La pratica multiforme eppure rigorosa di Monica Bonvicini, a tratti sarcastica, densa di riferimenti storici e socio-politici, la forza analitica che caratterizza il suo lavoro votato a mettere in discussione il significato del fare arte, l’ambiguità del linguaggio, i limiti e le possibilità legati all’ideale di libertà, sono tutte cifre di questa questa artista che, iniziando a esporre dai primi anni Novanta, si è progressivamente e incisivamente affermata nel panorama internazionale dell’arte contemporanea. L’artista, che ha dedicato una parte importante del suo lavoro al tema dei disastri naturali, presenta in questa occasione, in una vetrina, la recente opera dal titolo From East to West (Bellemont) (2020), disegno di una catastrofe naturale che porta con sé un senso di disfacimento, di ripiegamento della forma e della struttura di un’abitazione, a riprova della forza sempre più impattante che i cambiamenti climatici hanno in relazione a eventi così tragici. Lo spazio è poi inondato di luce con Bent in Shape (2017), una scultura dove l’artista utilizza la luce per la sua forte capacità di definire gli spazi, sebbene la luce sia di per sé immateriale. Altri importanti temi dalla sua ricerca come il linguaggio scritto, il genere, la sessualità ed il potere sono ancora sviluppati in opere come Satisfy Me (2017), Belts Ball (2015) e Come on Cowboy (2020).
Un’altra vetrina è dedicata alle variazioni di Ariel Schlesinger sulla distruzione e l’abbandono, esaminate con un occhio positivo e mutate in costruzioni e creazioni. La sua ricerca si concentra oggi sul come rendere positivi degli avvenimenti negativi, trasformando prodotti di uso quotidiano in oggetti rari e surreali. Grandi tappeti orientali e tele (qui, due opere Senza titolo, 2015 e 2016) sono arrotolati e bruciati sopra un fuoco per essere poi srotolati nella galleria come “pitture” misteriose ed ipnotiche. Le opere di Ariel suggeriscono diversi contesti e situazioni, ivi comprese le tensioni della sua terra natia, ma non vi si soffermano mai in modo esclusivo. Con la rottura di specchi delle tre sculture Nice to meet you (2019) Ariel mostra la sua abilità di vedere il potenziale creativo in oggetti ordinari ed una volontà senza precedenti di attingere al mondo della scultura senza mai perdere di vista lo straordinario effetto della sorpresa.
“Questo è un modo fantastico di attivare e rivendicare spazi liberi o il ‘vuoto’, anche se, naturalmente, la situazione ideale sarebbe quella di avere tutti i negozi locati, ma questa è una magnifica alternativa” spiega Nicole Saikalis Bay, project manager del progetto. “Si tratta di una tendenza che è iniziata a livello internazionale dopo la crisi economica del 2008 e che gradualmente si è estesa negli anni a diverse città – New York, Chicago, Seattle, San Francisco, Minneapolis, Londra, come pure a Milano con la recente mostra Viavài, che ha coinvolto quattro boutique nella medesima Via. Ora vi sono diverse iniziative in corso, come Rebound-NYC, una serie di mostre a cura di EcoArt Project in New York; in-festa, una mostra collettiva a cura di Co-Atto attualmente in corso in 18 vetrine del passante ferroviario di Porta Garibaldi a Milano, e l’installazione di opere di Marina Abramovic nelle vetrine di Via della Spiga 31 a cura della Galleria Lia Rumma.”
Art Takes Over mette in atto una relazione dialogica a tutto tondo, in cui tutti gli attori sono responsabilmente coinvolti in un pensiero costruttivo volto a diffondere un messaggio di dinamismo e speranza in questo difficile scenario pandemico che ha penalizzato oltremodo il mondo della cultura. E trasformando le vetrine in un punto di incontro e confronto tra persone, oggetti, linguaggi, culture, incentiva un modo nuovo di relazionarsi con l’arte: più diretto e accessibile. Fluido, nella misura in cui si genera dentro lo spazio liquido dell’incontro, che avviene per strada e in maniera quasi accidentale, tra l’opera e il fruitore dell’opera.