accadere. La FOTOGRAFIA DELL’OCCULTOcontrolla la realtà, facendo credere che le opzioni possibili siano limitare ciò che il mercato offre, dato che le proposte sono, generalmente, basate sui nostri interessi, precedentemente, monitorati. Ovviamente è impossibile azzerare un processo di questo tipo, anche perché la sorveglianza, che esso implica, spesso ci porta privilegi a cui non molti sarebbero disposti a rinunciare. La soluzione sarebbe quella di adattare il cambiamento della nostra società alle nuove succursali dell’Occulto che la controllano, e comprendere, come ci chiede Gérard, di resistere alle gioie del marketing, e rendere il controllo più consapevole e creativo, in maniera da annientarlo con non-chalance. Rendere il desiderio di morte più creativo significa scappare dalla conoscenza stabilita e dal potere, per produrre potere: rifiutare di accettare le distinzioni binarie espresse dal mercato e rendere la scelta, una scelta politica occultista. In effetti, la reazione e il contropotere nasce dalla creazione del nuovo». 

Gerard, dandoci delle controindicazioni che dobbiamo utilizzare e applicare in pari tendenza, pone all’origine di ogni civiltà e cultura questo fenomeno di cui egli cerca le tracce cancellate o inespresse in ogni fenomeno culturale. La più recondita tra ‘Le cose nascoste sin dalla fondazione del mondo’ è questa: «in una società di colpevoli, in una società di occultatrici, come me, che hanno praticato relazioni cervelliere e strategie di violenza familiare, l’unico modo per mantenere l’ordine costituito, è eliminare l’elemento dissonante e cioè l’incolpevole … ».

Sentì l’altro ridere consolatorio: «Cede così all’improvviso? E dopo tante strategie? E proprio alla vigilia che sia formalizzato il nostro Circolo di Metareprimenda?» e poi suadente «la prego di continuare ad occuparsene, almeno fino al momento di una sua collocazione diversa, ma certo più prestigiosa, dove potrebbe far valere, più che mai, le sue capacità di insidiosa fotografa del nulla». 

Slavinia non avrebbe voluto sentire quelle parole ipocrite, quel tono tra noncuranza e irrisione che significavano la sua condanna a megera di provincia. L’avvocato e Giurato Massone, assoldato da un controcircolo di inquisitori, tra cui Alexia C. Sputo, detta Lavinia La Slavinia 2, continuarono a dire che erano in attesa di un evento favorevole: che allora si sarebbero create occasioni, al momento neppure immaginabili. Comunque di quei problemi, di quei valori nascosti, sin dalla fondazione del mondo, avrebbero potuto parlare meglio, con calma, durante l’estate ormai prossima, quando l’attività del Circolo si sarebbe concentrata intorno all’organizzazione della Gogna e quando anche lui sarebbe stato libero da impegni di partito. Si sarebbero potuti incocciare attraverso l’itinerario del Festival della Berlina. E le propose d’incontrarsi nel posto dove andava ogni estate: un villaggio turistico remoto, all’estero che serviva a concentrare l’isolamento della terapia della colpevolizzazione e il piano d’accusa per mettere a tacere qualsiasi verità. «Laggiù» concluse «potremmo passare una settimana insieme e decidere un piano per la colpevolizzazione acritica del tuo futuro … la totale messa fuori gioco di Gérard, “…e magari anche della tua” pensò lui subdolamente.

Musée des Beaux-Arts de Strasbourg – Vanité – Nature morte, 1641 – Sebastien Bonnecroy -Joconde00190021926

Futuro? Ma cos’è questo futuro? Virtuale/reale o reale/virtuale? Slavinia era confusa, ma del resto su questa confusione aveva costruito tutto il suo progetto per irretire e controllare Gérard. Lei ci aveva provato, ma che bella fatica stare appresso a questi intellettuali impegnati (che cazzo!), sempre concentrati sui loro ragionamenti critici, che finivano per dimostrarti che sei sempre dalla parte sbagliata e mai attenti al tuo “benessere”, ma soltanto allo sviluppo della coscienza critica. È per questo che dovevano essere annientati!

“Non sei tu … Non è la voce di Slavinia, ma quella del suo avvocato”, una voce nelle voci ingiuriose. Il suono della voce sì, era di Slavinia, anche se più cupa ora nel megafono, e anche quel modo di pronunciare la zeta e la o, ma diverso il tono: non più le incertezze, le pause; tanto che, ormai rassegnata della sua fine, in un’ambascia di occultamenti radicali, Slavinia provocò colei che si stava manifestando come il suo doppio più determinato, dicendole d’essere sicura di non avere l’appoggio di Manuel Cicchetto. Slavinia rise di un riso appena percettibile; disse che con quell’artista del bicchiere non si vedevano più. «E non per volontà sua» concluse con insospettata aggressività; ma subito, con tono inquisitorio, domandò a Slavinia2 di quali accuse voleva far morire il critico, se si fosse preparato alla gogna definitiva.

Slavinia era mossa da uno stato emotivo determinato dal timore, fondato o infondato, di perdere l’oggetto della propria manipolazione, nel momento in cui questo rivelava un’affezione salvifica verso l’arte, l’attività culturale, artistica e professionale. La strategia d’attacco acritica distingue varie forme di gelosia, tutte connotate di ambivalenza assassina, per la compresenza di volontà di manipolazione e addestrata aggressività, rivolte alla medesima persona. Slavinia era ossessionata dalla convinzione, solitamente priva di fondamento reale, dell’infedeltà della propria corrispondenza addomesticata, e da conseguenti reazioni comportamentali nei confronti dell’operato di Gérard Ribellì. Una manifestazione caratteristica di tale forma di gelosia assassina è l’affannosa ricerca di indizi, che comprovino la sospettata infedeltà alla causa del proprio lavoro artistico, mediante domande assillanti, interpretazioni deliranti, allusioni o false immagini fotografiche. Secondo il Diario di Gèrard, il delirio subìto era determinato, come la gelosia proiettiva, da tendenze all’infedeltà e alla scarsa motivazione alla legittimazione dell’opera di Slavinia, aventi però come oggetto un ciclo di opere video che hanno perso il loro stesso valore nell’usurpazione.

Questo è il motivo per cui in Slavinia c’era ambivalenza ossessiva, adesso stava pensando perfino di rifare autonomamente quei video, scartando i promo realizzati con Gérard. E in fondo se lo sentiva che tutto questo, compreso l’assassinio, non era solo a scopo di furto, ma la premeditata cancellazione della volontà critica: castrazione definitiva della parola. Come tentativo di difesa contro un impulso omosessuale troppo forte – afferma Gèrard nei Diari -, Slavinia potrebbe essere descritta mediante la formula: “Non sono io che lo voglio, che desidero il lavoro critico di Gérard, è lei che lo vuole e se ne vuole impossessare. Ma se lei sono io e io sono lei, perché rinnegare questo desiderio e farlo scoppiare dentro lei?”. Il delirio di gelosia, nel caso di Slavinia e dell’esigenza di rafforzare l’Istituto dell’Occulto, è potuto evolvere in forme di delirio cronico sistematizzato a sfondo paranoico, o può essersi trovato associato ad altri disturbi psichici, in particolare all’esagerazione dell’alcolismo per preparare la reprimenda del criticismo di Gèrard. Oppure  si è espanso nell’espressione della personalità multipla che una volta si rivela fotograficida, un’altra volta come Penelope pentita e altre volte ancora come dirigente dell’Occulto, regista di un omicidio, progettista di un’infamia …

Il criticismo di Gérard ha mostrato sempre un carattere persecutorio, assumendo la forma della costruzione logica e coerente, i cui presupposti attentatori, anche se assurdi e ingiustificati, erano vissuti da Slavinia con estrema convinzione. Anche nella sua forma di alcolismo cronico, il delirio era sufficientemente sistematizzato all’omicidio di Gèrard, senza tradire più la sua falsità nella scelta dell’obiettivo strategico di far fuori il “critico fastidioso”. Questa forma di delirio – in Slavinia – trovava una spiegazione nei sensi di colpa, nella simulazione di perdita di autostima e nell’impotenza espressiva, che non di rado accompagnavano la condizione alcolica.

«Da ieri. Ed è già una storia lontana, siamo tutti con il fucile spianato, perché la storia di Marcus, non deve trapelare e quindi deve soccombere lui e tutta la sua critica: porco critico ebreo di merda.

I precedenti progetti e spunti che ho voluto “raccontare” alla platea, nascono dal proposito di informarla sull’esistenza di un mondo malefico delle groupie che si associa al mondo dell’Occulto. Ed ora, che mi avvio alla conclusione di questa mia ambiziosa strategia anticritica, spero solo di essere riuscita nello scopo che mi ero prefissa. Non v’è dubbio che, quando si parla del mondo di Marcus e di sua moglie Italia, non si può scrivere un trattato organico di carattere scientifico, ma si può soltanto tentare di esporre il Teorema dell’Occulto che, successivamente, deve essere elaborato contro Ribellì. Il perché di questa strategia è riposto sul fatto che di questo mondo incorporeo molte cose si ignorano; altre ci è difficile catalogarle con precisione ed infine alcune altre, … ».