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Sull’infermità del riscatto e l’apatia diffusa

La mancanza di ogni emotività politica, rispetto alla situazione sociale italiana, è la spia di un crollo cognitivo del progetto antagonista, tra coloro che hanno già un problema di rinuncia e di assenza di prospettiva futura. «Scagionata» la depressione del non voto, si presenta la mediocrità del soggetto culturale e politico antagonista. Interrogarsi sull’eredità della memoria operaia e democratico-popolare, è un’operazione particolarmente delicata, non solo perché esige in tutta evidenza una presa di posizione – possibilmente ben argomentata – da parte dell’interprete, ma anche e soprattutto perché in questa esigenza di spinta emancipativa si sfiora la rammemorazione con cui non possiamo non misurarci.

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Enunciazione mediale contro Estetismo-liberal
[IV parte]

Dopo il Medialismo, prescindere dalla critica all’estetica relazionale fu impossibile per chiunque. Anche il libero movimento del divenire politico non sfuggì all’elaborazione di proprie tesi enunciazionali, analizzando di volta in volta le varie imposture del manierismo post-duchampiano. Da qui prende le mosse il testo di questa settimana, che sottolinea particolarmente come vi sia stato anche un viaggio di ritorno, dal medialismo alle comunità mediali: una vera e propria pratica enunciazionale, elaborata dall’autonomia critica e ripresa da quegli epigoni e pseudo-curatori, che ebbero contatti con la crisi attuale delle arti.

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Angelus Novus… Passarella

Questa è la storia di un paradosso e di un vero messaggero, di un mediale e di un ricordo vero. La pittura degli Angeli al parco dei media semi-simbolici, al confine dell’emigrazione mediale, è unica al mondo. Solo il pittore conosce alcuni dei suoi segreti. Solo l’incontro con l’altro campo mediale, destabilizzante e vivificante, può conferire a ciascuno la propria identità e generare reale esperienza visiva. È per questo che il “Novus” si chiede sottolineando l’urgenza della ricostruzione di una apertura, di un campo semiotico fondato sul confronto e sullo spazio dell’altro.

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Scrittura reale e cinema potenziale (III parte)

La scrittura annulla i margini oggettivi in favore di sentimenti affettivo-soggettivi. Nello spazio del «cinema potenziale» circolano segni diversi. Questo spazio non può essere occupato narcisisticamente. Sotto un certo aspetto esso è molteplice e immanente. Il cinema è l’espressione di un anello mancante, ossia, di una domanda carente di confini. Secondo il cinema potenziale, il vissuto sta in un rapporto specifico, e precisamente conflittuale, con se stesso e con la nuova medialità.

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Transmediale & info-quark
How to Create a Mind(Cin)ema (II parte)

La sceneggiatura, tra mente e racconto fotografico, può fare a meno del dialogo? L’atto narrativo, del quale non si parla espressamente una volta sola, nella drammaturgia mediale, ha un ruolo minoritario ma decisivo? La sceneggiatura del cinema è un gioco, rientra nell’ordine esaustivo del rituale cerebrale e mette d’accordo film sperimentale e cinema realistico. La sceneggiatura è strutturata come un duello rituale, si consuma in questa trascrizione e rappresentazione, quasi ossessiva, della mente e del foto-movimento.

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UIQ & gli info-quark di Guattari [I parte]

Vi sono numerosi paradigmi esplicativi che fanno propria l’idea di una medialità circolare e reticolare e, più in generale, vi sono veri e propri “nodi” culturali che creano un retroterra aperto all’emergere dei concetti di rete e correspondance; questi modelli e teorie cercano di rovesciare la tradizione culturale occidentale che, dall’idealismo in poi, si è nutrita di dicotomie, separazioni, contrapposizioni, cercando di far emergere le interazioni. Ma oggi è la mente stessa a dover essere messa in salvo, recuperando l’integralità della sua esperienza che l’epoca digitale fa riscrivere di giorno in giorno. Nulla più accade e ci riguarda nel profondo, e così il cinema diventa occasione di una nuova domanda.

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Il pensiero perverso

Lo spazio interiore dello scrittore è al servizio della trasparenza: da una parte le informazioni sulla realtà del turbamento, dall’altra tutti sono trasparenti – cioè svelati, esposti – alla luce degli apparati che, nel mondo post-scriptopatico, esercitano forme di controllo e di rilassamento sulla parola. Così il valore esternalizzato della trasparenza perversa, sotto l’apparente accessibilità della conoscenza,mostra il suo rovescio: la scomparsa della serenità; l’ansia di accumulare specchi dell’io che non producono necessariamente una maggiore rivolta letteraria, in assenza di una pagina adeguata; l’illusione di poter contenere e monitorare tutto, anche grazie alla tecnica.

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Bad Trip Surface … The «naked lunch» e l’ipermedialità …

Controllo, modulazione e algebra del male nel Pasto Nudo. Sono le «società a tossicità generalizzata» che stanno sostituendo le società disciplinari. «Il nudismo tossico» è il nome che Burroughs propone per designare il nuovo mostro e che i foucaultiani riconoscono come il nostro prossimo avvenire. L’autore di questo lavoro analizza l’attività di reificazione in atto in ogni processo di creazione. Partendo dagli aspetti antagonistici e complementari dell’intimo e dell’universale egli rilancia il dibattito dell’arte del fumetto, della letteratura e della realtà del capitale. Infine la ristampa de Il Pasto Nudo illustrata da Bad Trip (Gianluca Lerici) – a cura della Shake edizioni – ripropone una problematica complessa tra il testuale, il biografico e l’esistente nell’opera, e non solo in essa.

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“Contro il lavoro (Rensi)”?

Rensi, demolendo il postulato dei postulati, il lavoro nobilita l’uomo, da esemplare filosofo di taglio nietzschiano prova come l’effettiva ventura umana sia l’ozio e il gioco, l’arte, la passione per le scienze, qualsiasi laboriosità soggetta a sfuggire al dovere e all’intimazione del denaro, e che quindi un’organizzazione sociale basata sul «lavoro salariato» è un’istituzione che riconosce, esegue e costruisce il più sfrontato sistema oppressivo, esattamente in linea con quanto ebbe a dire – poco dopo Rensi – Andrè Breton in Nadja (1928), ma poco prima dei situazionisti: “Non serve a niente essere vivi, se bisogna lavorare”.

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La droite: «come cazzuola che si crede architetto»?

Si può parlare di un ritorno del provvidenzialismo reazionario, della confessione di fede per una giustificazione dello stato di miseria generalizzata, delle cosiddette “reazioni superflue”? Senza dubbio, e non solo a causa della proliferazione del “genere tradizionalista”, talvolta spinto fino alla compiacenza.

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L’ironia ferale e i reazionari

La feralità tradizionalista non annienta solo l’emancipazione, ma anche i movimenti di liberazione. L’esposizione della cultura di destra causa un’alienazione del piacere partecipativo, rende impossibile vivere il piacere. L’esibizionismo politico dei nuovi conservatori si risolve nelle performance della soglia della rappresentazione e nell’esibizione della qualità arbitraria. L’imperativo “indietro tutta” annienta lo stesso vivere democratico. Se il mondo stesso diventa uno spazio per esclamare: “Bevo dunque sono”, la condivisione ecologica non è più possibile. Oscena è la feralità reazionaria, a cui manca ogni dialettica del contraddittorio critico, del libertario e della disponibilità condivisa.

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Camera d’oro o contro-statue parlanti!
[II parte]

Nel rispondere alla domanda sulle ragioni del suo definitivo congedo dal teatro-cinema, Walter e Gisèle affermavano: “ma è semplicemente finito il naturalismo? Per Costa-Gavras l’arte è “prise de parole”. Come direbbero Just Stop Oil e Extinction Rebellion, insieme al regista greco: “Non sappiamo se è possibile cambiare le idee politiche della gente con un film o col sugo di pomodoro sui girasoli di Van Gogh, ma è possibile avviare un dibattito politico”. Noi siamo interessati alle connessioni sperimentali e alle peripezie che si spingono oltre l’avanguardia del ‘900, ma oggi non si connette e non si trasforma più, e viene messo in scena solo il lato enunciativo delle cose. Contro il pressapochismo della performance istituzionale si tende ad un’auto-trascendenza ecologica. L’arte può essere il luogo del dibattito politico, la ricerca della «fantasia politica» è per l’Altro?

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“Just Stop Oil” alla «critica istituzionale»
[I PARTE]

La rumorosa e inquinata società dell’«influencer capitalism» è sorda e totalmente claudicante: la società a venire, grazie ai performer di Just Stop Oil potrebbe invece chiamarsi veramente una società della “critica istituzionale”. Oggi è necessaria una rivoluzione ecologica che dia inizio ad un tipo di iconoclastia completamente diversa. Si tratta di scoprire di nuovo il tempo del “Van Gogh in pericolo”. L’attuale crisi del tempo dell’arte non riguarda i contenuti del messaggio critico ma i formalismi del “capitale culturale” trasformato in capitale finanziario. La politica neo-liberista della critica istituzionale elimina il tempo dell’Altro, considerato un tempo improduttivo. Il tempo del Just Stop Oil si sottrae alla logica di incremento della prestazione e dell’efficienza, che genera una spinta alla spesa artistica istituzionale.

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Dossier Sontag-Style …
Celant e il conflitto dell’a-critica (II parte)

Shapiro contro la Sontag e contro Celant. Non è certo una sfida reale, né un duello d’ombre simboliche, piuttosto l’analisi di diverse proiezioni (cioè di diversi effetti di scrittura, di alcune immagini di letteratura e di arti visive) su terreni più aperti del Novecento. Spesso, il gioco incruento di questo confronto prelude a un bilancio, tutto da saldare, degli stili molteplici e delle operazioni conoscitive meno ovvie dell’arte assegnati agli strumenti della critica, in questa incipiente crisi mondiale.

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Dossier Sontag.
A partire da «Against Interpretation»

Il gioco è fatto. L’articolo ripercorre tappe in parte note, evoca spettri, irrita i dirigenti, destruttura delle certezze storiografiche a cui potrebbe essere rivolto. In un articolo – costruito in diverse parti sulla sabbia dell’attuale, del provvisorio, della recensione – non si può più rimediare a ciò che manca. Si può solo prendere atto, e poi lasciare, quel tanto ancora di interrogativo che resta dopo ogni domanda: perché qualcosa o tutto,per ciascuna tappa della Sontag, sembri critico; perché ognuno debba e possa trovare un punto di attrito in queste note.

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Simonetti: «Rapporto da una tela assediata»

Rapporto da una tela assediata è il titolo di una mostra di Gianni-Emilio Simonetti (a Milano da Bianca Pilat). La mostra è stata arricchita da un’opera sonora che i visitatori possono ascoltare, scaricando un QR code. Esponente del Situazionismo in Italia, Simonetti è tra i protagonisti del Movimento Fluxus. È compositore, regista, scrittore di numerosi testi di impegno teorico in campo artistico, politico, gastronomico, sociale. Ha pubblicato libri che “montano” insieme “documento storico”, “riflessione filosofica”, “invenzione narrativa”, “cultura materiale”, iconografia fumettistica, residui e frammenti. In questa produzione esposta dalla Pilat, lo spazio della tela si trasforma in un oggetto sospeso di dissacrazione simulacrale, in cui coesistono collage tridimensionali, frammenti di «s/partiti» musicali, sagome di corpi, uccelli in volo, smarginature materiche, tondi cromatici e molto altro.